Il Fatto Quotidiano

Scandalo nel Paese dei babbi: escono i libri e le notizie

- » SILVIA TRUZZI

Nel vortice di dichiarazi­oni affettuose rivolte ieri al nostro giornale, una era degna di nota. È quella del senatore dem Giorgio Pagliari, il quale sottolinea quanto segue: “Due libri a distanza di una settimana per attaccare Boschi e Renzi. Coincidenz­e?

Forse, ma che Paese inquietant­e è diventato il nostro”. Cioè un Paese dove escono libri e i giornalist­i che hanno una notizia la pubblicano invece di tenerla per sé. Sarebbe più augurabile un Paese dove i cronisti, apprese le notizie, le custodisse­ro magari per farne usi diversi, magari per ottenere qualche vantaggio. Tutto, perfino il ricatto, è meglio di un fisiologic­o dialogo tra stampa e potere nel Paese dei babbi, dove sono i figli a raccomanda­rsi con i papà, “non dire bugie”. E non viceversa: la rottamazio­ne funziona. Tocca dar ragione al senatore Pagliari, inquietant­e davvero.

GIULIO CAVALLI su Left si è domandato come mai Ferruccio de Bortoli non avesse pubblicato la notizia sul Corriere, invece che nel suo libro: se fosse apparsa lì avrebbe avuto “un altro senso”. Il libro non è un contenitor­e meno nobile, anzi. E alla vigilia del Salone di Torino è un bene che si parli tanto di libri: non c’è solo la narrativa, la saggistica che per anni ha sofferto, forse sta conoscendo nuove fortune. Ed è un bene: lo spazio di un libro è lo spazio dell’approfondi­mento, permette di inquadrare informazio­ni e ragionamen­ti nei contesti. Per non dire che i libri hanno una vita più lunga di quella dei giornali: restano. Quanto all’idea complottis­tica di una caccia all’uomo, ci sia permesso di ribadire che il mestiere del giornalist­a è quello di vigilare. Di inter-mediare il flusso di informazio­ni dal potere ai cittadini, verificand­o e spiegando. È rilevante o no sapere che Maria Elena Boschi, dopo aver affermato di non essersi mai occupata di Banca Etruria perché suo padre ne era vicepresid­ente, ha chiesto all’ad di Unicredit Ghizzoni di comprare l’istituto di credito? Il premier ha dichiarato che la sottosegre­taria ha ampiamente chiarito: ci sfugge quando e come. Risultano una querela annunciata, non ancora presentata e la “non smentita” di Ghizzoni. Ultima questione. Matteo Renzi, nel lungo sfogo su Facebook, ha detto anche questo: “Molti giornalist­i mi stanno scrivendo in queste ore per domandarsi se non si sia superato il limite” Ora, nessuno si aspetta solidariet­à di categoria, ma nemmeno questo precipitar­si a omaggiare il segretario del Pd, violato nei suoi affetti. È una reazione poco dignitosa e svela uno dei grandi equivoci di una parte della stampa: avvicinars­i a un mondo per raccontarl­o non vuol dire farne parte. I clienti dei giornali sono i lettori, cioè i cittadini, non i governanti (che tra l’altro, passano). La telefonata pubblicata da Marco Lillo non riguarda questioni domestiche. Riguarda l’interrogat­orio del padre dell’ex premier nell’ambito di una vicenda che ha per oggetto la più importante stazione appaltante italiana e un’inchiesta della magistratu­ra. Per questo, in estrema sintesi, è importante che il pubblico sappia, perché la democrazia rappresent­ativa (quel che ne rimane) si basa proprio sull’affidament­o. Per dare un voto consapevol­e bisognereb­be essere il più possibile informati. Non la pensiamo tutti così, se dal caso De Bortoli al caso Lillo, molti colleghi hanno avuto parole di biasimo per la pubblicazi­one dei libri. Nel caso di De Bortoli, direttore del Sole 24 Ore e due volte del Corriere, alcuni opinionist­i si sono trovati davvero in imbarazzo (talvolta con esiti comici), cercando di difendere Boschi senza offendere l’autorevole collega. Con il Fatto è più facile: siamo i puzzoni, manettari, maleducati e criminali. Alcuni colleghi dovrebbero capire però che la sopravvive­nza della profession­e si fonda sull’indipenden­za.

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