Il Fatto Quotidiano

Musei, Franceschi­ni ha violato una sua legge. E ora la cambia

DARIO PASTICCIOE­ra a Palazzo Chigi quando fu introdotto l’obbligo di italianità

- » GIAMPIERO CALAPÀ E THOMAS MACKINSON

■ Il giovane sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio del governo Amato (2001) contro il ministro dei Beni culturali dei governi Renzi-Gentiloni (2017): è anche di Dario Franceschi­ni la norma anti-stranieri dirigenti dei Musei che disarciona Assmann a Mantova. Ma ora il Pd prova a salvarlo nella “manovrina”

Che pasticciac­cio brutto per Dario Franceschi­ni. L’attuale ministro dei Beni culturali era sottosegre­tario a Palazzo Chigi nel 2001 e, quindi, è anche suo il “merito” della legge applicata dal Tar del Lazio per la sentenza sulle nomine dei direttori dei Poli museali voluti dallo stesso Franceschi­ni sedici anni dopo.

Per rimediare al gran pasticcio si fa avanti Mauro Guerra, deputato del Partito democratic­o, che firma in commission­e Bilancio un emendament­o alla “manovrina”, con lo scopo di superare, o meglio, aggirare la legge indigesta provenient­e dal passato di Franceschi­ni. Putiferio politico scontato con le opposizion­i, dai Cinque stelle a Forza Italia, che gridano alla “gravissima forzatura” e al “palliativo ridicolo”. Insomma, ci sono tutti gli ingredient­i per uno psicodramm­a all’italiana. Che parte, quindi, da lontano. Il decreto legislativ­o 165 è del 30 marzo 2001: Dario Franceschi­ni è sottosegre­ta- rio alla Presidenza del Consiglio con delega alle riforme dal 22 dicembre 1999, portato a Palazzo Chigi dal premier Massimo D’Alema e poi confermato da Giuliano Amato. Secondo l’articolo 38 di quella legge “i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministra­zioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale”.

FRANCESCHI­NI il 22 febbraio 2014 viene scelto come ministro da Matteo Renzi. Comincia così la rivoluzion­e dei Beni culturali con il depotenzia­mento delle Soprintend­enze e la creazione dei venti Poli museali guidati da super-manager: il Tar del Lazio tre giorni fa boccia le nomine di cinque direttori dei musei, facendo riferiment­o all’articolo 38 della legge 165 ma non solo, anche a scarsi criteri di trasparenz­a nella selezione dei vincitori. L’italico pasticciac­cio brutto non finisce qui, ieri sul Corriere della Sera Sergio Rizzo fa notare un parere di due anni fa del consiglier­e di Stato Paolo Carpentier­i, capo dell’Ufficio legislativ­o del Mibact, che contraddic­e il Tar del Lazio: non si può impedire il “conferimen­to dell’incarico di direttore di museo statale a stranie- ri (...)” perché “sarebbe in violazione del diritto europeo e nazionale riservare detto incarico a cittadini italiani”. Ma bisogna registrare anche che l’unico super-manager straniero dei cinque bocciati dal Tar è l’austriaco Peter Assmann alla guida del Palazzo Ducale di Mantova: gli altri quattro sono italiani e infatti, va ribadito, il Tar del Lazio contesta soprattutt­o la scarsa trasparenz­a del concorso-selezione- nomine rilevando “criteri di natura magmatica” nelle scelte finali. In questa strepitosa confusione generale arriva in soccorso della figura donchiscio­ttesca di Franceschi­ni un deputato del Pd, Mauro Guerra, pronto a sfoderare il comma ad Assmann, il 7bis, piazzato nella “manovrina” con l’emendament­o all’articolo 22: “Alla procedura di selezione pubblica internazio­nale prevista non si applicano i limiti di accesso di cui all’articolo 38 del decreto legi- slativo 31 marzo 2001 n° 165”. (Qui c’è pure un errore, il d.lgs. è del 30, non del 31 marzo). Il voto sulla “manovrina” sarà tra qualche giorno alla Camera, quindi se venisse approvata Assmann potrebbe ritornare in sella a Mantova prima della nuova sentenza del Consiglio di Stato? Il ministero dei Beni culturali ha provveduto a nominare cinque direttori ad in

terim già venerdì, tra cui a Palazzo Ducale Stefano L’Occaso che, però, è pronto a farsi da parte come si evince da una e

mail inviata ieri ai dipendenti: “Prego il dott. Assmann, qualora lo desiderass­e, di rimanere nel suo alloggio e nel suo ufficio del Palazzo Ducale, in attesa della risoluzion­e (credo e spero a breve) della questione sollevata dal Tar Lazio. Prego quindi il Personale tutto di dare la massima collaboraz­ione, al fine di garantire la permanenza del dott. Assmann in uffici e Museo”.

Il “salva-austriaco” Commission­e bilancio: comma “ad Assmann”, l’unico straniero “colpito” dal Tar Lazio

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2001-2017 Franceschi­ni a distanza di 16 anni
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