L’economista di casa: ascesa di Marco Fortis sognando Bankitalia
SNato a Verbania nel 1956, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Cattolica di Milano, è esperto di economia industriale e nuove tecnologie. È docente di Economia Industriale e Commercio Estero alla facoltà di Scienze Politiche della Cattolica e direttore della Fondazione Edison. È Consigliere di amministrazione della Rai da agosto 2015 indicato dal ministero del Tesoro. Scrive sul “Foglio” e sul “Messaggero” apete dove Matteo Renzi prende tutti quei dati così abilmente selezionati che ama tanto citare nelle trasmissioni televisive? Dai report riservati che Marco Fortis, 61 anni, da Verbania, suo consulente a titolo gratuito, manda ogni mese via email all’ex premier e a un ristretto gruppo di vertice. Fortis è un virtuoso dei numeri, uno che – col massimo rigore – riesce a dimostrare che se si toglie l’effetto della spesa pubblica, l’economia italiana cresce più di quella tedesca, che l’aumento degli occupati tra gli over 50 mentre sparivano posti per i giovani non è un fallimento del Jobs Act, ma un disastro demografico che le scelte renziane hanno arginato.
Qualcuno deve aver convinto Renzi che ogni storytelling, anche il più ardito, deve essere condito di numeri. E per i numeri c’è Fortis. Sabato l’ex premier ha ricordato al Foglio , giornale ufficiale del renzismo, che “come spiega sempre il professor Fortis, vostro collaboratore, Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016”. Inutile andare a verificare, Fortis è uno preciso, ma il parametro e l’arco temporale sono scelti con cura (sarebbe altrettanto corretto dire che Etruria rappresenta il 25,1 per cento della parte di sistema bancario mandato in “risoluzione” nel 2015, ma fa tutto un altro effetto).
SEMBRA che Matteo Renzi voglia mettere Fortis alla Banca d’Italia, come governatore al posto del poco amato Ignazio Visco, quando a novembre scade il mandato. Lo ha scritto Repubblica, quotidiano non ostile (almeno fino a qualche settimana fa) all’ex premier. Secondo Lettera43 Renzi a Fortis “glielo ha pure detto, mandando in tilt il suo già spinto turbo-ego”. Banchieri e uomini di finanza si interrogano: possibile? Fortis non ha il profilo tipico, ha iniziato la carriera da responsabile delle relazioni esterne della Montedison, non in Via Nazionale o al ministero del Tesoro. Non è neppure un accademico tradizionale: insegna alla Cattolica di Milano, certo, ma la sua posizione principale è di direttore della Fondazione Edison, da dove studia imprese e distretti industriali, non macroeconomia e regolazione fi-
Chi è
nanziaria. Ma Renzi è lo stesso che da premier ha messo un ex assessore regionale alla Sanità come Luigi Marroni a guidare gli appalti di Stato alla Consip (e mal gliene incolse, vista l’inchiesta), quindi tutto può accadere. Anche se nella nomina il Quirinale – primo e unico difensore di Ignazio Visco in questi mesi – ha un ruolo centrale.
FORTIS OGGI È RENZIANO, frequenta la Leopolda, è intervenuto alla convention del Lingotto a marzo, siede nel consiglio di amministrazione della Rai indicato dal ministero del Tesoro. Ma negli anni ha avuto le etichette di prodiano, tremontiano e ora di renziano. I critici lo definiscono un economista di corte, uno dei collaboratori di Renzi preferisce l’espressione “economista di casa”. Perché chiunque sia al governo, prima o poi, ricorre a Fortis, l’uomo ovunque. Da premier, nel 2012, Mario Monti si basò sul dossier della “commissione Fortis” per bloccare le Olimpiadi a Roma nel 2020, anche se il dossier in realtà era così favorevole che lo stesso Fortis sarà tra i più citati economisti a sostegno della candidatura per il 2024. La spiegazione banale del successo di Fortis è che ai potenti piacciono gli ottimisti assai più dei gufi. E Fortis ottimista lo è di natura, o forse di contratto. La rassegna stampa è impietosa. Il 20 gennaio 2009, per esempio, dichiarava al Giornale dell’allora premier Silvio Berlusconi: “L’industria non è in declino, l’Italia è pronta per la ripresa”. Il 2009 si rivelerà l’anno peggiore della crisi italiana, con il Pil in calo del 5,5 per cento. Ma Fortis non è soltanto uno che vede sempre bicchieri mezzi pieni. Il suo talento è nell’argomentazione, più che nel giudizio.
Nel 2011 il ministro dell’Economia dell’epoca, Giulio Tremonti, riuscì a convincere la presidenza francese del G20 ad approvare un’intuizione di Fortis: se si considerano insieme debito pubblico e debito privato, l’Italia non appare messa troppo male rispetto agli altri grandi Paesi europei (era più vero allora di oggi, quando le banche straniere ancora non erano state ristrutturate). I giornali celebrano l’intuizione del “Dil - debito italiano lordo”. Raccontano che il Dil si è poi arenato a Bologna: Fortis sta il- lustrando le sue teorie sul debito aggregato in un convegno quando Romano Prodi lo interrompe: “Vedi, caro Marco, l’unica ragione per cui ha senso rapportare il debito pubblico alle famiglie è che i loro beni facciano da garanzia e che quindi siano espropriabili con una patrimoniale”.
SE FORTIS, per una congiunzione astrale e politica improbabile ma non impossibile, dovesse arrivare davvero sulla poltrona più alta di Via Nazionale, il suo ottimismo strutturale verrà messo a dura prova, tra Monte Paschi, Veneto Banca, PopVicenza e tutto il resto. Ma Fortis è sempre Fortis e a novembre 2016 diceva: “Le aggregazioni e la ristrutturazione di alcuni istituti come Unicredit e Mps sono la strada obbligata per uscire dal problema dei crediti deteriorati e mantenere solido un sistema bancario nazionale che non è affatto messo peggio di quelli delle altre maggiori economie europee”. Non va poi così male. Il genere di messaggio sul settore bancario che Renzi sogna di sentire da un governatore di Bankitalia.
Dopo i disastri Mps ed Etruria
Il direttore della fondazione Edison non ha il profilo tipico da Palazzo Koch, ma il segretario del Pd spera di liberarsi di Visco L’industria non è in declino, l’Italia è pronta per la ripresa”. Era il 2009, l’anno peggiore della crisi