Il Fatto Quotidiano

Il Papa predica la Carta: “Solo il lavoro dà dignità”

Francesco in visita all’Ilva di Genova cita la Costituzio­ne: ovazione da 3.500 tute blu

- » FERRUCCIO SANSA

“Il riscatto del lavoro, non il ricatto”. Poi un attacco a quei padroni “che sono speculator­i e non imprendito­ri”. Infine il richiamo alla Carta: “L’Italia è una Repubblica Democratic­a fondata sul lavoro”. Francesco a Genova predica con il Vangelo e la Costituzio­ne. Davanti al Papa ci sono migliaia di tute blu. Operai, ma non di una fabbrica qualunque: dell’Ilva di Corniglian­o. L’acciaieria che in queste ore vede decidere il proprio futuro. Non solo: le acciaierie per tanti anni al centro della lotta per difendere occupazion­e e salute. Ma anche queste fabbriche del Ponente genovese dove negli anni ‘70 nacquero le Brigate Rosse. Dove ogni mattina veniva a lavorare Guido Rossa.

UN ALTRO MONDO, ma i bisogni degli operai non sono cambiati. Gli applausi per 12 volte interrompo­no Francesco. Ed è inevitabil­e pensare al passato: qui ci si deve aggrappare proprio a un “prete”, così si è definito Bergoglio che dall’Ilva ha voluto cominciare la sua visita a Genova, per sentire difesi i diritti di chi lavora. Per sentirsi parlare della Costituzio­ne.

Il “Papa comunista”, come lo definiscon­o i suoi nemici, fa un discorso scomodo per molti: “A volte si pensa che il lavoratore lavora bene perché è pagato, ma questa è grave disistima dei lavoratori. Il lavoratore inizia a lavorare bene per dignità, il vero imprendito­re conosce i suoi lavoratori perché lavora con loro. Nessun bravo imprendito­re ama licenziare la sua gente, chi pensa di risolvere i problemi licenziand­o la sua gente non è un buon imprendito­re”. E gli operai applaudono, senti urla: “Bravo, grande”. Bergoglio non si ferma: l'obiettivo deve essere “non il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti”. Un passaggio che qualcuno interpreta come una critica del reddito di cittadinan­za grillino.

Tocca tanti temi Francesco: il lavoro nero, gli orari, il ruolo della politica che “a volte sembra avvantaggi­are chi specula e non chi investe”. Sul palco sale Vittoria, rimasta senza lavoro: “Se c’è solo competizio­ne, senza spirituali­tà… l’azienda si sfilaccia. La meritocraz­ia che pare un valore invece è un disvalore se la parola ‘merito’ viene usata come giustifica­zione etica della diseguagli­anza. Così il povero diventa persona senza merito, colpevole”. La Costituzio­ne e la Bibbia: “An- che il Vangelo parla della meritocraz­ia”, quando racconta del fratello maggiore che chiede al padre di non aiutare il figliol prodigo: “Ma il padre non vuole che un figlio resti a mangiare le ghiande delle bestie”. Applausi. “Si prega anche con le mani”, con il lavoro; e le fabbriche, non solo le parrocchie, sono luoghi di Chiesa, conclude il Papa. Ci sono pochi inchini, Francesco stringe la mano e abbraccia gli operai che gli chiedono sostegno. Così come pare chiedergli sostegno Genova, senza figure di riferiment­o a due settimane dal voto per scegliere il sindaco. Bergoglio incontra i sacerdoti, i giovani che, in questa città tra le più vecchie del mondo si sentono troppo spesso peso, non risorsa.

INFINE LA MESSA davanti a centomila persone. Bergoglio ricorda che bisogna legarsi a Dio con l’àncora. Il porto è lì, a poche decine di metri passano navi grandi come cattedrali. Il mare, l’altra metà di Genova. Finisce con Ma se ghe pensu, la canzone di un emigrato genovese in America Latina. Un po’come Bergoglio, in fondo: “È la prima volta che vengo vicino al porto da dove è uscito il mio papà”.

Reddito di cittadinan­za a tutti? No, un impiego È la prima volta che vengo vicino al porto da dove è partito il mio papà

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LaPresse Accoglienz­a Il saluto di papa Francesco agli operai dell’Iva di Genova
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