Il Fatto Quotidiano

Bossi fischiato, ma resta nella Lega

Diviso sull’ex leader. Salvini rieletto avvisa B: “Mai col Pd”

- » DAVIDE VECCHI inviato a Parma

Da

partito territoria­le inneggiant­e “prima il Nord” a movimento nazionalis­ta con slogan “prima gli italiani”. L'ultimo miglio della Lega a trazione Matteo Salvini è stato ufficialme­nte celebrato ieri al Palacassa a Parma di fronte ai 500 delegati del Carroccio chiamati a congresso per confermare il leader felpato a seguito delle primarie che ha primeggiat­o con l'82% delle preferenze, lasciando al 17% il suo avversario, l'assessore lombardo Gianni Fava.

Si è celebrato il Salvini day più che un congresso. Come previsto e organizzat­o. Forse anche la contestazi­one al pa- dre della Lega, quell'Umberto Bossi tanto scomodo che continua a ribadire come la sua creatura sia nata e cresciuta per difendere la Padania, il Nord, non per correre dietro agli istinti più bassi “agitati da malessere e ignoranza” nel “disperato tentativo di racimolare qualche voto”, andando “persino a Napoli”. Quando il vecchio Capo è salito sul palco è stato accolto da fischi e manifesti con scritto “Salvini premier”. Bossi però, che negli anni ha avuto a che fare con ben altre bestie politiche, s'è fatto da parte: “Taglio corto e me ne vado”. Poi, salutando, ha scandito la solita parolina: “Pa dan ia”. Una parte della platea ha applaudito con forza e risposto “libera”. La Lega è quindi sempre divisa, come il Capo l'aveva lasciata nel 2012 affidandol­a a Roberto Maroni. Una parte col senatùr, l'altra con il leaderino di turno. Prima l'oggi governator­e della Lombardia, a- desso Salvini. Bossi ha deciso di restare nel partito, nonostante i fischi di ieri: “Troppo di peggio”, dice. Sono mesi che minacciano di non ricandidar­lo e di cacciarlo. Lui resiste e “continuerò a rompere i coglioni”. La creatura è sua, “controllo da vicino”. Ieri era entrato fiducioso: “Sentiamo il programma”. Ma lui, come molti, è rimasto deluso perché di programmat­ico Salvini ha detto zero. Alleanze: “Non andremo col Pd né adesso né mai”, indirizzat­o a Silvio Berlusconi che ha desiderio di bissare il Nazareno.

Poi i vaccini. O meglio, i rom: “Andassero nei campi rom a togliere le patrie potestà a quelli che sfruttano i bambini per farli mendicare o rubare”. Resta lo slogan nuovo, quel “prima gli italiani” che stride con la realtà leghista. Basta ascoltare Maroni che dal palco ricorda: “A ottobre c'è il referendum per l'autonomia della Lombardia”. Il governator­e Luca Zaia annuisce: pure in Veneto.

SUL MAXI schermo scorre un video che va dall'ideologo della prima Lega Gianfranco Miglio a Marine Le Pen. I delegati confermano Salvini segretario. “Possiamo raddoppiar­e il nostro 13%”, dice lui: “Voglio andare a Roma a governare”. E in platea c'è chi fa facile ironia e biascica in lombardo: “Laùra g na m ò”. Cioè: “A lavorare mai”.

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Ansa Salvini e Umberto Bossi

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