Scandalo nel Paese dei babbi: escono i libri e le notizie
Nel vortice di dichiarazioni affettuose rivolte ieri al nostro giornale, una era degna di nota. È quella del senatore dem Giorgio Pagliari, il quale sottolinea quanto segue: “Due libri a distanza di una settimana per attaccare Boschi e Renzi. Coincidenze?
Forse, ma che Paese inquietante è diventato il nostro”. Cioè un Paese dove escono libri e i giornalisti che hanno una notizia la pubblicano invece di tenerla per sé. Sarebbe più augurabile un Paese dove i cronisti, apprese le notizie, le custodissero magari per farne usi diversi, magari per ottenere qualche vantaggio. Tutto, perfino il ricatto, è meglio di un fisiologico dialogo tra stampa e potere nel Paese dei babbi, dove sono i figli a raccomandarsi con i papà, “non dire bugie”. E non viceversa: la rottamazione funziona. Tocca dar ragione al senatore Pagliari, inquietante davvero.
GIULIO CAVALLI su Left si è domandato come mai Ferruccio de Bortoli non avesse pubblicato la notizia sul Corriere, invece che nel suo libro: se fosse apparsa lì avrebbe avuto “un altro senso”. Il libro non è un contenitore meno nobile, anzi. E alla vigilia del Salone di Torino è un bene che si parli tanto di libri: non c’è solo la narrativa, la saggistica che per anni ha sofferto, forse sta conoscendo nuove fortune. Ed è un bene: lo spazio di un libro è lo spazio dell’approfondimento, permette di inquadrare informazioni e ragionamenti nei contesti. Per non dire che i libri hanno una vita più lunga di quella dei giornali: restano. Quanto all’idea complottistica di una caccia all’uomo, ci sia permesso di ribadire che il mestiere del giornalista è quello di vigilare. Di inter-mediare il flusso di informazioni dal potere ai cittadini, verificando e spiegando. È rilevante o no sapere che Maria Elena Boschi, dopo aver affermato di non essersi mai occupata di Banca Etruria perché suo padre ne era vicepresidente, ha chiesto all’ad di Unicredit Ghizzoni di comprare l’istituto di credito? Il premier ha dichiarato che la sottosegretaria ha ampiamente chiarito: ci sfugge quando e come. Risultano una querela annunciata, non ancora presentata e la “non smentita” di Ghizzoni. Ultima questione. Matteo Renzi, nel lungo sfogo su Facebook, ha detto anche questo: “Molti giornalisti mi stanno scrivendo in queste ore per domandarsi se non si sia superato il limite” Ora, nessuno si aspetta solidarietà di categoria, ma nemmeno questo precipitarsi a omaggiare il segretario del Pd, violato nei suoi affetti. È una reazione poco dignitosa e svela uno dei grandi equivoci di una parte della stampa: avvicinarsi a un mondo per raccontarlo non vuol dire farne parte. I clienti dei giornali sono i lettori, cioè i cittadini, non i governanti (che tra l’altro, passano). La telefonata pubblicata da Marco Lillo non riguarda questioni domestiche. Riguarda l’interrogatorio del padre dell’ex premier nell’ambito di una vicenda che ha per oggetto la più importante stazione appaltante italiana e un’inchiesta della magistratura. Per questo, in estrema sintesi, è importante che il pubblico sappia, perché la democrazia rappresentativa (quel che ne rimane) si basa proprio sull’affidamento. Per dare un voto consapevole bisognerebbe essere il più possibile informati. Non la pensiamo tutti così, se dal caso De Bortoli al caso Lillo, molti colleghi hanno avuto parole di biasimo per la pubblicazione dei libri. Nel caso di De Bortoli, direttore del Sole 24 Ore e due volte del Corriere, alcuni opinionisti si sono trovati davvero in imbarazzo (talvolta con esiti comici), cercando di difendere Boschi senza offendere l’autorevole collega. Con il Fatto è più facile: siamo i puzzoni, manettari, maleducati e criminali. Alcuni colleghi dovrebbero capire però che la sopravvivenza della professione si fonda sull’indipendenza.