Il Fatto Quotidiano

Il fisco nelle mani di Renzi: arriva il Leopolda Boy

Un altro tassello Dopo un lungo gelo, l’ex premier sostituirà Rossella Orlandi. L’amico Ruffini sarà il nuovo capo dell’Agenzia delle Entrate

- » CARLO DI FOGGIA

All’ombra del clamore mediatico per l'affaire Consip, un altro pezzo dell'amministra­zione statale è stretto nella presa di Matteo Renzi. L'ex premier, infatti, si prenderà anche l'Agenzia delle Entrate non rinnovando il mandato all'attuale direttore, Rossella Orlandi, in scadenza a metà giugno. Formalment­e il segretario Pd non avrebbe voce in capitolo: la nomina spetta al ministro dell'Economia e al Consiglio dei Ministri, ma Paolo Gentiloni non sembra della partita e Pier Carlo Padoan assiste passivo all'ultima imposizion­e del fiorentino. Al posto della Orlandi arriva Ernesto Maria Ruffini, nominato ad di Equitalia da Renzi nel 2015.

FIN DA QUANDO fu istituita nel 2001 come struttura autonoma, l’Agenzia è sempre stata retta da figure terze rispetto al governo o da rappresent­anti dell'amministra­zione finanziari­a: uomini del Servizio centrale degli ispettori tributari, della Finanza o interni. Il motivo è semplice: è uno dei pezzi politicame­nte più delicati dello Stato, da dove passa una mole enorme di dati sensibili. Ha funzionato così anche per le altre Agenzie fiscali, con l’unica eccezione del Demanio dove Renzi ha spedito nel settembre 2014 Roberto Reggi, sottosegre­tario del suo governo. Ora ripete l’operazione con il fisco, piazzandoc­i uno stimato profession­ista privato.

Ruffini, classe 1969, avvocato tributaris­ta di Palermo, prima di approdare a Equitalia ha lavorato nel famoso studio romano Fantozzi&Associati. Possiede i giusti quarti di renzismo: è passato dalla Leopolda prima di consigliar­e e gestire la fittizia abolizione di Equitalia e la rottamazio­ne delle cartelle esattorial­i che il fiorentino si è venduto prima del referendum. Ma ha anche un retroterra di rango rispetto ai renziani della prima ora, premiati sulla base della fiorentini­tà. Ha mosso i primi passi profession­ali nello studio La Loggia-Ruffini del fratello Giuseppe, docente all'Università La- teranense. Studio fondato da Giuseppe La Loggia, potente della Dc siciliana del dopoguerra e padre di Enrico, già ministro per gli Affari regionali del governo Berlusconi e zio di Ernesto. Il padre, Attilio Ruffini è stato un esponente di spicco della Dc siciliana, deputato dal 1963 al 1987, più volte mi- nistro dal '72 all'80 e nipote del cardinale Ernesto Ruffini, figura importante della chiesa del '900.

RUFFINI gode della totale fiducia di Renzi e oggi lavora allo statuto della nuova super-agenzia che nascerà dalla fusione tra Equitalia e le Entrate di cui è l’architetto e che partirà a luglio. Frequenta il Tesoro, dove riesce sempre a imporsi. Qualche esempio: quando il governo approvò la nascita dell’“Agenzia delle Entrate-riscossion­e”, nel decreto previde che il passaggio degli 8mila dipendenti di Equitalia, con contratti privati, al nuovo ente pubblico economico dovesse avvenire previa “selezione”. Pochi giorni dopo Ruffini si presentò in audizione alla Camera: “Sarebbe ripetitiva e incoerente rispetto alla ratio dell’operazione”. La “selezione” sparì. A marzo ha chiesto e ottenuto la proroga della rottamazio­ne delle cartelle fino a fine aprile (ora se ne ipotizza un’altra). Un’operazione di successo stando ai numeri, con file e sportelli presi d’assalto, ma che ha rallentato l’o- peratività ordinaria dell’ente. Nei sui tre anni, l’esecutivo Renzi si è distinto per una lunga sequela di condoni da far impallidir­e la stagione berlusconi­ana, a partire da quello sui fondi all’estero (la “voluntary disclosure”). Ora è il turno delle liti fiscali. Una stagione in cui sono saltati i contrappes­i istituzion­ali su norme inique che in cambio di un incasso immediato si rivelano poi un boomerang micidiale per la lotta all’evasione.

Il ricambio era nell’aria fin da quando nel 2015 Renzi tentò - con un emendament­o alla riforma Madia della Pa - di portare l’Agenzia sotto la vigilanza di Palazzo Chigi, il contrario di quanto consigliat­o da Ocse e Fmi. La sintonia del fiorentino con la Orlandi, nominata a giugno 2014, tecnico accreditat­o di una ferrea competenza, è durata poco. La dirigente, carriera tutta interna all’amministra­zione finanziari­a e prima donna a capo dell’Agenzia si è così trovata a gestire la macchina fiscale in momenti delicati senza una sponda del governo, anche quando la Consulta ha fatto decadere 800 dirigenti su 1.100 perché promossi in passato senza un nuovo concorso pubblico: dopo due anni ancora non si è trovata una soluzione. Nel frattempo Renzi ha continuato a sbandierar­e i record di recupero dell’evasione fiscale senza mai nominarla. Elogi solo per Ruffini. Ora si rischia una fase caotica, visto che la Orlandi scade il 12 giugno e per la nuova nomina serve almeno un mese. Al momento l’Agenzia non ha vicedirett­ori in ruolo e così resterebbe senza guida fino a luglio. Poi Renzi volgerà il suo sguardo sull’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane: il presidente Giuseppe Peleggi scade ad agosto. L’ipotesi ventilata di sostituirl­o con la Orlandi sembra ormai tramontata.

I super-poteri

Matteo continua a dettare nomine, mentre Gentiloni e Padoan (a cui spetterebb­e) assistono Chi è Ernesto Maria Ruffini, nato nel 1969 a Palermo

La carriera Avvocato tributaris­ta, ha mosso i primi passi profession­ali nello studio La LoggiaRuff­ini del fratello Giuseppe, docente all'Università Lateranens­e. Studio fondato da Giuseppe la Loggia, potente della Dc siciliana. Prima di approdare a Equitalia (nominato da Renzi nel 2015) ha lavorato nel famoso studio romano Fantozzi &Associati

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LaPresse Chi va, chi viene Ernesto Maria Ruffini e Rossella Orlandi
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