Salva il governo, “Vota Antonio” il responsabile
Tutti i sondaggisti sono concordi. L’Italia dal punto di vista elettorale è spaccata in tre e, almeno sulla carta, nella prossima legislatura potrebbe non avere un governo. La cosa, lo capiamo, preoccupa solo chi è appassionato di politica. Gli altri elettori sono invece tranquilli. Non tanto perché le esperienze belga e spagnola dimostrano che senza un esecutivo un Paese può vivere e addirittura prosperare benissimo. Ma perché sanno che un governo ci sarà comunque. Come sempre accade, indipendentemente da sistema elettorale e risultati, alla Camera e al Senato i voti per dare la fiducia al nuovo presidente del Consiglio salteranno fuori. Verosimilmente entreranno in maggioranza destra, sinistra, centro, più decine e decine di parlamentari che, con senso dello Stato, si definiranno responsabili. Trovarli non sarà difficile. L’esperienza dimostra come per una poltrona, per un posto di sottogoverno o per la garanzia di una ricandidatura, c’è sempre gente disposta a vendere principi, ideali, programmi e, se serve, pure figli e genitori.
CHI HA I CAPELLI GRIGI in testa ricorda bene lo straordinario Romano Misserville, post-fascista d’antan e tutto di un pezzo, più volte eletto nelle file del Movimento Sociale, entrato nel 1999 nel governo di Massimo D’Alema come sottosegretario alla Difesa. Nell’ufficio, che per brevissimo tempo occupò, voleva portare un ritratto di Mussolini e ai giornali spiegava che l’ex compagno D’Alema gli ricordava tanto l’ex camerata Almirante. Con lui fecero ingresso trionfale in quell’esecutivo rosso Clemente Mastella (eletto con il centrodestra) più una pletora di forzisti e centristi folgorati sulla via di Palazzo Chigi.
Non che Silvio Berlusconi allora se ne sia potuto lamentare. Nel ‘94 pure il suo governo era nato grazie a Giulio Tremonti che abbandonato il Patto, la formazione di Mariotto Segni, aveva trovato più comodo fare il ministro delle Finanze, piuttosto che marcire sui banchi dell’opposizione. Come dargli torto.
Così come sono impossibili da criticare Antonio Razzi e Domenico Scilipoti che nel 2010, assieme ad altri allegri compagni di brigata, lasciarono il centrosinistra per permettere all’ancora Cavaliere di far ri-partire il suo quarto governo. Se non fosse stato per loro, per i Responsabili poi rinominati Popolo e Territorio, Berlusconi se ne sarebbe andato a casa e noi ci saremmo ritrovati alle urne.
Inutile che storciate il naso. Bisogna accettare la realtà. Pensate a Razzi. Un signore come lui in ogni Paese d’Europa da quel giorno avrebbe dovuto trascorrere la sua vita nascosto. Sarebbe stato insultato (o peggio) da chi lo aveva visto passare da Antonio Di Pietro a Forza Italia. Vi risulta che sia accaduto? A noi non pare. Anzi, Razzi da allora è diventato un personaggio. “Amico, fatti i cazzi tui”, la sua frase più celebre, è oggi uno slogan. Un modo di dire. Uno stile di vita che gode di milioni di seguaci. Per questo arrivati a fine legislatura è giusto chiedere ai vecchi e nuovi Responsabili di essere Responsabili. Non è un gioco di parole. Di fronte alla teorica ingovernabilità è bene che una serie di parlamentari in carica (scelti tra gli oltre 300 che hanno già cambiato casacca) si dichiarino prima, formino un partito e si presentino alle elezioni. Il loro programma sarà semplice: andare al governo con chiunque e comunque. Conoscendo gli italiani prenderanno almeno il 15 per cento.
Governeranno male? Forse. Ma almeno saranno i primi, e forse gli unici, a rispettare una promessa elettorale.
Di questi tempi un fatto da libri di storia.