Banche venete, Gentiloni chiede aiuto alla Merkel
Fusione a tre? Ipotesi di unione tra Mps (già promosso) e Pop. Vicenza e Veneto Banca (a rischio crac ) per aggirare la severità di Bruxelles
La crisi delle due banche popolari venete rischia di trascinare a picco, oltre a un pezzo dell’economia nazionale, anche il governo e i vertici della Banca d’Italia. La situazione è disperata al tal punto che da ieri si contano due novità di rilievo. Stando a quanto risulta al Fatto, Paolo Gentiloni ha deciso di intervenire e ha parlato della sorte di Popolare di Vicenza e Veneto Banca con Angela Merkel durante i colloqui del G7 a Taormina.
In sintesi, il premier avrebbe chiesto alla cancelliera di ammorbidire la posizione tedesca - che a Bruxelles conta più di qualunque altra cosa - sulla vicenda nella speranza così di ammorbidire anche la Commissione europea. Merkel avrebbe mostrato di comprendere il problema, ma spiegato a Gentiloni di non poter contenere facilmente la linea oltranzista di parte della Cdu, il suo partito, che fa capo al ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Nel ruolo del poliziotto cattivo.
L’altra novità è l’ipotesi, disperata, finita sul tavolo dei protagonisti: la fusione a tre tra le due popolari venete e il Monte dei Paschi, sempre nel tentativo di salvare le prime due visto che per Siena la soluzione sembra più vicina. Manca, però, chi si prenda la briga d’intestarsela pubblicamente. Bankitalia e ministero dell’Economia se la rimpallano, disperati anche loro.
DA GIORNI i vertici di Pop Vicenza e Veneto Banca sono in agitazione massima. Giovedì si sono presentati alla riunione con Pier Carlo Padoan con l’ipotesi di dimettersi se il ministro non gli avesse dato un segnale di garanzia sulla tenuta dei due istituti. Le due banche hanno già presentato all’Ue i loro piani di ristrutturazione, che prevedono la loro fusione, con una fabbisogno di capitale totale stimato in 6,4 miliardi e lo smaltimento di 9,6 miliardi di crediti in sofferenza. Ma servono i soldi dello Stato.
Dopo un’iniziale via libera, però, qualcosa pare cambiato a livello Ue, forse anche per effetto del risultato elettorale francese. La direzione Concorrenza della Commissione, guidata da Margrethe Vestager, ha infatti deciso a sorpresa nelle scorse settimane che dei 6,4 miliardi, almeno 1,5 dovranno metterceli i privati, a copertura di nuove svaluta- zioni sulle sofferenze. La richiesta è stata fatta filtrare alla Reuters. Risultato: il panico.
Da mesi Padoan è in balia dell’Antitrust Ue e della Bce sulla crisi bancaria italiana. Otto mesi fa la vigilanza di Francoforte, guidata da Danièle Nouy, ha ordinato a Mps un aumento di capitale da 5 miliardi senza dare spiegazioni. A Natale - dopo che l’aumento “privato” sognato da Matteo Renzi con Jp Morgan era fallito - ha ordinato l’espiazione: i miliardi sono saliti a 8,8. Padoan ha accusato la Bce di essere poco trasparente: non si capisce, in sostanza, come avrebbe calcolato il fabbisogno di capitale. Poi ha obbe- dito e il 23 dicembre il governo ha stanziato 20 miliardi per salvare le banche. Solo che il decreto scritto al Tesoro subordina qualunque operazione all’ok di Bce e Commissione. I contatti per Mps sono partiti subito: se, come sembra, per Siena la soluzione arriverà tra giugno e luglio, la partita si chiuderebbe in sei mesi. Le due venete non hanno questo tempo e la decisione di non unire i dossier bancari fatta dal governo si sta rivelando disastrosa. I due istituti sono in condizioni critiche. L’ad di Vicenza, Fabrizio Viola, ha ottenuto l’ok ad emettere obbligazioni garantite dallo Stato per 2,2 miliardi, dopo i 5,2 già emessi a febbraio. Veneto Banca ne ha emesse per altri 1,4 miliardi. Intanto, la fuga dai conti correnti è lenta ma costante, il nervosismo alle stelle: raccontano nei palazzi romani che il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda avrebbe confessato il suo disappunto per la cedevolezza di Padoan ai diktat europei ad alcuni imprenditori preoccupati durante l’assemblea di Confindustria di mercoledì.
IN VENETO va anche peggio. Gli amministratori delle due banche sanno che se il salvataggio pubblico non dovesse arrivare e scattasse il bail-in si troverebbero a dover spiegare a un magistrato perché non hanno preso atto prima che le due banche erano decotte. Padoan, come prima il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, li ha convinti a restare, ma non lo faranno a lungo. Il fondo Atlante, che controlla le due banche, ha già detto che non ci metterà più un euro, così come altri istituti. Si studiano maxi tagli e si cercano cavalieri bianchi, ma con poca speranza. Per questo si studia pure la mossa disperata: la fusione a tre con Mps. Un’ipotesi ardita, che avrebbe costi altissimi visto che i tre istituti si sovrappongono in molte aree. Il solo fatto che ci pensino dà l’idea della situazione.
Colloquio al G7
La cancelliera scarica sul ministro Schauble la linea dura europea sul salvataggio statale