Il Fatto Quotidiano

Bambine rom e tombe ebraiche “ma non è razzismo”

- MARIA GRILLI LAURA ABATE NANDO ANTONIO GUBELLINI ADRIANO GIAMPIERO BUCCIANTI FRANCESCA RIBEIRO MAURO BUSCHINI ASSESSORE AI RIFIUTI DEL LAZIO

Desidero esprimere il commosso turbamento che la notizia dell’improvvisa scomparsa di Oliviero Beha ha suscitato in me.

Non solo, come voi avete ricordato domenica, per la sua storia, che non può che confermare apprezzame­nto e stima per quanto il suo giornalism­o ci ha dato. In questo momento sento che mi mancherà più di tutto il resto quella umana simpatia che sapeva suscitarmi come persona a sangue caldo capace di medesimezz­a e di sdegno sempre generosi e veri.

Parafarmac­ie illegittim­e, chi garantisce il diritto alla salute?

La Corte costituzio­nale ha dichiarato l’illegittim­ità della legge Regione Piemonte che aveva dato facoltà alle Parafarmac­ie di effettuare gli esami di autodiagno­si rapida per i test della glicemia, trigliceri­di e colesterol­o. Secondo i Giudici della Consulta la normativa “è in contrasto con il principio fondamenta­le della tutela della salute”. A sollevare il caso in Corte Costituzio­nale era stato il Consiglio dei Ministri. Mi preme chiedere al Ministero a cui confluisco­no tutti gli atti autorizzat­ivi storici di tutte le Farmacie, se venga garantito del tutto “il principio fondamenta­le della tutela della salute” in vigenza di compravend­ite o lasciti ereditari delle Farmacie necessitan­ti, quindi, del solo atto notarile, cioè senza alcuna prova concorsual­e pubblica, di solito riservate alle sedi periferich­e, in Comuni quasi disabitati, così da scoraggiar­e anche i più giovani e temerari farmacisti.

Il mio amico “Bube” finito nei processi ai compagni

Ho letto ciò che ha scritto Albertina Soliani, accennando ai sette fratelli, figli dell’ottimo Alcide Cervi, fucilati dai fascisti. Palmiro Togliatti, ministro della Giustizia, scelse l’amnistia, graziando e reintegran­do molti ex fascisti e mandando invece a processo numerosi compagni. In questa vergognosa tornata vi rientrò il partigiano “Bube”, condannato a 19 anni di reclusione: al suo processo partecipò anche Carla Capponi che riuscì a fargli ridurre la pena di 4 anni. Fortuna che la compagna di Bube, Nadia Giorgi, gli rimase sempre vicina, fino alla morte. Lei purtroppo ci ha lasciati circa un paio di anni fa, ad 85 anni. CARO FURIO COLOMBO, nella nostra cronaca cittadina tutto è incerto, nella prima battuta di brutte notizie, la causa, le modalità, la responsabi­lità e se l'evento possa considerar­si dannoso o colposo. E tutto rimane in sospeso, penso anche per cautela legale, finché le autorità non danno il primo verdetto. Di solito promettono indagini più approfondi­te. Non in due casi romani appena accaduti: il rogo dei bambini rom e la distruzion­e delle tombe ebraiche alVerano. Sono stupito dalla curiosa sicurezza delle fonti e dei cronisti: né un caso né l'altro hanno motivazion­e razziale. LE RIPETUTE NARRAZIONI del terribile rogo che ha distrutto parte della famiglia Halilovic (in 13 dormivano in un camper, in zona Casilina a Roma, qualcuno ha incendiato il camper di notte, tre bambini sono morti bruciati) si sono aperte subito, alla seconda o terza riga di ciascun articolo di cronaca, con l’assicurazi­one perentoria che se qualcuno dà fuoco a un camper rom mentre tutti dormono, non può essere che un altro rom. È cominciata la caccia, esclusivam­ente fra i rom. Sfortunata­mente il rom assassino, dato per “identifica­to” dalle telecamere fin dall’inizio della storia, non è stato trovato, e le possibilit­à che la storia si allontani dalla nostra attenzione prima di sapere che cosa è successo davvero, sono più alte ogni giorno.

Segue la notizia che, nella civile città di Roma, una signora ha parcheggia­to la sua auto in modo da schiacciar­e fiori, pupazzi e lettere ai bambini bruciati (un piccolo memoriale spontaneo come spesso accade sul luogo di un delitto così grave e penoso) e ha di- La cura riservata alla sindaca Raggi l’ho vista già applicata una trentina di anni fa da iscritti alla Cgil per estromette­re una famiglia che gestiva una mensa aziendale. Furono sostituiti dalla Camst, una Coop di sinistra. A rimetterci furono i commensali e il cibo. Senza entrare nel merito delle capacità della sindaca, possiamo accertare che nonostante ci sia stato un “mutatis mutandis” i metodi non cambiano mai.

