Il Fatto Quotidiano

VA RISPETTATA LA LEGGE, NON I “VALORI”

- » MASSIMO FINI

La sentenza della Cassazione che obbliga lo straniero che vive in Italia a conformars­i ai nostri valori (e implicitam­ente a quelli occidental­i) è aberrante, inquietant­e, pericolosa. Lo straniero che vive in Italia ha il solo obbligo, come tutti, di rispettare le leggi dello Stato italiano. Punto. Il sikh che girava con un coltello kirpan, sacro nella sua cultura, doveva essere condannato perché in Italia è vietato andare in giro armati. Se si accettasse il principio enunciato dalla Cassazione un italiano che vive in un Paese islamico dovrebbe, in conformità alla cultura di quel Paese, farsi musulmano.

LA SENTENZA della Cassazione è incostituz­ionale perché viola l’articolo 3 della nostra Carta: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzion­e di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. La questione non riguarda sempliceme­nte le differenze religiose, punto su cui si sono soffermati quasi tutti, ma è molto più ampia: riguarda l’identità culturale, religiosa e non religiosa. La Cassazione afferma: “La società multietnic­a è una necessità, ma non può portare alla formazione di arcipelagh­i culturali confliggen­ti a seconda delle etnie che la compongono”. Non so dove la Cassazione sia andata a scovare un principio di questo genere, inaudito nel senso letterale di mai udito fino a oggi. Lo straniero che vive in Italia non ha l’obbligo di conformars­i alle nostre tradizioni, ha il sacrosanto diritto di conservare le sue, sempre che, naturalmen­te, non siano in contrasto con le nostre leggi. Al limite lo straniero non ha nemmeno l’obbligo di imparare la nostra lingua, sarebbe più intelligen­te se lo facesse ma non ne è obbligato. La questione della sicurezza, importante ma che non ha nessuna rilevanza se lo straniero rispetta le leggi del nostro Stato (il burqa va vietato non perché è un simbolo religioso ma perché copre l’intero viso e le nostre leggi prevedono che si debba andare in giro a volto scoperto), sta facendo de ll ’“a rc ipe la go c u lt u r al e ” oc c identale un sistema totalitari­o che non tollera le diversità culturali sia all’esterno (vedi le aggression­i armate ad altri Paesi, dalla Serbia alla Libia) sia al proprio interno. Stiamo di fatto calpestand­o proprio quei valori, democrazia in testa, cui diciamo di appartener­e e ai quali vorremmo costringer­e qualsiasi “altro da noi”. Alla povera gente che migra nel nostro Paese e negli altri Stati europei, a causa molto spesso delle nostre prevaricaz­ioni economiche e armate che abbiamo fatto nei loro, vorremmo togliere, alla fine, anche l’anima. Spostando il discorso mi piacerebbe sapere quali sono i nostri valori. A parte quello di una democrazia che in realtà non è tale, perché non appartiene ai cittadini ma è nel pieno possesso di oligarchie, nazionali e internazio­nali, non vedo in Occidente un altro valore che non sia l’adorazione del Dio Quattrino e la supina subordinaz­ione alle leggi del mercato. Siamo molto gelosi della nostra identità, più che altro a parole perché un’identità non l’abbiamo più, ma non tolleriamo quella altrui.

IO SONO LIBEROdi essere sikh, sono libero di essere indù, sono libero di essere musulmano, sono libero, se abito in un Paese di cultura diversa, di essere laico. Dell’Illuminism­o abbiamo conservato e sviluppato il peggio, ma abbiamo dimenticat­o il meglio che sta nella famosa frase di Voltaire: non sono d’accordo con le tue idee ma difenderò il tuo diritto a esprimerle fino alla morte. E per “idee” bisogna intendere anche le tradizioni, la cultura, la religione, la spirituali­tà di chi è diverso da noi. La sentenza ci dice che anche i magistrati – che per fortuna non fanno le leggi ma devono solo applicarle e giudicare caso per caso – hanno perso di vista i princìpi fondamenta­li del nostro diritto e della nostra cultura. Ma più in generale direi che noi occidental­i abbiamo perso la testa.

ARTICOLO 3

È incostituz­ionale la sentenza che obbliga lo straniero che vive in Italia a conformars­i alle nostre tradizioni

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