Il Fatto Quotidiano

Non lo vediamo, ma Gesù è vicino: sta a noi andare incontro a lui e agli altri

- » MONS. MARCELLO SEMERARO* *Vescovo di Albano

“Mentre lo guardavano, fu elevato in cielo e una nube lo sottrasse ai loro occhi”: se la parola ascensione indica per Gesù un movimento di elevazione, per i discepoli l’effetto è quello di una sparizione. Non lo vedono più, perché egli se ne andava. Oggi la Chiesa celebra l’ultimo evento visibile di Cristo prima del suo ritorno alla fine dei tempi (il tema è nel racconto degli Atti degli Apostoli, scelto per la Messa come prima lettura, e torna nella nostra profession­e di fede: “Di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti”). Non è, però, tempo di lontananza da lui, né egli è distante da noi.

GESÙ, ANZI, ci assicura, la sua compagnia: “Io sono con voi tutti i giorni”. Egli, è vero, non sta più in un singolo posto del mondo come prima dell’ascensione, ma non è distante da noi perché stando presso il Padre è vicino a noi. Bello e vero il commento di J. Ratzinger – Benedetto XVI: “Il Cristo presso il Padre non è lontano da noi, semmai siamo noi ad essere lontani da Lui; ma la via tra Lui e noi è aperta. Non è un percorso di carattere cosmico-geografico di cui qui si tratta, ma è la ‘navigazion­e spa- z ia l e’ del cuore che conduce dalla dimensione della chiusura in se stessi alla dimensione nuova dell’amore divino che abbraccia l’universo” (Gesù di Nazaret II, p. 317).

L’ascensione del Signore apre pure il tempo della Chiesa, quello che noi stiamo vivendo. Gesù lo inaugura con questa parola: andate! Non è, dunque, una fase di passiva attesa, o di ripiegamen­to e neppure, al contrario, tempo di propaganda. La propaganda si fa per se stessi. Si tratta, invece, di andare verso gli altri, d’incontrare gli altri per offrire loro la gioia del Vangelo! Francesco avverte: “Una Chiesa che si chiude in se stessa e nel passato, che guarda soltanto le piccole regole di abitudini, di atteggiame­nti, è una Chiesa che tradisce la propria identità” ( Udienza del 16 ottobre 2013). Ci è chiesto di essere cristiani capaci di relazione e di animazione con la vitalità del Vangelo. È pure tempo di discernime­nto: “Non spetta a voi…”, risponde Gesù ai discepoli che lo interrogan­o circa lo svolgiment­o degli eventi finali della storia. Compito specifico del cristiano non è speculare sulla storia, ma cogliere in essa le domande dello Spirito che Gesù promette e, al tempo stesso, lasciarsi guidare dallo Spirito. Lo ha ricordato il Concilio Vaticano II: “Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l’universo, cerca di discernere negli avveniment­i, nelle richieste e nelle aspirazion­i, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane” ( Gaudium et spes, n. 11)

QUESTI TEMI aiutano a leggere il messaggio consegnato dal Papa per la 51ma giornata mondiale delle comunicazi­oni sociali. Si tratta dell’unica “giornata” istituita dal Concilio Vaticano II ed è tradiziona­lmente celebrata dalla Chiesa cattolica la domenica precedente la Pentecoste. Il tema scelto per quest’anno è Comunicare speranza e fiducia nel

nostro tempo. Ricordarlo nel commento alla pagina del vangelo domenicale di un quotidiano mi pare un’opportunit­à. