Il Fatto Quotidiano

Voucher, va in porto l’accordo Pd-Fi-Lega Azzariti: “Evitato il referendum, che frode”

Il professore: “Si voleva solo evitare il referendum della Cgil”

- MARCO PALOMBI

Gaetano

Azzariti è professore di diritto costituzio­nale alla Sapienza di Roma e, semplifica­ndo in modo brutale, un esponente della “sinistra” del costituzio­nalismo italiano. Nonostante la sua esperienza sui temi costituzio­nali deve, però, confessare la sua sorpresa: “Non era mai avvenuto, nessun governo s’era mai spinto a dire e poi disdire ancor prima di un referendum”. Azzariti parla dei voucher: abrogati per decreto poche settimane fa e ora sostanzial­mente reintrodot­ti nella “ma no v ri na ”. Problema: grazie all’ab ro ga zi on e (finta) è saltato il referendum per l’abrogazion­e (vera) della Cgil. Si sarebbe dovuto votare oggi: 28 maggio. Se andrà come sembra, ci dice, “sarebbe una truffa contro la Costituzio­ne”.

Professore, è davvero un caso unico?

In questa forma sì. Negli anni sono stati molti i referendum traditi. Cito un esempio clamoroso e abbastanza recente, cioè quelli sull’acqua pubblica del 2011: dopo due mesi il governo Berlusconi approvò una normativa analoga a quella abrogata. La Consulta disse poi che non si può reintrodur­re la stessa normativa creando un “vincolo negativo”.

Quali altri esempi ci sono?

Abbiamo avuto casi in cui il governo ha cambiato la normativa prima del referendum. La Consulta, in quel caso, dichiarò non operative le modifiche che non vadano nella direzione delle richieste referendar­ie, concedendo alla Cassazione di trasferire i quesiti sulle nuove leggi. Insomma, in genere la Corte costituzio­nale accorda una speciale tutela al voto popolare.

E stavolta invece? Se fossero sostanzial­mente reintrodot­ti i voucher ci troveremmo per la prima volta davanti a un raggiro, a una frode ai danni dell’articolo 75 della Costituzio­ne (quello sui referendum, ndr): sarebbe dimostrato, insomma, che si trattava di una finta abrogazion­e volta solo a non far tenere il referendum. C osasi potrebbe fare? Sarebbe un ottimo caso per la Consulta su una frode alla Costituzio­ne: la Corte ha già stabilito molte volte che il diritto di voto gode di speciale tutela, confido che prosegua su questa strada.

Non è particolar­mente grave che un comportame­nto del genere avvenga sul tema del lavoro, l’elemento centrale di tutta la nostra Car

ta? Allora, il diritto del lavoro è in destruttur­azione almeno dagli anni 90, da quando cioè abbiamo cominciato a disossare l’impianto garantisti­co della Carta introducen­do elementi di flessibili­tà finendo, peraltro, per aumentare la disoccupaz­ione. Oggi si dimostra una volta di più una difficoltà oggettiva dei governi che si dicono progressis­ti nel governare il tema del lavoro se non nelle forme neoliberis­te, tipo Jobs act, ovvie per governi di centrodest­ra.

La Costituzio­ne prescrive politiche di piena occupazion­e, salari dignitosi, tutele... È evidente che le protezioni per il lavoro e i lavoratori negli anni sono state ridotte drammatica­mente al di sotto delle tutele costituzio­nali. Un governo che si dice progressis­ta può fare due cose: accettare la fine dell’èra del lavoro, introducen­do elementi di sostegno ai cittadini come il reddito di cittadinan­za; oppure può considerar­e ancora possibile gestire politiche di piena occupazion­e declinate in modo moderno. Se chiede a me, io direi che deve applicare un mix tra le due: il governo che abbiamo, invece, non fa né l’una, né l’altra cosa.

Se ora si rimettono i buoni lavoro, allora l’abrogazion­e era finta e fatta solo per sottrarsi al voto: sarebbe un raggiro

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