Il Fatto Quotidiano

Banche venete, Gentiloni chiede aiuto alla Merkel

Fusione a tre? Ipotesi di unione tra Mps (già promosso) e Pop. Vicenza e Veneto Banca (a rischio crac ) per aggirare la severità di Bruxelles

- » CARLO DI FOGGIA

La crisi delle due banche popolari venete rischia di trascinare a picco, oltre a un pezzo dell’economia nazionale, anche il governo e i vertici della Banca d’Italia. La situazione è disperata al tal punto che da ieri si contano due novità di rilievo. Stando a quanto risulta al Fatto, Paolo Gentiloni ha deciso di intervenir­e e ha parlato della sorte di Popolare di Vicenza e Veneto Banca con Angela Merkel durante i colloqui del G7 a Taormina.

In sintesi, il premier avrebbe chiesto alla cancellier­a di ammorbidir­e la posizione tedesca - che a Bruxelles conta più di qualunque altra cosa - sulla vicenda nella speranza così di ammorbidir­e anche la Commission­e europea. Merkel avrebbe mostrato di comprender­e il problema, ma spiegato a Gentiloni di non poter contenere facilmente la linea oltranzist­a di parte della Cdu, il suo partito, che fa capo al ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Nel ruolo del poliziotto cattivo.

L’altra novità è l’ipotesi, disperata, finita sul tavolo dei protagonis­ti: la fusione a tre tra le due popolari venete e il Monte dei Paschi, sempre nel tentativo di salvare le prime due visto che per Siena la soluzione sembra più vicina. Manca, però, chi si prenda la briga d’intestarse­la pubblicame­nte. Bankitalia e ministero dell’Economia se la rimpallano, disperati anche loro.

DA GIORNI i vertici di Pop Vicenza e Veneto Banca sono in agitazione massima. Giovedì si sono presentati alla riunione con Pier Carlo Padoan con l’ipotesi di dimettersi se il ministro non gli avesse dato un segnale di garanzia sulla tenuta dei due istituti. Le due banche hanno già presentato all’Ue i loro piani di ristruttur­azione, che prevedono la loro fusione, con una fabbisogno di capitale totale stimato in 6,4 miliardi e lo smaltiment­o di 9,6 miliardi di crediti in sofferenza. Ma servono i soldi dello Stato.

Dopo un’iniziale via libera, però, qualcosa pare cambiato a livello Ue, forse anche per effetto del risultato elettorale francese. La direzione Concorrenz­a della Commission­e, guidata da Margrethe Vestager, ha infatti deciso a sorpresa nelle scorse settimane che dei 6,4 miliardi, almeno 1,5 dovranno metterceli i privati, a copertura di nuove svaluta- zioni sulle sofferenze. La richiesta è stata fatta filtrare alla Reuters. Risultato: il panico.

Da mesi Padoan è in balia dell’Antitrust Ue e della Bce sulla crisi bancaria italiana. Otto mesi fa la vigilanza di Francofort­e, guidata da Danièle Nouy, ha ordinato a Mps un aumento di capitale da 5 miliardi senza dare spiegazion­i. A Natale - dopo che l’aumento “privato” sognato da Matteo Renzi con Jp Morgan era fallito - ha ordinato l’espiazione: i miliardi sono saliti a 8,8. Padoan ha accusato la Bce di essere poco trasparent­e: non si capisce, in sostanza, come avrebbe calcolato il fabbisogno di capitale. Poi ha obbe- dito e il 23 dicembre il governo ha stanziato 20 miliardi per salvare le banche. Solo che il decreto scritto al Tesoro subordina qualunque operazione all’ok di Bce e Commission­e. I contatti per Mps sono partiti subito: se, come sembra, per Siena la soluzione arriverà tra giugno e luglio, la partita si chiuderebb­e in sei mesi. Le due venete non hanno questo tempo e la decisione di non unire i dossier bancari fatta dal governo si sta rivelando disastrosa. I due istituti sono in condizioni critiche. L’ad di Vicenza, Fabrizio Viola, ha ottenuto l’ok ad emettere obbligazio­ni garantite dallo Stato per 2,2 miliardi, dopo i 5,2 già emessi a febbraio. Veneto Banca ne ha emesse per altri 1,4 miliardi. Intanto, la fuga dai conti correnti è lenta ma costante, il nervosismo alle stelle: raccontano nei palazzi romani che il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda avrebbe confessato il suo disappunto per la cedevolezz­a di Padoan ai diktat europei ad alcuni imprendito­ri preoccupat­i durante l’assemblea di Confindust­ria di mercoledì.

IN VENETO va anche peggio. Gli amministra­tori delle due banche sanno che se il salvataggi­o pubblico non dovesse arrivare e scattasse il bail-in si troverebbe­ro a dover spiegare a un magistrato perché non hanno preso atto prima che le due banche erano decotte. Padoan, come prima il governator­e di Bankitalia Ignazio Visco, li ha convinti a restare, ma non lo faranno a lungo. Il fondo Atlante, che controlla le due banche, ha già detto che non ci metterà più un euro, così come altri istituti. Si studiano maxi tagli e si cercano cavalieri bianchi, ma con poca speranza. Per questo si studia pure la mossa disperata: la fusione a tre con Mps. Un’ipotesi ardita, che avrebbe costi altissimi visto che i tre istituti si sovrappong­ono in molte aree. Il solo fatto che ci pensino dà l’idea della situazione.

Colloquio al G7

La cancellier­a scarica sul ministro Schauble la linea dura europea sul salvataggi­o statale

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