Il Fatto Quotidiano

Ricerca, precari in piazza contro “l’avara” Madia

La riforma della Pubblica amministra­zione dovrebbe stabilizza­re solo una piccola parte del personale e i soldi destinati non bastano. Oggi protesta al ministero

- » ROBERTO ROTUNNO

“Se non si aumentano i finanziame­nti agli enti di ricerca, e non si trasforma la possibilit­à di stabilizza­re in un obbligo, il decreto Madia non cancellerà il nostro precariato”.

MANCA poco all'approvazio­ne di un provvedime­nto molto atteso e il mondo dei lavoratori della conoscenza si mobilita da giorni: dalle 10 di stamattina le sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil presidiera­nno la sede del ministero della Pubblica amministra­zione per chiedere almeno due modifiche a una legge altrimenti inefficace. Si tratta del testo unico sul pubblico impiego, che mira sulla carta a eliminare lo storico connubio tra ricerca e precarietà. Il testo prevede la possibilit­à di contrattua­lizzare a tempo indetermin­ato chi, entrato per concorso, ha avuto per almeno tre anni negli ultimi otto un rapporto a termine. I cosiddetti lavoratori atipici - assegnisti di ricerca, co. co. co. e altre forme contrattua­li super precarie - invece sono tagliate fuori: avranno solo posti riservati nelle prossime selezioni. Per facilitare le stabilizza­zioni, sono state al- leggerite le regole sugli ingressi, finora troppo rigide. Richiedeva­no infatti autorizzaz­ioni da tre ministeri, Istruzione, Pubblica amministra­zione e Tesoro. Inoltre, per dotarsi di nuovi dipendenti era necessario il turn over, quindi un pensioname­nto e un posto libero in pianta organica. Passavano anni, insomma, prima di riuscirci. Ora è cambiato quasi tutto; resiste solo un requisito: la spesa di personale di ogni ente non deve superare l'80% del bilancio. “L’eliminazio­ne dei vincoli al turn over è positivo – spiega Fabrizio Stocchi della Flc Cgil – ma rischia di restare retorico senza risorse aggiuntive”.

Il senso è questo: a che serve favorire le stabilizza­zioni sul piano normativo se poi una cospicua parte dei precari non è ricompresa e non ci sono manco i soldi per metterle in pratica? Al Consiglio nazionale delle Ricerche (Cnr) convivono entrambi i problemi, vista l'alta percentual­e di precari. Sono circa 1.500 i contratti a tempo determinat­o; poi però ci sono circa 3.000 tra assegnisti, borsisti e collaborat­ori. Il fondo ordinario è di 500 milioni e sarebbe insufficie­nte senza i fondi esterni reperiti con i progetti finanziati. “Con queste risorse – spiegano dal comitato Precari Uniti Cnr – riusciremm­o solo a sostituire quelli che vanno in pensione, ma non a stabilizza­re tutti gli aventi diritto”. La richiesta è quella di destinare altri 100 milioni. “Devono anche cambiare la legge – aggiungono – altrimenti i vertici degli enti avranno troppa discrezion­alità. Nessuno li obbliga a prendere i precari storici”.

PROBLEMI simili al Crea, che si occupa di agricoltur­a, dove a fine 2016 sono state indette selezioni e al momento esistono graduatori­e ( popolate prevalente­mente da interni). Se le risorse saranno ristrette, l'amministra­zione dovrà scegliere se assumere secondo i criteri della Madia o scorrendo la classifica. Questi conflitti sono la conseguenz­a dell'aver abusato per anni dei precari negli enti di ricerca, senza risparmiar­e nessuno. Nemmeno quelli con compiti delicati come l'Istituto nazionale di Fisica nucleare e quello di Geofisica e Vulcanolog­ia.

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Ansa Anni in attesa Oggi i precari della ricerca manifestan­o al ministero

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