Il Fatto Quotidiano

Il gelo tra Boschi e Unicredit dopo il rifiuto di salvare Etruria

L’ex ministra bloccò una norma pro-banca, ora arrivata

- » MARCO PALOMBI » ROBERTO ROTUNNO

Ci sono silenzi che parlano. E mezze parole che valgono come un discorso. Il dibattito sul ruolo avuto da Maria Elena Boschi nella vicenda di Pop Etruria è già chiuso e invece sui media pare ancora aperto: uno sostiene una cosa, uno il suo contrario e ci si mette d’accordo sul non essere d’accordo. Eppure l’ex ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, ha in sostanza confermato negli ultimi due giorni il racconto contenuto nel libro di Ferruccio de Bortoli Poteri forti (o quasi): l’ex ministra delle Riforme, figlia dell’allora vicepresid­ente dell’istituto aretino, chiese al manager di salvare Etruria.

Non glielo impose, né fece pressioni, ma la richiesta – avanzata a tu per tu nell’ufficio di Ghizzoni – arrivata da un ministro senza titoli in materia e in palese conflitto di interessi non lasciò tranquilli i vertici dell’istituto di piazza Gae Aulenti. E infatti – raccontano fonti della banca – il comportame­nto successivo del governo ha lasciato pensare al management­che la decisione di non intervenir­e su Etruria abbia lasciato strascichi a Palazzo Chigi.

PARTIAMO dalle parole di Ghizzoni, cioè dalla sostanzial­e conferma al racconto di De Bortoli che il manager ha affidato prima al Corriere della Sera e poi a Repubblica: “È normale che i politici parlino coi banchieri e i banchieri coi politici, lo ha detto anche Maria Elena Boschi. Specialmen­te quando ci sono situazioni di crisi”. Ammissione evidente, specialmen­te se legata a quest’altra frase: “Adesso non parlo perché non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabi­lità della tenuta di un governo. È un caso della politica: sarebbe dovere della politica risolverlo”. Se Boschi non gli avesse mai parlato di Etruria, perché Ghizzoni dovrebbe essere preoccupat­o di far cadere l’esecutivo? Al massimo farebbe cadere l’ex direttore del Corriere.

“Se mi convochera­nno sono disposto a rispondere a tutte le domande della commission­e d’inchiesta parlamenta­re: ho letto che partirà presto, mi auguro sia vero. Risponderò in Parlamento, non sui giornali”. E intanto che fa l’ex amministra­tore delegato di Unicredit? “Studia agende e carte passate con il legale di fiducia”, ci informa Repubblica. Le agende servono a ricostruir­e data e tipologia dell’incontro, evidenteme­nte non avvenuto per caso; le carte a raccontare l’indagine sui conti di Etruria che Ghizzoni all’epoca chiese Al

ricatto cui siamo sottoposti rispondere­mo con lo sciopero a oltranza e con un ricorso al giudice per comportame­nto antisindac­ale”. La battaglia dei giornalist­i dell’Unità contro la proprietà della testata, la Pessina Costruzion­i, sta per trasferirs­i in tribunale. Un’iniziativa che sarà accompagna­ta, a partire da oggi, dall’astensione dal lavoro. Il dito dei cronisti è puntato anche verso il Partito democratic­o, in quanto partner di minoranza della società editrice e colpevole di avere quantomeno voltato lo sguardo dall’alt ra parte quando i cronisti del proprio house organ hanno denunciato un abuso subito.

L’EPISODIO è stato segnalato il 3 maggio dal comitato di redazione. “Abbiamo chiesto all’ad Guido Stefanelli quando saranno pagati i nostri stipendi di a- marzo 2014: Maria Elena Boschi partecipa a un incontro a casa del papà coi vertici di Veneto Banca

2014: chiede a Unicredit di salvare Etruria 2015-2016: blocca le richieste di Unicredit sulle Dta a Marina Natale, responsabi­le strategia di Unicredit, che si concluse con un non possumus all’inizio del 2015.

DA ALLORA, raccontano a piazza Gae Aulenti, col governo fu grande freddo: la prova più rilevante è la vicenda delle cosiddette Dta ( deferred tax asset), in sostanza svalutazio­ni e perdite delle banche che si trasforman­o automatica­mente in credito d’imposta.

Unicredit, che è l’istituto che in Italia ne ha accumulate di più, dal 2015 (e, in particolar­e, dallo scellerato “salvataggi­o” di Banca Marche, Popolare Etruria, Carife e Carichieti a novembre) chiede una norma che le consenta di estenderne l’uso: gli sherpa dell’istituto – e i loro non pochi amici nel governo e in Parlamento – hanno tentato di infilarla in tutti i decreti bancari e pure nelle manovre finanziari­e, ma c’era sempre una mano a fermare tutto. Quella di Maria Elena Boschi: colpa, ritengono nella banca milanese, del rifiuto opposto al salvataggi­o di Etruria. Sta di fatto che dopo un anno e mezzo - e solo con un altro management e un nuovo governo - Unicredit ha incassato almeno in parte quel che chiedeva grazie proprio a un emendament­o dell’esecutivo al “decreto salva-risparmio”, cioè quello che stanzia 20 miliardi per gli aumenti di capitale di Mps e soci.

In sostanza, Unicredit non ha avuto la deregulati­on all’uso delle Dta che era il suo sogno più nascosto, ma una norma che comunque ha chiesto con insistenza: lo slittament­o di un anno del sistema con cui viene aggirato il divieto di “aiuti di Stato” europeo riguardo alle imposte differite e la possibi- lità di calcolare il canone versato a luglio per il 2015 come acconto fiscale per il 2016. Poco prima di Natale, Palazzo Chigi fece saltare di nuovo questa norma dal testo definitivo: è stato necessario intervenir­e in Parlamento per metterci una pezza.

ANCHE SU QUESTO, comunque, potranno chiedere notizie a Federico Ghizzoni i membri del Parlamento. L’ex manager Unicredit, infatti, sarà con ogni probabilit­à audito: non nella commission­e d’inchiesta sulle banche, però. A parte i compiti vastissimi (gli ultimi vent’anni del sistema del credito), la legge che la istituisce andrà in Aula alla Camera solo a fine mese e gli adempiment­i formali per farla partire ne occuperann­o almeno un altro. Tutto fermo almeno fino a luglio.

C’è un modo, però, per accontenta­re il banchiere e farlo parlare in Parlamento: chiamarlo in una delle due commission­i Finanze, come hanno giustament­e proposto i senatori di Idea Quagliarie­llo e Augello. Anche il M5S è pronto a chiedere l’audizione: a quel punto, l’affaire Boschi potrebbe essere chiuso definitiva­mente entro l’estate.

I punti Fisco amico

A febbraio l’istituto incassa la norma sui crediti d’imposta chiesta per mesi

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