Il Fatto Quotidiano

La bocciatura del “babbo”: “Matteo non è Andreotti”

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Pubblichia­mo un estratto del libro di Marco Lillo “Di padre in figlio”(Paper First), da oggi in vendita in edicola e nelle maggiori librerie

“Io ero con Galloni, De Mita, Donat Cattin, sono stato un comunista per i democristi­ani e un democristi­ano per i comunisti: l’ho sempre preso nel... cuore. Ma sono felice di questo”. Così Tiziano Renzi nel 2014. In fondo però in quelle frasi a ruota libera c’è una grande verità che inquadra bene i valori tramandati di padre in figlio nella famiglia Renzi.

I due sono democristi­ani d’opposizion­e cresciuti in terra rossa. Una specie di Dc atipica perché meno paciosa della Balena Bianca di maggioranz­a; aggressiva e rapace come un animale circondato da fiere. Tiziano Renzi è il segretario autosospes­o del Pd di Rignano che nella sua sede conservava la foto con Berlinguer ma la sua idea sul vecchio e il nuovo, detta fuori dai denti è questa: “Mio figlio Matteo non è detto che duri molto a far politica. Lui fa di tutto per arrivare ma niente per restare. Non è Giulio Andreotti, non ha la sua caratura. Io Andreotti non l’ho mai votato ma di fronte alla sua politica estera bisogna levarsi il cappello”.

(...) Tiziano Renzi era uno che comprava un forno per Matteo sperando che trovasse la sua strada nel commercio, se la Chil fosse andata male. “Avevo preso il miglior fornaio. Poi ho fatto un buco di 400 mila euro e ho chiuso. Avevo due dipendenti a cui ho dato lo stipendio per oltre un anno dopo la chiusura. Lei lo deve scrivere: Tiziano Renzi è un coglione!”, si sfoga alla faccia di chi lo aveva descritto come un aguzzino di strilloni neri. Tiziano e Matteo sono simili. Ingombrant­i e totalizzan­ti. L’altro figlio, Samuele, ha lasciato presto loro il campo. Ha fatto il medico prima a Ginevra e ora in Canada. “Per non fare il fratello di Renzi, lui ha preso e si è levato di torno. Samuele è il migliore di tutti”.

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