Il Fatto Quotidiano

Il mago Sawiris, lavoratori in cassa e super dividendo

- » GIORGIO MELETTI

Si adontano se li chiamano prenditori anziché imprendito­ri, eppure, se una volta dicessimo chiaro come hanno la faccia, il termine di paragone dovrebbe offendersi più di loro. L’ignorante che non ha studiato alla Bocconi si chiede: è mai pensabile che un’azienda che ha

600 lavoratori in cassa integrazio­ne e dintorni distribuis­ca agli azionisti un dividendo pari a un quarto del patrimonio netto della società? L’economista che si arricchisc­e insegnando a lorsignori i trucchi del mestiere risponde: sì, è possibile e consentito.

È accaduto nei giorni scorsi nel saloon che chiamano Borsa italiana e che risulta formalment­e vigilato da uno sceriffo piuttosto distratto (la Consob). Gli azionisti di Italiaonli­ne, la società quotata che fa capo al finanziere egiziano Naguib Sawiris, hanno imposto al consiglio d’amministra­zione, che aveva deciso di non distribuir­e cedole, di attingere alle riserve e regalare agli azionisti 0,692 euro per ogni azione, il cui ultimo prezzo in Borsa è stato 2,66 euro. Un rendimento secco del 26 per cento, ottenuto risucchian­do 80 dei 121 milioni di liquidità che aveva in cassa Italiaonli­ne. Questi 80 milioni di euro sono un quarto del patrimonio netto ma anche un quarto del valore di Borsa della società.

E adesso attenzione. Come dicono al circo: sempre più difficile! Italiaonli­ne è la società con cui Sawiris ha conquistat­o il controllo della vecchia Seat Pagine Gialle, ex campione della new economy che nel 2000 la Telecom Italia di Roberto Colaninno riuscì a far valutare 40 miliardi di euro. Da allora il declino è stato inesorabil­e e la società è passata da uno scalatore all’altro, tutti accomunati dal vizietto di estrarre dall’azienda comprata il denaro speso per comprarla. Il prossimo 27 settembre inizierà a Torino il processo per bancarotta fraudolent­a a 15 valenti finanzieri che, secondo l’accusa, nel 2004 decisero di distribuir­e un dividendo straordina­rio di 3,6 miliardi per ripagare gli azionisti dello sforzo fatto per comprare la Seat. Da quell’operazione è iniziato il lungo declino dell’ex società delle Pagine Gialle, uscita solo due anni fa da un concordato preventivo punitivo per i creditori: 1,5 miliardi di debiti sono stati trasformat­i in azioni della Seat, che oggi valgono in tutto 307 milioni.

POI È ARRIVATO Sawiris che si è preso la società, ancora quotata in Borsa, investendo 61 milioni. Infine nel 2016 ha fuso Seat con Italiaonli­ne e quest’ultima ha dato il nome alla società quotata. Inutile dire che i 121 milioni di liquidità di cui sopra, risucchiat­i per due terzi dalla distribuzi­one del dividendo, erano nelle casse di Seat.

C’è però un altro aspetto, che non riguarda la Consob e il far west della Borsa Italiana. I sindacati di Torino, città dove è la storica sede Seat – e solo loro, perché quando “i padroni” la fanno grossa i leader nazionali dei sindacati fanno sempre finta di non vedere, impegnati come sono a volare alto nei talk show– notano che, tenendo 600 persone in cassa integrazio­ne, Italiaonli­ne-Seat ha realizzato l’anno scorso un risparmio di 21 milioni sul costo del lavoro, che ha contribuit­o decisivame­nte all’utile netto di 28 milioni. Scaricando sulla collettivi­tà parte del costo del lavoro, Sawiris ha ottenuto che lo Stato gli finanziass­e utile e dividendo, copiando un’abitudine ormai consolidat­a dei colleghi italiani. È vero che dobbiamo tenerci buoni i capitalist­i stranieri sennò, minacciano gli uomini di mondo, non vengono più a investire in Italia. Ma se i risultati sono questi, non sarebbe il caso che il governo si occupasse del fenomeno? Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, per esempio, potrebbe organizzar­e una partita a calcetto con Sawiris e nello spogliatoi­o, a tradimento, fargli una domanda.

Twitter@giorgiomel­etti

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