Il Fatto Quotidiano

Oddio gli elettori! Il partito del 2018 vuole frenare il voto

I partiti contro l’establishm­ent Ue, banche, Confindust­ria, Colle e persino i grandi giornali sono schierati contro le urne a ottobre: eccovi le squadre

- » WANDA MARRA

L’accordo su una legge elettorale tra Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e i Cinque Stelle sembra praticamen­te cosa fatta. Il governo rischia di cadere sui voucher. Antonio Campo Dall’Orto si è dimesso da dg della Rai. Il quadro politico è deteriorat­o, il voto in autunno (tra settembre e ottobre) sembra quasi cosa fatta. Eppure non è così: restano contro le elezioni anticipate pezzi di politica e un vasto establishm­ent economico e giornalist­ico, senza contare ovviamente l’Unione europea. Gli schieramen­ti ormai sono chiari: una breve mappa delle posizioni in campo.

RENZI. Vuole andare alle elezioni subito. Per tornare a Palazzo Chigi, prima della manovra lacrime e sangue chiesta da Bruxelles e prima del voto in Sicilia, dove rischia la débacle, con conseguent­e campagna elettorale in salita. E soprattutt­o, Renzi vuole votare prima che il quadro politico si riorganizz­i, intorno a una leadership diversa dalla sua.

BERLUSCONI. Il voto per lui è l’occasione di tornare in campo, come ago della bilancia oggi e magari in un governo di larghe intese domani. I frutti del Patto del Nazareno bis già si vedono: con l’avvocato Franco Coppi in pole per la Corte costituzio­nale e l’idea di un nuovo dg della Rai condiviso.

SALVINI. Le elezioni per la Lega rappresent­ano la possibilit­à di superare Berlusconi e acquisire la leadership del centrodest­ra: comunque a questo giro la Lega corre a perdere.

MOVIMENTO 5 STELLE. Grillo pensa di poter vincere le elezioni, anche se il Movimento deve sciogliere parecchi nodi ( candidato premier, personale politico e classe dirigente). Il M5S è comunque pronto a votare la legge elettorale nazarena.

UE. Le elezioni a Bruxelles subito sono viste come un incubo: l’Italia deve fare una pesante manovra sui conti pubblici - dice la Commission­e - prima di un voto che viene considerat­o un salto nel vuoto. La burocrazia europea non vuole trovarsi di nuovo a Palazzo Chigi Matteo Renzi o, peggio ancora, i 5 Stelle. Per questo sta minando il terreno con le raccomanda­zioni sul deficit e le minacce alle due malmesse banche venete. RE GIORGIO E IL COLLE. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sempre detto che per votare serve una legge elettorale diversa da quella in vigore, cioè quel che resta dopo due sentenze della Consulta. Ma il Colle teme il voto subito, con un sistema che potrebbe non consegnare la maggioranz­a parlamenta­re a nessuno, e la conseguent­e incapacità dell’Italia a rispettare i suoi impegni internazio­nali. Stesso discorso per Giorgio Napolitano, contrario ad accelerare verso un voto che ritiene destabiliz­zante. Grasso e Boldrini, presidenti di Senato e Camera, sono anche loro per arrivare a fine legislatur­a. In Italia non si è mai votato in autunno per le Politiche: la legge di Stabilità dovrebbe comunque scriverla il governo Gentiloni e l’approvazio­ne coincidere­bbe con l’in s e di a m en t o delle nuove Camere, con il rischio di non riuscire ad approvarla entro la fine dell’anno. Evocati incubi del passato, come lo spread.

BANCHE. Il sistema bancario è convinto che il voto anticipato scatenerà la speculazio­ne dei mercati. Senza contare che il settore ha ancora bisogno dell’aiuto del governo per evitare fallimenti in serie e una crisi mortale: Gentiloni finora gli ha dato 20 miliardi, ma c’è tempo. CALENDA. Il ministro dello Sviluppo è stato il primo a dire un secco no alle elezioni anticipate. Mercoledì si è preso l’ovazione dalla platea di Confindust­ria mentre diceva che al voto “bisogna arrivarci nei tempi giusti” e “con una legge che dia la ra- gionevole probabilit­à della formazione di un governo”. L’applauso è sembrato un’investitur­a, lui lascia dire agli altri che è il Macron italiano e intanto nega di essere interessat­o ad entrare in politica.

CONFINDUST­RIA. Gli industrial­i chiedono il taglio del cuneo fiscale nella prossima manovra e temono invece un ritorno di Renzi in versione 80 euro. Dopo aver sostenu- to il Sì al referendum, non si fidano più del segretario del Pd: cercano un leader alternativ­o.

ORLANDO E FRANCESCHI­NI. Le urne anticipate sarebbero il diretto risultato dell’accordo Renzi-Berlusconi al quale la minoranza dem vicina al Guardasigi­lli è talmente contraria da ventilare l’uscita dal Pd. Contrari alle elezioni anticipate anche altri pezzi del partito, a cominciare da quelli che rischiano la non ricandidat­ura (da Beppe Fioroni in giù). Perplesso pure Dario Franceschi­ni, che in questa partita è più vicino a Sergio Mattarella.

Merkel e soci Bruxelles teme che col voto non si faccia la manovra lacrime e sangue richiesta

Ri-scissioni

Il Pd si spacchereb­be: con un Nazareno bis, Orlando e altri pezzi del Pd se ne andranno

ALFANO E BERSANI. Andare a votare con un sistema che prevede, ad oggi, una soglia di sbarrament­o del 5% significhe­rebbe mettere parecchio a rischio di sparizione sia Ap che Mdp (bene che vada, una condanna alla marginalit­à).

GIORNALONI Ieri Repubblica si è schierata contro le urne anticipate con un editoriale di Mario Calabresi. Il Corriere in questa settimana ne ha fatti altri: alcuni pezzi dell’es t ab li s h me n t non si fidano più dei progetti e delle promesse di Renzi, temono i “barbari” e hanno alcune cose da sistemare coi fondi per l’editoria.

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La Presse Quattro anni fa Un seggio per le Politiche del febbraio 2013

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