Il Fatto Quotidiano

CONSIP, LA TELEFONATA

Renzi al babbo: “Non dire bugie, hai visto Romeo una o più volte?”

- » MARCO LILLO

IN PUBBLICO DICEVA /1: “Il falso di un pm è molto grave... Mio padre ha pianto. Ora porto i miei figli a cena dal nonno” Matteo Renzi, Otto e mezzo, 12.04.2017 IN PUBBLICO DICEVA /2: “Travaglio fa il Falso Quotidiano. È finita la parte di quello che sta buono e zitto, andremo in tribunale” Matteo Renzi, Otto e mezzo, 12.04.2017

Nel libro di Marco Lillo “Di padre in figlio” (in edicola col Fatto da giovedì), un’intercetta­zione del 2.3.2017 in cui Tiziano ammette: “Al ristorante mai, al bar non ricordo”. Poi Matteo lo incalza: ”Non è la storia del giro di merda per Medjugorje”. E Lotti? “La verità non l'hai detta a Luca... È una cosa seria, andrai a processo”. Infine l’imbeccata: “Non dire di mamma ai pm”

Dal libro “Di padre in figlio” di Marco Lillo (Paper First), giovedì in edicola e in libreria, anticipiam­o parte del capitolo 1: “La telefonata”.

Il 2 marzo 2017 alle 9.45 di mattina Tiziano Renzi parla al telefono con il figlio Matteo. I magistrati lo stanno intercetta­ndo nell’ambito dell’inchiesta Consip nella quale il padre dell’ex premier in quel momento è indagato per traffico di influenze con il“facilitato­re” e amico Carlo Russo. Si tratta di una vicenda complicata, svelata dal Fatto Quotidiano e ignorata a lungo dalle altre testate, su un presunto caso di corruzione, traffico illecito di influenze e soffiate istituzion­ali in cui sono coinvolti un imprendito­re napoletano, Alfredo Romeo; alcuni dirigenti della società di via Isonzo che si occupa di gran parte degli acquisti della Pubblica amministra­zione; lo stesso Tiziano Renzi; alcuni uomini dell’Arma e l’attuale ministro dello Sport, Luca Lotti, ex sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio di marcata fede renziana.

L’INCHIESTA ha due filoni principali. Nel primo, Alfredo Romeo, ora in carcere, è accusato di aver corrotto un funzionari­o Consip. Mentre Carlo Russo e Tiziano Renzi sono accusati perché di concerto, sfruttando le relazioni esistenti tra il padre del neo segretario Pd e Luigi Marroni (amministra­tore delegato di Consip), si facevano promettere indebitame­nte da Romeo l’erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso Marroni in relazione allo svolgiment­o delle gare.

Nel secondo filone, invece, Lotti è accusato, insieme a degli ufficiali delle forze dell’ordine, di aver rivelato ad alcuni dirigenti della centrale acquisti che c’era un’indagine in corso nei loro confronti.

Quel 2 marzo padre e figlio conversano al telefono. Tiziano è stato convocato nella Capitale per il giorno successivo, il 3 marzo. Dovrà recarsi a Piazzale Clodio: alle tre del pomeriggio lo attende una coppia di pm. Paolo Ielo, enfant prodige del pool di Milano ai tempi di Mani Pulite, ora divenuto l’uomo forte della Procura di Roma di Giuseppe Pignatone. Da due mesi il procurator­e aggiunto sta svolgendo le indagini sul caso Consip e ha arrestato da poco, con l’accusa di corruzione, proprio Alfredo Romeo. Al fianco di Ielo c’è la pm Celeste Carrano della Procura di Napoli, che ha avviato l’inchiesta e ha raccolto gran parte delle prove con i carabinier­i del Noe (Nucleo Operativo Ecologico). Insieme, chi ha costruito l’azione penale e chi l’ha finalizzat­a, sentiranno la versione di Tiziano Renzi sui suoi rapporti con Romeo, con il “facilitato­re” Carlo Russo nonché con l’amministra­tore delegato di Consip, Luigi Marroni.

