VIALE MAZZINI È LOTTIZZATA: ORA C’È ANZALDI
MATTEO RENZIaveva chiesto ad Antonio Campo Dall'Orto di garantire alla Rai la massima autonomia e indipendenza dal governo e dai partiti. Il problema è che Campo Dall'Orto gli ha creduto. BATTUTA RACCOLTA NEI CORRIDOI DI VIALE MAZZINI
NEL QUADRO della sacrosanta lotta all’ipocrisia nazionale, superate una volta per tutte le inconcludenti mediazioni, oltre i farisaici compromessi e sul solco tracciato da Flavio Insinna (pane al pane e nano al nano) riteniamo che esista un solo e unico candidato antropologicamente adatto a guidare la Rai nell’approssimarsi della nuova era Nazarena del Renzusconismo imperante. Costui si chiama Michele Anzaldi. Per chi non lo conoscesse ancora trattasi del più rigoroso e muscoloso interprete del verbo renziano, assurto a vate della comunicazione del segretario piddino dopo essersi fatto le ossa spezzandole (metaforicamente, s’intende) ai tanti disfattisti e panciafichisti annidati in Saxa Rubra e dintorni. È giunto ilmomento, dunque, di dire basta alla malsana idea che il servizio pubblico radiotelevisivo debba essere al servizio del pubblico, come se bastasse versare una miseria di canone per conoscere (per dire) cosa c’è dentro l’inchiesta Consip o in quali tasche, (per dire) sono finiti i soldi di Banca Etruria. Va affermato il principio che oggi la Rai è di proprietà della politica e nel pieno controllo del Pd e, poiché il Pd è di proprietà di Matteo Renzi, bando alle ciance. Viene così superato il logoro e antiquato concetto di lottizzazione, in forza del quale i partiti avevano diritto alla propria quota di capi struttura, giornalisti e soubrettes sulla base delle rispettive percentuali elettorali. Una volta assicurato il dominio di Renzi (e Berlusconi), infatti, l’innovazione consisterà nell’attribuire i pezzi residui del latifondo Rai direttamente ai maggiori esponenti dei partiti di governo. La formula ‘a ognuno la sua Rai’ è già presente, del resto, nell’attuale Cda dove per esempio, apprendiamo dai giornali, la consigliera Rita Borioni viene catalogata come ‘espressione di Matteo Orfini’. Un concetto rivoluzionario che potrà essere rapidamente esteso ai vari Franceschini, Martina, Rosato eccetera le cui ‘espressioni’ dovranno tra l’altro sovrintendere alla selezione del nuovo personale in vista della prossima decisiva campagna elettorale. Oltre a prepararsi sull’opera omnia di Orfini (testo consigliato: “Cambi di stagione, da Giulio Cesare a D’Alema”) e ad aver letto tutti i romanzi di Franceschini, gli esaminandi superstiti dovranno realizzare un Tg senza notizie sgradite. Che dite, troppo difficile?
Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano
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