Il mago Sawiris, lavoratori in cassa e super dividendo
Si adontano se li chiamano prenditori anziché imprenditori, eppure, se una volta dicessimo chiaro come hanno la faccia, il termine di paragone dovrebbe offendersi più di loro. L’ignorante che non ha studiato alla Bocconi si chiede: è mai pensabile che un’azienda che ha
600 lavoratori in cassa integrazione e dintorni distribuisca agli azionisti un dividendo pari a un quarto del patrimonio netto della società? L’economista che si arricchisce insegnando a lorsignori i trucchi del mestiere risponde: sì, è possibile e consentito.
È accaduto nei giorni scorsi nel saloon che chiamano Borsa italiana e che risulta formalmente vigilato da uno sceriffo piuttosto distratto (la Consob). Gli azionisti di Italiaonline, la società quotata che fa capo al finanziere egiziano Naguib Sawiris, hanno imposto al consiglio d’amministrazione, che aveva deciso di non distribuire cedole, di attingere alle riserve e regalare agli azionisti 0,692 euro per ogni azione, il cui ultimo prezzo in Borsa è stato 2,66 euro. Un rendimento secco del 26 per cento, ottenuto risucchiando 80 dei 121 milioni di liquidità che aveva in cassa Italiaonline. Questi 80 milioni di euro sono un quarto del patrimonio netto ma anche un quarto del valore di Borsa della società.
E adesso attenzione. Come dicono al circo: sempre più difficile! Italiaonline è la società con cui Sawiris ha conquistato il controllo della vecchia Seat Pagine Gialle, ex campione della new economy che nel 2000 la Telecom Italia di Roberto Colaninno riuscì a far valutare 40 miliardi di euro. Da allora il declino è stato inesorabile e la società è passata da uno scalatore all’altro, tutti accomunati dal vizietto di estrarre dall’azienda comprata il denaro speso per comprarla. Il prossimo 27 settembre inizierà a Torino il processo per bancarotta fraudolenta a 15 valenti finanzieri che, secondo l’accusa, nel 2004 decisero di distribuire un dividendo straordinario di 3,6 miliardi per ripagare gli azionisti dello sforzo fatto per comprare la Seat. Da quell’operazione è iniziato il lungo declino dell’ex società delle Pagine Gialle, uscita solo due anni fa da un concordato preventivo punitivo per i creditori: 1,5 miliardi di debiti sono stati trasformati in azioni della Seat, che oggi valgono in tutto 307 milioni.
POI È ARRIVATO Sawiris che si è preso la società, ancora quotata in Borsa, investendo 61 milioni. Infine nel 2016 ha fuso Seat con Italiaonline e quest’ultima ha dato il nome alla società quotata. Inutile dire che i 121 milioni di liquidità di cui sopra, risucchiati per due terzi dalla distribuzione del dividendo, erano nelle casse di Seat.
C’è però un altro aspetto, che non riguarda la Consob e il far west della Borsa Italiana. I sindacati di Torino, città dove è la storica sede Seat – e solo loro, perché quando “i padroni” la fanno grossa i leader nazionali dei sindacati fanno sempre finta di non vedere, impegnati come sono a volare alto nei talk show– notano che, tenendo 600 persone in cassa integrazione, Italiaonline-Seat ha realizzato l’anno scorso un risparmio di 21 milioni sul costo del lavoro, che ha contribuito decisivamente all’utile netto di 28 milioni. Scaricando sulla collettività parte del costo del lavoro, Sawiris ha ottenuto che lo Stato gli finanziasse utile e dividendo, copiando un’abitudine ormai consolidata dei colleghi italiani. È vero che dobbiamo tenerci buoni i capitalisti stranieri sennò, minacciano gli uomini di mondo, non vengono più a investire in Italia. Ma se i risultati sono questi, non sarebbe il caso che il governo si occupasse del fenomeno? Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, per esempio, potrebbe organizzare una partita a calcetto con Sawiris e nello spogliatoio, a tradimento, fargli una domanda.
Twitter@giorgiomeletti