È colpa dei giornali se Renzi e Visco si fanno la guerra?
Quando il gioco si fa duro i duri si coalizzano contro i giornalisti. Matteo Renzi, uno che la tocca piano, attribuisce a sospetti disturbi mentali le rivelazioni di Ferruccio de Bortoli sull’attivismo di Maria Elena Boschi in favore di Banca Etruria. L’ex numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni, destinatario delle preghiere della ministra di Laterina, non conferma l’evidenza perché “in Parlamento, non sui giornali, risponderò alle domande che mi faranno”. Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, rincara: “È giusto che non siano inchieste giornalistiche o gossip a stabilire la verità”. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco non fa prigionieri: “L’unica cosa che posso dire è che tutto ciò che leggo sui giornali e che riguarda la Banca d’Italia o è falso o è privo di fondamento e questo è un peccato per la stampa italiana”.
Visco è ingeneroso: poteva salvare almeno le veline dettate dai suoi esperti comunicatori. Ma si sa, lorsignori amano parlare dei giornali come del bordello da cui le persone dabbene si tengono alla larga. Poi lo frequentano ogni sera per propalare gossip sui loro avversari e se li becchi sulla porta invocano, come fa Ghizzoni, la doverosa riservatezza del banchiere. Quella, tanto per dire, che gli ha consentito di ripetere per mesi che Unicredit andava da Dio mentre Bankitalia e Consob fischiettavano. Solo quando l’ottimista è stato messo alla porta – e il successore Jean Pierre Mustier ha ufficializzato l’aumento di capitale da 13 miliardi su cui i giornali “spettegolavano” da mesi – gli azionisti della prima banca italiana hanno potuto confrontare l’utilità sociale della libertà di stampa con quella del segreto d’ufficio al riparo del quale i banchieri trafficano. Chissà quanto godono gli azionisti spennati di Etruria, Veneto Banca e Popolare di Vicenza nell’apprendere, a banche morte, che Bankitalia da anni sapeva tutto e tutto segnalava, ma in segreto, alla magistratura.
Sullo sfondo dell’ennesima commedia all’italiana c’è il gioco che si fa duro. A novembre scade il mandato di Visco. Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni, ai quali spetta la scelta, sono orientati verso la continuità. Il fatto che sotto la regia di questo governatore il sistema bancario italiano si sia sfasciato pesa meno della mancanza di alternative. Due giorni fa, Lorenzo Bini Smaghi – che nel 2011 dovette lasciare al nuovo presidente Mario Draghi il posto “italiano” nel consiglio della Bce senza ottenere il posto di governatore che gli era stato promesso – è stato azzoppato dal voto che lo ha estromesso dalla presidenza della piccola popolare Chianti Banca, al culmine di una vicenda ambigua nella quale il ruolo di Bankitalia non è marginale.
Renzi da parte sua vuole rottamare Visco. Per il Giglio Magico al vertice della Banca d’Italia ci sono “le stesse persone che suggerivano a Banca Etruria un’operazione di aggregazione con la banca di Zonin” (Boschi figlia, con ragione, dixit). Lo statista di Rignano ha ufficializzato la sua guerra a Visco spiegando al Foglioche “arriverà un giorno in cui si chiariranno le responsabilità a vari livelli e se c’è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire”. E cita a supporto delle sue tesi l’economista Marco Fortis, il suo candidato per Palazzo Koch. Ma chissà, forse anche questa notizia è stata partorita dalla fantasia di un giornalista psicopatico.