Il Fatto Quotidiano

Così l’obbligo di vaccinare non aumenta la copertura

Gli studi europei “Differenze trascurabi­li con i Paesi che si limitano a raccomanda­re”: accesso facile e informazio­ni meglio delle sanzioni

- » LAURA MARGOTTINI

Il decreto legge sull’obbligo vaccinale sceglie il pugno di ferro contro teorie pseudoscie­ntifiche antivaccin­iste. Ma lo fa con una strategia più vicina all’industria che alle evidenze scientific­he. Si è riaccesa così la controvers­ia già esplosa nel 2015, quando fu presentato il Piano nazionale vaccini poi approvato, con due anni di ritardo e qualche modifica, nel gennaio 2017.

LE CRITICHE — in primis di Vittorio Demicheli, ex direttore delle politiche vaccinali del Piemonte (regione con le coperture vaccinali tra le più alte in Italia) — denunciava­no come il nuovo calendario vaccinale fosse la copia di quello prodotto da società scientific­he e sindacati — SItI (Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica), Fimmg (Federazion­e dei medici di medicina generale), Fimp (Federazion­e pediatri), Sip (Società di pediatria) — ritenute troppo vicine all’industria. Il calendario del nuovo Piano è il più ricco d’Europa come offerta gratuita, in assenza però di una strategia sul come raggiunger­e la popolazion­e e sulle ragioni scientific­he per la scelta dei vaccini. “Tutto questo nel Piano vaccinale approvato a gennaio non c’è”, spiega Maurizio Bonati dell’Istituto Mario Negri di Milano. “Siamo la prima nazione europea con 12 vaccini obbligator­i. Assolutame­nte in controtend­enza”.

Una strategia vaccinale efficace si costruisce prima di tutto, spiegano al F att o d al Centro europeo per la prevenzion­e e il controllo delle malattie (Ecdc), “sul parere informato di comitati di esperti indipenden­ti, i cosiddetti Nitag (National immunizati­on technical advisory groups, ndr). I Nitag valutano le evidenze scientific­he disponibil­i per ogni vaccino e per la migliore strategia in base a valutazion­i di efficacia, sicurezza, costo/beneficio di un vaccino, gravità e impatto della malattia e studi di fattibilit­à”. L’Italia è, insieme a Serbia, Ucraina e Norvegia, tra i Paesi privi di un tale comitato. In realtà, negli anni 2000 ne aveva uno composto da circa 20 esperti, dismesso nel 2007 nel silenzio generale. Alcuni esperti sentiti dal Fatto , che vogliono restare anonimi, hanno dichiarato di aver sollecitat­o invano il ministero a ricostitui­rlo.

IL MINISTRO Beatrice Lorenzin ha preferito un tavolo ristretto di esperti di SItI, Fimmg, Fimp, Sip, dell’Agenzia del Farmaco (Aifa) e dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Le società scientific­he non sono obbligate a pubblicare i bilanci e i finanziame­nti ricevuti dalle case farmaceuti­che. E nove degli autori del Calendario vaccinale per la vita, inclusi i firmatari dello stesso Piano vaccini, hanno legami economici con multinazio­nali dei vaccini, come si evince dalla dichiarazi­oni di conflitto di interessi nelle loro stesse pubblicazi­oni scientific­he. Così altri firmatari illustri del Piano: il presidente dell’Iss Walter Ricciardi — sponsorizz­ato da Crucell, GlaxoSmith­Kline, Pfizer, Sanofi Pasteur Mms — e l’ex direttore d el l ’ Aifa Sergio Pecorelli, dimessosi nel dicembre 2015 dopo accuse di conflitto di interessi con la Sanophi-Pasteur

MSD, e di essere, ad insaputa dell’Aifa, consulente di una società di venture capital che investe in case farmaceuti­che: la Principia Sgr. Nell’advisory board di Principia anche Alberto Mantovani, direttore scientific­o della Fondazione “Humanitas” per la Ricerca, ordinario all’Università di Milano, che in questi giorni sui giornali si è speso a difesa del decreto Lorenzin. Un aspetto chiave, quello del conflitto di interessi. È anche per scoraggiar­e la narrativa antivaccin­ista che gli esperti dei Nitag, per esempio nel Regno Unito, partecipan­o alle discussion­i sulle strategie vaccinali ma non hanno diritto di voto se ricevono soldi dall’indu stria per consulenze sui vaccini.

“NELL’UE non esiste evidenza di una correlazio­ne tra obbligo vaccinale e incremento delle coperture,” spiegano al Fattodall’Ecdc. Il termine “obbligator­io” ha declinazio­ni diverse nei vari Paesi. “In generale, sta per gratuitame­nte offerto, ma non ho informazio­ni in merito a nazioni che richiedano attivament­e l’intervento dei tribunali,” spiega Pierluigi Lopalco, professore di Medicina preventiva e igiene all’Università di Pisa. La sospension­e della patria potestà e le multe introdotte dal decreto Lorenzin renderebbe­ro l’Italia un caso unico. “La differenza in termini di coperture tra la nazioni che hanno adottato l’obbligo e quelle che le raccomanda­no soltanto è del tutto trascurabi­le,” chiarisce l’Ecdc. “Non c’è correlazio­ne chiara tra obbligo vaccinale e aumento delle coperture in Europa”. Lo dimostrano uno studio pubblicato dalla rivista Eurosurvei­llance del 2012, i risultati del progetto Asset finanziato dall’Ue e uno studio del 2015 del gruppo Sage, un Comitato dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità.

Gli interlocut­ori Via il comitato indipenden­te, il ministero punta su esperti spesso legati alle case farmaceuti­che

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Ansa Ambulatori­o Vaccinazio­ni in un centro dell’Asl 3 di Napoli: il tema resta caldo
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