Inventori dalla memoria CORTA
LE SCOPERTE ITALIANE DIMENTICATE
Fu Bartolomeo Cristofori, clavicembalista, a immaginare ‘un arpicimbalo che fa il piano e il forte’
Sindrome di Eustachio: tutti ricordano le due trombe, nessuno conosce la sua vera storia
Pianoforte, staminali, Marte: Made in Italy senza saperlo Pubblichiamo un intervento di Massimo Sideri, autore del libro “La sindrome di Eustachio”.
Quando è nata la prima grande fake news? Se pensate a Trump e Facebook siete fuori strada, di molto. È “il vuoto non esiste”, copyright di Aristotele: non so se sia la prima fake news. Di sicuro è stata la più longeva (è durata 1.900 anni), la più grave e la più dura da smontare visto che l’Ip se dixitera una categoria morale prima che filosofica. Il vuoto – come sappiamo oggi – esiste. E, anzi, senza di esso molte tecnologie moderne non funzionerebbero: pensate all’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra. O ai vecchi ma cari tubi catodici (ebbene sì, senza il vuoto non avremmo avuto il Bruno Vespa nazionale). Alle lampadine. Ai quantum computer.
IL PUNTO È che a svelare la più grande fake newsdella storia è stato un italiano, nel 1644, ma noi non lo ricordiamo: non sono pochi i libri, anche italiani, dove si legge che fu Blaise Pascal a dimostrare l’esistenza del vuoto. Peccato che venti anni prima lo avesse già fatto Evangelista Torricelli, allievo di Galileo Galilei. Anche quella di Pascal è, in definitiva, una fake news... Torricelli non è solo: gli occhiali, il pianoforte, la matita di grafite, il primo brevetto, il copyright, il libro tascabile, il cinema pulp, fino ad arrivare alle cellule staminali e all’aliscafo. Tutte scoperte o invenzioni italiane. Tutte per lo più dimenticate. Tutti sanno che la polvere da sparo e gli spaghetti sono cinesi. Come mai fatichiamo a ricordare che fu Bartolomeo Cristofori, clavicembalista di corte anche dei Medici, a inventare “un arpicembalo che fa il piano e il forte”? Il pianoforte ! Al museo degli strumenti musicali di Roma ne abbiamo ancora un prototipo originale su cui lavorò lo stesso Cristofori. Anche qui c’è la fake news: quella che vorrebbe il pianoforte come un’invenzione tedesca di Johann Gottfied Silbermann (che aggiunse solo i pedali... importanti, per carità). Perché non sappiamo che la corsa al Pianeta Rosso, Marte, che oggi alimenta le fantasie pionieristiche di Elon Musk, è nata all’osservatorio di Brera, a Milano, con Schiaparelli? Furono i suoi libercoli “La vita su Marte” tradotti anche in inglese ad aprire il dibattito tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, sui canali di presunta fattura aliena. Anche nel film The Martian con Matt Damon il protagonista, per salvarsi, deve raggiungere il cratere Schiaparelli. Che esiste.
LA LISTA continua, imperterrita, piena di scoperte, ma anche di amarezza. Il copyright non è nato con il copyright act di Londra del 1710. Già nel 1.400 a Venezia c’era il privilegio di stampa. Certo, non era un termine in inglese, come oggi amiamo parlare per sentirci tutti grandi viaggiatori. Il brevetto non è quello inglese del 1623, perché sempre la Repubblica veneziana aveva già adottato la protezione intellettuale nel 1474 con una legge ( peraltro il primo brevetto della storia fu del Brunelleschi, che a Firenze, nel 1421, chiese di proteggere una sua chiatta per il trasporto del marmo). Inutile ricordare Antonio Meucci, padre del telefono, diventato famoso co- me grande dimenticato. Il pantheon dei geni traditi italiani è impressionante. A chi è andata bene hanno dedicato qualche targa di provincia, una scuola, qualche via. Siamo un popolo di grandi innovatori, ma come diceva Indro Montanelli, siamo anche un popolo senza antenati né posteri. Perché senza memoria.
Questa sordità virulenta con cui nasciamo noi italiani l’ho battezzata Sindrome di Eustachio. Forse perché fu il grande anatomista proprio uno dei primi a subirne le conseguenze: tutti ricordano le due trombe, nessuno conosce la sua storia. Sembra esserci un legame forte tra la nostra mancanza di orgoglio nazionale, la nostra cronica imbattibile volontà di parlare male del nostro Paese e questa “dimenticanza” della memoria storica. Non nuova dunque. Nel 1778, poco prima di morire Voltaire scrisse a Spallanzani: “Non ho che pochi giorni da vivere, Signore, li passerei a leggerla, a stimarla e guardarla come il primo naturalista d'Europa”.
Da quel momento tutti si sarebbero dimenticati dello scienziato (non solo delle sue salamandre di cui scoprì la rigenerazione delle code in un’epoca – siamo un secolo prima dell’evoluzionismo di Darwin – in cui ancora si cre- deva alla generazione spontanea della vita dalla polvere!). Siamo dei grandi innovatori.
SENTIRLO OGGI, in un’epoca dominata dalla narrativa della Silicon Valley e da un certo gusto nazionale per l’oscurantismo scientifico, può sembrare uno scatto di orgoglio fuori tempo massimo. E invece... Ecco a ricordarcelo Mario Tchou, genio italo- cinese dell’Olivetti morto in un incidente mai chiarito sull’autostrada Milano Torino. Secondo lo stesso Carlo De Benedetti in Olivetti era diffusa la convinzione che nell’ incidente fosse co involtala Ci a. Nel 2017 dovremmo festeggiare i 25 anni del primo esperimento sulle cellule staminali ematopoietiche( cioè del sangue) su cui l’America sta costruendo l'industria miliardaria del biotech. Chi fu a farlo? Claudio Bordignon, genetista del San Raffaele e fondatore di Molmed (Fonte: Nature, 1992). Certo, ci abbiamo messo del nostro: Meucci perse su Bell perché non aveva brevettato la sua invenzione, per mancanza di soldi. Galileo Ferraris subì una sorte simile: anche lui lavorò, come Nikola Tesla, al motore elettrico a corrente alternata. Solo che Tesla brevettava tutto. Ferraris no. Due indizi, forse una prova.