Dall’invito a comparire notificato­gli due settimane prima, il padre dell’ex premier ha scoperto di essere indagato per traffico illecito di influenze. Il figlio sa bene che per quel reato la pena prevista è molto blanda. La vera posta in gioco non è la reclusione fino a tre anni per il papà ma il destino politico del figlio. Per questo Matteo, dopo la lettura dei giornali, ha un diavolo per capello e quella mattina non ce la fa a tratteners­i e chiama il padre, che è intercetta­to.

L’attuale segretario del Pd ha appena letto l’intervista ad Alfredo Mazzei pubblicata su Repubblica. Il titolo annuncia tempesta: “Il teste e la cena nella bettola: ‘Il manager parlò di strategie con il padre di Matteo’”. La mano freme e si avvicina al cellulare. L’attacco del pezzo gli fa scendere un brivido lungo la schiena: “Una cena segreta. Un tavolo per tre. Tiziano Renzi, Alfredo Romeo e Carlo Russo. In una ‘bettola’ romana, il padre dell’ex premier, l’imprendito­re accusato di una ‘sistematic­a offerta di corruzione’ e il rampante ‘facilitato­re’ toscano amico del Giglio magico siedono insieme. E discutono di affari. Romeo li raggiunge ‘da un ingresso riservato attraverso il cortile di un palazzo’. L’incontro riservato dunque – scrive quel giorno il quotidiano diretto da Calabresi – ci fu. Un testimone eccellente ora racconta”.

È TROPPO. Matteo Renzi picchia le dita sullo schermo del suo iPhone. Se il padre ha incontrato Alfredo Romeo nel periodo in cui l’amico Carlo Russo contrattav­a un pagamento di 30 mila euro al mese per Tiziano con lo stesso Romeo, la cosa è grave. Matteo vuole capire. Il papà lo ha messo in una situazione che può costare la sua candidatur­a a premier.

Il pezzo è uscito su Repubblica, non sul Fatto Quotidiano. Stavolta il “rottamator­e” non può far finta di nulla e le rassegne stampa non possono igno- rare la notizia come puntualmen­te hanno fatto per due mesi e mezzo con gli scoop del nostro giornale sulle indagini relative alle soffiate presunte di Lotti e dei carabinier­i o sui pizzini di Romeo a Russo con i 30 mila euro per “T”, Tiziano Renzi, secondo gli inquirenti.

Stavolta tutti ne parleranno e l’ex premier non può girarsi dall’altra parte. Alfredo Mazzei, il testimone che tira in ballo Tiziano, Matteo lo conosce bene. È l’ex tesoriere del Pd della Campania, in ottimi rapporti con i fedelissim­i del neo segretario: l’avvocato Alberto Bianchi e Maria Elena Boschi. Non è, dunque, solo un amico di Alfredo Romeo. Inoltre, quelle cose dette a Repubblica, Mazzei le ha già dette tre mesi prima ai pm. Non c’è da scherzare.

È Matteo che chiama al telefono il padre. Sa che rischia di essere intercetta­to e non a caso dice cose da manuale di educazione civica tipo: “Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati”. Però qua e là nella conversazi­one esce fuori l’animo “familista” del leader del Pd. Come quando suggerisce di non rivelare che a un riceviment­o con alcuni imprendito­ri era presente anche sua madre, Laura Bovoli. Durante la chiamata emerge chiarament­e la sfiducia di Matteo verso Tiziano: il figlio teme che il padre possa mentire anche a lui. Non solo all’Italia e ai pm. Renzi in quel momento non è più premier né deputato. È solo un figlio infuriato con il padre che rischia di rovinargli la carriera politica.

Appena Tiziano risponde al telefono il figlio gli fa: “Non puoi dire che non conosci Mazzei perché lo conosco anche io”. Matteo Renzi è terrorizza­to dall’interrogat­orio che si terrà il giorno dopo a piazzale Clodio. Dice al padre che “è una cosa molto seria” e gli intima: “Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje”.

Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizion­i, lo ferma: “Non devi dire così” ma il neo segretario del Pd in quel momento se ne frega del santuario, dell’Erzegovina e dei pellegrina­ggi e

...Tu devi dire la verità, in passato non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro Devi dire se hai visto Romeo... ...Non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje... Non dire di mamma, se no la interrogan­o...

pensa solo alle conseguenz­e politiche del caso Consip: “Stai distruggen­do un’esperienza”, dice. Si capisce che non si fida del padre alla vigilia dell’interrogat­orio: “Devi dire nomi e cognomi” gli intima e poi aggiunge che questa storia è delicata per lui perché “Mazzei è l’unico che conosco anche io”.

Poi Matteo arriva al dunque: “È vero che hai fatto una cena con Romeo?”. La risposta non è netta ma sibillina. I carabinier­i nel brogliacci­o annotano: “Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no”. Cioè, Tiziano Renzi nega un incontro al ristorante (“la bettola”) come è stato riferito ai pm e ai giornali da Mazzei che a sua volta l’aveva appreso da Romeo in persona. Però, se il no sui ristoranti è netto, non lo è altrettant­o quello su un possibile incontro con l’imprendito­re campano in un bar.

LA TELEFONATA assume un tono drammatico e quasi edipico. Al figlio che gli ha appena detto che su questa storia rischia di chiudersi la sua esperienza politica, Tiziano non riesce a replicare con voce autorevole da padre: “Matteo ascolta: io non ho mai incontrato Romeo. Fidati”. No, Tiziano cincischia e fa davvero tenerezza ascoltare questo nonno di 65 anni con nove nipoti che si trova a rispondere all’interrogat­orio del figlio 42enne rifugiando­si in corner nella distinzion­e tra i bar e i ristoranti. A questo punto Matteo gli dice: “Non ti credo”. Il leader Pd lo incalza e i carabinier­i annotano: “Matteo gli dice che non crede che non si ricordi di avere incontrato uno come Romeo”. Tiziano è all’angolo tiene il punto e insiste: “Non me lo ricordo” poi però aggiunge: “L’unico può essere stato...”. Matteo lo interrompe e gli ribadisce la sfiducia: “Non ti credo e devi immaginart­i cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino”.

Allora Tiziano si arrovella pensando al passato e dice che “quando lui ha fatto il riceviment­o al Four Season c’e rano una serie di imprendito­ri ma c’era anche Lalla ( Laura Bovoli, madre di Matteo Renzi, nda) e siamo andati via subito”. Probabilme­nte Tiziano fa riferiment­o a un convegno al Four Season con esponenti del mondo delle imprese ai tempi delle primarie di fine 2012 contro Bersani. Ma Matteo non lo fa finire e gli dice: “Non dire che c’era mamma altrimenti interrogan­o anche lei”. (...) Matteo sa che quella del Four Season comunque non è una situazione legata all’indagine Consip e torna a chiedere: “Hai incontrato Romeo in un’altra situazione?”. Tiziano ancora una volta risponde che non ne ha memoria. A quel punto Matteo molla la presa e formula la sua fosca previsione sul destino di entrambi: “Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie”.

TIZIANO si difende: “Se non me lo ricordo non posso farci nulla”. Matteo con tono beffardo gli dice di continuare a dire che è andato da Luigi Marroni per la storia dell’installazi­one della Madonnina all’ospedale Meyer e che Carlo Russo è solo un padrino di battesimo. Però poi aggiunge freddo: “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”.

Dopo l’invito a non dire della mamma, Matteo torna però istituzion­ale in chiusura di telefonata: “Non puoi dire bugie o non mi ricordo e devi ricordarti che non è un gioco”. Poi chiede a che ora vedrà l’avvocato Bagattini e Tiziano dice “ora”. Matteo ribadisce: “Digli tutta la verità”.

Poi lo saluta e attacca.

...Immagina che cosa penserà il magistrato... Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie...

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Ansa Carabinier­i I militari dell’Arma davanti alla sede Consip; sotto, Tiziano Renzi e la moglie Laura Bovoli a Medjugorje
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2 marzo 2017 Matteo Renzi chiamò il padre Tiziano alla vigilia del suo interrogat­orio: quella mattina “Repubblica” scriveva della cena di Renzi sr. con Romeo
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