Ricerca, precari in piazza contro “l’avara” Madia
La riforma della Pubblica amministrazione dovrebbe stabilizzare solo una piccola parte del personale e i soldi destinati non bastano. Oggi protesta al ministero
“Se non si aumentano i finanziamenti agli enti di ricerca, e non si trasforma la possibilità di stabilizzare in un obbligo, il decreto Madia non cancellerà il nostro precariato”.
MANCA poco all'approvazione di un provvedimento molto atteso e il mondo dei lavoratori della conoscenza si mobilita da giorni: dalle 10 di stamattina le sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil presidieranno la sede del ministero della Pubblica amministrazione per chiedere almeno due modifiche a una legge altrimenti inefficace. Si tratta del testo unico sul pubblico impiego, che mira sulla carta a eliminare lo storico connubio tra ricerca e precarietà. Il testo prevede la possibilità di contrattualizzare a tempo indeterminato chi, entrato per concorso, ha avuto per almeno tre anni negli ultimi otto un rapporto a termine. I cosiddetti lavoratori atipici - assegnisti di ricerca, co. co. co. e altre forme contrattuali super precarie - invece sono tagliate fuori: avranno solo posti riservati nelle prossime selezioni. Per facilitare le stabilizzazioni, sono state al- leggerite le regole sugli ingressi, finora troppo rigide. Richiedevano infatti autorizzazioni da tre ministeri, Istruzione, Pubblica amministrazione e Tesoro. Inoltre, per dotarsi di nuovi dipendenti era necessario il turn over, quindi un pensionamento e un posto libero in pianta organica. Passavano anni, insomma, prima di riuscirci. Ora è cambiato quasi tutto; resiste solo un requisito: la spesa di personale di ogni ente non deve superare l'80% del bilancio. “L’eliminazione dei vincoli al turn over è positivo – spiega Fabrizio Stocchi della Flc Cgil – ma rischia di restare retorico senza risorse aggiuntive”.
Il senso è questo: a che serve favorire le stabilizzazioni sul piano normativo se poi una cospicua parte dei precari non è ricompresa e non ci sono manco i soldi per metterle in pratica? Al Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr) convivono entrambi i problemi, vista l'alta percentuale di precari. Sono circa 1.500 i contratti a tempo determinato; poi però ci sono circa 3.000 tra assegnisti, borsisti e collaboratori. Il fondo ordinario è di 500 milioni e sarebbe insufficiente senza i fondi esterni reperiti con i progetti finanziati. “Con queste risorse – spiegano dal comitato Precari Uniti Cnr – riusciremmo solo a sostituire quelli che vanno in pensione, ma non a stabilizzare tutti gli aventi diritto”. La richiesta è quella di destinare altri 100 milioni. “Devono anche cambiare la legge – aggiungono – altrimenti i vertici degli enti avranno troppa discrezionalità. Nessuno li obbliga a prendere i precari storici”.
PROBLEMI simili al Crea, che si occupa di agricoltura, dove a fine 2016 sono state indette selezioni e al momento esistono graduatorie ( popolate prevalentemente da interni). Se le risorse saranno ristrette, l'amministrazione dovrà scegliere se assumere secondo i criteri della Madia o scorrendo la classifica. Questi conflitti sono la conseguenza dell'aver abusato per anni dei precari negli enti di ricerca, senza risparmiare nessuno. Nemmeno quelli con compiti delicati come l'Istituto nazionale di Fisica nucleare e quello di Geofisica e Vulcanologia.