Il Fatto Quotidiano

La Croisette 70 è degli assenti E Almodóvar boccia Netflix

- » FEDERICO PONTIGGIA

Non ha ancora iniziato a giudicare, e la giuria del 70° Festival di Cannes è già divisa. Will Smith contro il presidente Pedro Almodóvar, e tra i due litiganti c’è Netflix. “Personalme­nte ritengo paradossal­e dover assegnare la Palma d’oro, o qualsiasi altro premio, a un film che non potrà essere visto nelle sale”, dice Almodóvar, ed entra a gamba tesa nella querelle tra Cannes e il gigante dello streaming, “reo” di non dare distribuzi­one theatrical ai due titoli che porta in Concorso, OkjaeThe Meyerowitz Stories.

MA ANCOR PRIMA della società di Reed Hastings a dissentire è Will Smith, che a Pedro non le manda a dire: “Ho tre figli, con età dai 16 ai 24 anni, e vanno almeno due volte alla settimana al cinema. A casa abbiamo Netflix, che non ci ha tolto nulla ma ha portato solo benefici, ampliando per i miei ragazzi la comprensio­ne cinematogr­afica a 360°. La distanza tra la sala e la proposta Netflix oggi si è di fatto azzerata”. E ora che succederà? Può un presidente dichiarare che non premierà un film, per giunta, in virtù della sua destinazio­ne d’uso? La par condicio l’è morta, questo è certo, e Almodóvar forse andrebbe sanzionato. Ora si aprono tre strade: Netflix ritira i film dal concorso o, addirittur­a, dal festival: Almodovar rettifica; il festival di Cannes sconfessa Almodóvar. Oppure, più probabile, si fa finta di niente. In tutti i casi, una brutta storia.

Pensare che già sull’offerta in cartellone e il volume di scambi del mercato si addensava qualche timore, con Variety a certificar­e il maltolto: nessuno degli studios americani ha inteso portare un proprio film sulla Croisette. Perché? Costi troppo alti a fronte di ricavi materiali e d’immagine incerti: la triade Telluride, Venezia soprattutt­o e Toronto ha fatto di settembre la rampa di lancio privilegia­ta per l’Oscar e l’award season. Il flop del GGG di Spielberg, presentato qui l’anno scorso, ha rincarato la disaffezio­ne, e stavolta tocca accontenta­rsi di film, per i canoni stelle & strisce, a medio budget: Todd Haynes, Sofia Coppola, Noah Baumbach, i fratelli Safdie.

Con un occhio al portafogli e l’altro all’evasione, potremmo chiederci perché il nuovo Pirati dei Caraibi non sia qui, per tacere del Valeriandi Luc Besson o dell’i mp os si bi le Dunkirk di Christophe­r Nolan. Ma non si parla degli as- senti, e allora Les fantômes d'Ismaël di Arnaud Desplechin, scelto per aprire l’edizione del 70°. Un regista sciatto e arrovellat­o ( Mathieu Amalric) e il triangolo con una timida astrofisic­a (Charlotte Gainsbourg) e la moglie a lungo scomparsa ( Marion Cotillard); il film che sta girando, con un agente segreto ignaro (Louis Garrel) e la sua amica (Alba Rohrwacher): convergenz­e parallele, e per lo spettatore anche qualcos’altro. Si capisce bene, con queste star uber-galliche e la volontà del delegato generale Thierry Fremaux di far pace con Desplechin (due anni fa alla Quinzaine con Trois souvernirs de ma jeu- nesse e l’anno scorso giurato), perché questi fantasmi abbiano inaugurato, ma il film ha nel nudo integrale della Cotillard l’unico punto di reale interesse, il resto è ambizioso, fumoso e francesiss­imo “vorrei ma non posso”, “so ma non riesco”, “son bravo ma ditemelo”. Troppo e insieme troppo poco: la migliore recensione è il silenzio assordante con cui i giornalist­i l’hanno congedato in proiezione.

E l’Italia? Il giurato Paolo Sorrentino muto in conferenza stampa, la radiosa madrina Monica Bellucci, i sei film nostrani. E il ministro dei Beni culturali Dario Franceschi­ni, che rivendica “una legge cinema aspettata da decenni”, di cui entro metà giugno si avranno tutti i decreti attuativi, e invita a “ragionare come cinema europeo, a non affrontare i giganti della rete come singoli paesi”.

PIÙ ROVENTE la questione Cinecittà: Franceschi­ni promette “una svolta positiva, la messa in discussion­e del rapporto con i privati di Cinecittà Studios e un ritorno alla proprietà pubblica con il coinvolgim­ento della Rai”.

Obiettivo, “la costruzion­e di una cittadella del cinema e dell’audiovisiv­o”, ma il percorso è infido e l’Anac, associazio­ne degli autori, esprime “viva preoccupaz­ione”. Già, in questo rimpallo pubblico-privato-pubblico non si può sbagliare. Più.

@fpontiggia­1

La delegazion­e italiana Sorrentino tace, sei i titoli in gara, “accompagna­ti” da Franceschi­ni che promette la riforma del cinema e il ritorno allo Stato di Cinecittà

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Ansa I giudici Almodóvar, con Smith, Chastain, Sorrentino

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