B. & Matteo, tale padre tale figlio Ecco i neoberlusconiani del Pd
“Persecuzione giudiziaria”: Migliore come la Santanchè e c’è pure chi imita Sallusti
Tale padre, tale figlio. In senso politico, per evitare equivoci. Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Da tre giorni, ormai, lo spettro dell’innocentismo, ben oltre il garantismo, della stagione berlusconiana s’insinua come un serpente tra i renziani e i loro interlocutori, soprattutto in tv, e benedice una volta per tutte la mutazione genetica del Pd. Addio questione morale, per sempre. Adesso conta solo la difesa del Capo dagli “attacchi” della magistratura.
DI BUON mattino, intorno alle otto e mezzo di ieri, Daniela Santanchè si è rivolta così a Ernesto Carbone, in gessato blu da notabile meridionale, durante O mn ib u s su La7: “Benvenuto tra noi, il Pd c’ha fatto un mazzo tanto per far fuori Berlusconi mentre noi invece vi stiamo salvando il didietro”. Una nemesi che il buon Carbone, oplita renziano dall’incrollabile fede, ha finanche respinto: “Io non ho mai detto una parola sulle vicende giudiziarie dei miei avversari. Il mio partito ha sbagliato in passato”.
La citazione della Santanchè non è casuale. La Pitonessa berlusconiana, protagonista di memorabili intemerate contro i pm, ha trovato un suo epigono nel Pd renziano che si difende dalle inchieste. Cioè, il napoletano Gennaro Migliore, ex comunista e oggi persino sottosegretario alla Giustizia. Migliore ostenta un cipiglio perenne e al suono delle parole “Consip”,“babbo R en zi ”, “banca Etruria”, “babbo Boschi”, azzanna tutti con un feroce riflesso pavloviano.
È stato lui, martedì sera – il giorno in cui il Fatto ha pubblicato la telefonata tra Tiziano e Matteo Renzi – a metterci la faccia nel teatrino garantista di Porta a Porta, allestito per l’occasione da Bruno Vespa. È qui si coglie un altro aspetto della mutazione berlusconiana del Pd: la questione della persecuzione giudiziaria. Migliore ha cominciato a fare strada:
“C’è un certo accanimento nei confronti di Matteo Re n z i ” . Di fronte aveva lo scissionista Roberto Speranza che a quel punto l’ha additato come un “neoberlusconiano”. Risentitosi, il cipiglio del sottosegretario è andato in automatico: “E tu sei grillino”. La chiosa di Vespa è stata arguta: “Pensare che stavate entrambi nello stesso partito”. Ecco, se al renzismo si ribatte con i dubbi sul familismo, la risposta è questa: “Sei un grillino”. Addio questione morale, appunto.
Il caso Orfini, indi. L’ex archeologo di nascita (politica) dalemiana è il presidente del Pd e l’altro giorno in un’intervista all’Huffington Post, ver- sione italiana, è stato aratro e spada allo stesso tempo, tracciando un inedito solco da difendere strenuamente: “Siamo oltre la gogna mediatica, questa intercettazione è un attacco alla democrazia”.
Un altro must della retorica del ventennio di B: l’attacco alla democrazia che sottende accuse di golpismo e talvolta di terrorismo ai pm. Nella corsa al neoberlusconismo, Orfini ha pure scavalcato Renzi, a modo suo fermo alla “barbarie giustizialista” denunciata nelle aule parlamentari un anno fa. Ma questo è i l compito degli Orfini e dei Ghedini di tutti i tempi, custodi del vero pensiero del Capo e incaricati di mostrare i nuovi fronti di lotta.
PERSECUZIONE giudiziaria e attacco alla democrazia. Ci vorrebbe uno scudo. Una sorta di nuovo lodo Alfano, che tra l’altro è rimasto sempre coerente e non a caso oggi è renziano. Così come renziani, dopo essere stati berlusconiani, sono Verdini, Cicchitto, Bondi e il Foglio fondato da Giuliano Ferrara. La scintillante idea di un’immunità sacrale per Renzi è di Mario Lavia, che in tv rappresenta il sito dell’Unità, e da Floris ha consacrato il suo destino alla Sallusti, direttore del Giornale: “Non dovrebbe essere pos- sibile intercettare un ex premier”.
Il famigerato storytelling renziano non si limita, però, solo a mutuare il repertorio berlusconiano contro la giustizia. La narrazione ha bisogno di un solido impianto di contro-verità, che non si può ridurre alle difese condotte dai pretoriani. E qui c’entra la costruzione di immagini che tendono a ridurre e minimizzare, se non a falsificare la realtà. In merito è eclatante l’uso narrativo che Renzi, sin da martedì mattina, ha fatto dell’intercettazione con il padre.
OBIETTIVO: rappresentare la figura di un papà matto e pasticcione, e senza rispondere ai tanti dubbi che trapelano da quella conversazione. Indicativi virgolettati a lui attribuibili riferiscono scenate domestiche di questo genere: “Mio padre è un pasticcione. Da anni gli dico di stare tranquillo, non so più che fare. Quando la discussione si faceva agitata, arrivava mia madre e mi rimproverava: ‘Basta urlare con papà’”. Anche in questo caso, il berlusconismo è un faro primigenio. Come nel caso di Noemi Letizia, origine degli scandali sessuali dell’ex premier. La reazione immediata dell’ex Cavaliere fu quella di ordinare al suo pink-magazine Chi un servizio fotografico di Noemi serena e felice con il suo fidanzato. Ma il fidanzato era falso: un tronista ingaggiato al momento.
Somiglianze L‘immagine del papà “matto e pasticcione” e il falso fidanzato di Noemi Letizia