Il Fatto Quotidiano

“Renzusconi” reintroduc­e i voucher e avvicina le urne

I renziani li votano con Fi e Lega, contraria la sinistra dem. Mdp lascia la maggioranz­a

- » TOMMASO RODANO

La maggioranz­a del Pd vota con la destra, reintroduc­e i voucher che aveva cancellato un mese fa per evitare il referendum della Cgil, e galoppa a briglie sciolte verso le elezioni in autunno. Tutto insieme, tutto in poche ore.

Succede a Montecitor­io, commission­e Bilancio. Venerdì sera dopo le 22 il relatore della cosiddetta “manovrina” Mauro Guerra rompe gli indugi e presenta l’emendament­o su cui si discute da oltre 24 ore. Nessuna mediazione: tornano i voucher. Avranno un altro nome e un’altra forma. La seduta è ripresa ieri mattina. Il Pd si spacca per la prima volta dopo il Congresso e le primarie: Cesare Damiano, ex ministro del lavoro con Prodi, guida la protesta degli orlandiani, che si rifiutano di mettere la faccia sull’emendament­o ed escono dalla Commission­e prima che venga approvato.

Anche i deputati di Mdp-Articolo 1 lasciano l’aula e scrivono la parola fine al loro rapporto stabile con la maggioranz­a che regge il governo Gentiloni: “A questo punto non abbiamo più alcun vincolo ”, sancisce Arturo Scotto.

Una norma che sbugiarda il Jobs Act

Il testo della“manov rina” arriva in aula a Montecitor­io martedì. L’ emendament­o contestato introduce due nuove forme di lavoro precario. La prima è il cosiddetto “libretto di famiglia”, che servirà a pagare prestazion­i occasional­i per piccoli lavori domestici come pulizia, manutenzio­ne della casa e baby-sitting.

La seconda è il “contratto di prestazion­e occasional­e”, il vero sostituto dei buoni per le imprese. Rispetto ai vecchi voucher il compenso per chi lavora aumenta da 7,50 euro netti a un minimo di 9 euro l’ora, mentre la quota contributi­va a carico del datore sale al 33%. Il tetto ai compensi è fissato a 5mila euro l’anno per singola impresa, mentre ogni lavoratore potrà ricevere fino a 2.500 euro l’anno dallo stesso datore di impiego, per un massimo di 4 ore continuati­ve al giorno per prestazion­e.

I nuovi voucher riguardera­nno le microimpre­se, che però sono la stragrande maggioranz­a del tessuto produttivo italiano (per l’Istat il 90% delle aziende italiane conta meno di 10 dipendenti). Leggendo il testo de ll ’ emendament­o, si scopre un’altra sorpresa: potranno accedere al contratto di prestazion­e occasional­e tutte le imprese con meno di 5 dipendenti a tempo indetermin­ato. Nel conteggio, quindi, non sono considerat­i collaborat­ori, stagisti, contratti a termine. Per Damiano è un controsens­o: “In questo modo si rischia di incentivar­e le imprese a minimizzar­e il numero di dipendenti a tempo indetermin­ato. Esattament­e il contrario di quello che era stato sbandierat­o come l’obiettivo del Jobs Act di Renzi: dopo aver sostenuto che bisognava far costare di meno il lavoro stabile, si fa una norma per far costare di meno il lavoro iper flessibile. Hanno giustifica- to il bisogno di reintrodur­re i voucher per colmare un vuoto normativo per le imprese. Falso: hanno già a disposizio­ne il job on call, l’interinale e il contratto a termine”.

Il piano inclinato verso il voto in autunno

Il risultato è che il Pd renziano ha portato a casa una nuova accelerazi­one sul piano inclinato che porta alla fine anticipata della legislatur­a. L’emendament­o sui voucher è un provvedime­nto di destra votato conl adestra. Ire nzianis el osono approvatop rati camen teda soli, insieme a Forza Italia e Lega (contrari anche Cinque Stelle e Sinistra italiana). Pure Michele Emiliano, che non ha uomini in Commission­e Bilancio (tranne il presidente Francesco Boccia che però non vota per garbo istituzion­ale) è deluso soprattutt­o dal metodo – più che sul merito – con cui è stata gestita la partita sui buoni lavoro: senza una discussion­e e senza coinvolger­e la Cgil, dopo aver aggirato un referendum promosso con 3 milioni di firme. Susanna Camusso ha già fatto sapere che il sindacato sta valutando il ricorso alla Corte Costituzio­nale e una manifestaz­ione nazionale il 17 giugno a Roma.

Lo strappo del governo con gli ex Pd di Articolo 1, i cui numeri sono decisivi al Senato, è ormai un dato di fatto. Scotto ha sottolinea­to ironicamen­te la celebrazio­ne del nuovo Nazareno allargato: “Quello sui voucher non è l’ultimo voto della legislatur­a. Ma il primo della prossima. Renzi, Berlusconi e Salvini insieme”.

Il capogruppo re nzia no Ettore Rosato ha messo le mani avanti: “Mi auguro che al Senato Mdp mantenga fede agli impegni che ha assunto anche davanti ai suoi elettori dicendo che avrebbe sostenuto con lealtà il governo, dopodiché ognuno si assumerà sua responsabi­lità”. Gli ha replicato Francesco Laforgia: “Il gioco del cerino non funziona più. Il Pd ha deciso di recitare il de profundis al governo per assecondar­e il desiderio di Renzi di andare al voto”.

L’ex ministro Damiano: “Così Renzi smentisce se stesso, alle imprese non converrà stabilizza­re”

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Ansa/LaPresse Di piazza e di governo Una manifestaz­ione della Cgil e l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano
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