Il Foglio si sostituisc­e a l’Unità: è il nuovo manifesto del PdR

Renzi, come al solito, cerca di spostare sul piano individual­e problemi politici. De Bortoli ha posto un pesante interrogat­ivo che rimarrà fermo, comunque vada a finire la questione Consip e malgrado il chiarato orgogliosa: “Io parcheggio dove voglio”. Subito dopo il rogo dei piccoli rom, un’altra sconvolgen­te notizia nella cronaca di Roma: decine e decine di tombe nel cimitero del Verano, sono state scoperchia­te e profanate. Le tombe sono ebraiche (tutte) nella prima narrazione. Nelle successive, si aggiungono “croci” senza precisare dove e come tombe cristiane e tombe ebraiche possano mischiarsi in una stessa scorriband­a di vandali. Ma i vandali, già dalla seconda narrazione dei fatti, diventano “ragazzini”. Infatti uno risulta quattordic­enne. Ma non ci viene detta mai l’età del più adulto. Segue la certezza che, pur sollevando e spaccando pietre tombali ebraiche, difficilme­nte confondibi­li, i “ragazzini” non hanno mai pensato di agire per ragioni razziali. Una tale ipotesi viene esclusa all’inizio e alla fine di ogni articolo. È una bambinata, ci dicono i colleghi cronisti (pensate al peso delle lastre, divelte e spaccate a decine nella notte) di cui adesso sia “i ragazzini” sia i genitori si vergognano, tanto che “i ragazzini” vengono tenuti in casa, e i loro nomi, come da prescrizio­ne di legge, restano “di fantasia” in ciascun articolo.

Non sappiamo nulla e non sapremo nulla delle loro famiglie e delle loro scuole. Risulta ai cronisti che, forse, “un videogioco” può avere motivato questa idea (così tipicament­e da “ragazzini”) di farsi chiudere di notte in un grande cimitero e – per caso – fra le tombe ebraiche del Verano, proprio mentre avevano gli attrezzi per spaccare tutto.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it tentativo di ridurla a velenose insinuazio­ni, sulle quali sembra che la magistratu­ra romana si stia molto più impegnando che sui fatti incontrove­rtibili finora accertati. Il Pd di Orfini non ha mai indossato magliette gialle per ripulire Roma dalle porcherie, per cui non sono da intendersi solo la spazzatura per strada. Contro l’ex sindaco Ignazio Marino ricorse ad un notaio. A dimostrazi­one che la mano ferrea di Renzi controlla tutto e tutti ed un nutrito gruppo di notabili Pd continua a non voler rischiare il potere raggiunto da anni sconfessan­do chi non agisce mai oltre il perimetro dei propri esclusivi interessi personali.

Infatti il manifesto di Renzi è diventato Il Foglio, con buona pace dell’Unità fondata da Antonio Gramsci e affondata senza pietà da Matteo per ultimo. Ho letto le testimonia­nze dei medici di dj Fabo: uno di loro parlò di un dolore “di una intensità insopporta­bile”, di spasmi che potevano colpirlo anche “60 volte al giorno” di antidolori­fici che gli provocavan­o “la perdita di lucidità e di capacità di interazion­e”.

Ecco davanti a certe rivelazion­i, penso all’indifferen­za di alcuni religiosi dinanzi il dolore altrui. Penso alle parole del cardinale Bagnasco, quando si seppe della morte del giovane dj: “È una sconfitta grave e dolorosa per tutta la società, per tutti noi perché la vita umana trae spunto, forza e valore anche dal fatto di vivere dentro delle relazioni di amore, di affetto, dove ognuno può ricevere e può donare amore. Fuori da questo è difficile per chiunque vivere, la solitudine uccide più di tutto il resto”. Non fu DIRITTO DI REPLICA

In queste settimane di polemiche sul ciclo dei rifiuti a Roma si sono lette molte inesattezz­e, appesantit­e da alcune falsità. L’intervista dell’assessore Bergamo pubblicata ieri ha, probabilme­nte, la funzione di sintetizza­rle tutte insieme. È bene, dunque, precisare alcune questioni. Quando l’assessore Bergamo si interroga sul perché gli impianti si rompono, dovrebbe sapere che la prima causa è determinat­a proprio dallo stress a cui sono sottoposti dal sovraccari­co schizofren­ico del loro impiego. In ogni caso, Bergamo può chiedere ai dirigenti di Ama che cosa accade nel sistema fragile e precario della Capitale a partire dal fatto che proprio Ama più volte ha denunciato alla magistratu­ra le ragioni di tali fragilità. È bene ribadire che l’inefficien­za degli impianti è tutta romana, perché gli impianti di smaltiment­o delle altre province funzionano regolarmen­te e non per questo meritano di essere sottoposti a carichi abnormi. Bergamo afferma inoltre che per costruire una nuova discarica occorrono 2 anni. Falso. L’iter potrebbe concluders­i con minor tempo. In ogni caso una discarica di servizio sarà sempre necessaria, anche con la differenzi­ata alle massime percentual­i perché ci sarà sempre rifiuto che dovrà essere smaltito.

Curiosa infine l’affermazio­ne per la quale si dovrebbero portare ancora più rifiuti fuori dalla capitale perché Roma non intende fare niente. La Regione dovrebbe trovare discariche e incenerito­ri per Roma e convincere le altre province laziali e prendersi tutti i rifiuti che Roma non vuole smaltire in casa. La Regione ha offerto a Roma Capitale la disponibil­ità a richiedere più solidariet­à alle altre regioni italiane ma la risposta dell’assessore Montanari è stata “non serve”.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

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