Il Fatto Quotidiano

Agnelli e il caso ’ndrangheta “Incontri sì ma non sapevo”

Il presidente della Juve in Antimafia: “Vedevo Dominiello con altri tifosi”

- » ANDREA GIAMBARTOL­OMEI

Ammissione, difesa e attacco. Gli incontri ci sono stati, ma mai dei tête à têtecol presunto esponente della ’ndrangheta: “Se l’ho incontrato è stato nell’ambito di un consesso di tifosi”. Andrea Agnelli non sapeva di incontrare il figlio di un uomo condannato per associazio­ne mafiosa e fratello di due arrestati nell’ottobre 2012, poi condannati in primo e secondo grado per mafia: “La questura non sapeva chi fosse, perché dovevo saperlo io?”, ha affermato. Insomma, ci saranno stati degli “errori”, ma contatti consapevol­i coi mafiosi no. Così ieri, all’indomani della vittoria della Coppa Italia, il presidente della Juventus è andato alla commission­e parlamenta­re Antimafia, che sta affrontand­o il tema dei legami tra mafie, tifo e calcio a partire dall’in- chiesta “Alto Piemonte” con cui la Dda di Torino ha rivelato gli interessi delle cosche nel bagarinagg­io di biglietti del club bianconero. A luglio erano finiti in carcere Rocco Dominello, tifoso dei “Drughi” accusato di associazio­ne mafiosa e tentato omicidio, e Fabio Germani, fondatore dell’associazio­ne “Italia Bianconera” accusato di concorso esterno e ora in libertà. Per i pm quest’ultimo avrebbe agevolato i contatti tra Dominello e la società.

Dominello, interrogat­o dai pm, aveva raccontato di due incontri con Agnelli e per questo la procura Figc, guidata da Giuseppe Pecoraro, parla di “incontri con esponenti della malavita organizzat­a” nel deferire Agnelli e tre manager per aver violato il codice sportivo. Il processo sportivo comincerà il 26 maggio, ma Agnelli – che rischia una multa e l’interdizio­ne temporanea dalla carica – anticipa già le mosse e sca- rica qualche responsabi­lità sullo Stato. “Non ho mai incontrato Dominello da solo. A memoria ricordo 3 o 4 incontri. Una cena ad Asti, una visita in sede con Germani e una visita alla Lamse (la sua finanziari­a, ndr) con altri tifosi”. Ha difeso gli uomini deferiti da Pecoraro: “I miei dipendenti Alessandro d’Angelo, Stefano Merulla e l’allora dirigente Francesco Calvo hanno sempre ritenuto di rapportars­i esclusivam­ente con soggetti appartenen­ti al tifo organizzat­o”.

Nessuno sospettava di Dominello, nonostante la sua influenza sulla curva Sud. D’altronde, ha ripetuto Agnelli alcune volte, la Digos non ha mai detto nulla sui sospetti degli investigat­ori. Il deputato Marco Di Lello del Pd sottolinea l’evoluzione della sua difesa, dal tweet “Mai incontri con boss”, al “mai incontri con Dominello da solo” fino all’ultimo “mai incontri consapevol­i”. Il presidente sapeva che

Verso il triplete

Il processo sportivo comincia il 26 maggio: il presidente rischia multa e interdizio­ne

questo suo intervento potrebbe sembrare “come un alibi” per il processo sportivo e ammette che “se ci sono state irregolari­tà, dovranno essere sanzionate in modo adeguato e definendo con precisione le singole responsabi­lità, in un processo giusto ed equilibrat­o”. L’obiettivo minimo è eliminare i riferiment­i ai contatti con la malavita dalle accuse di Pecoraro: “Avremmo sicurament­e commesso alcuni errori, ma sono errori che non hanno mai avuto la consapevol­ezza di avere un dialogo con persone associate alla criminalit­à organizzat­a”.

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John Elkann (a sinistra) e il presidente della Juventus Andrea Agnelli

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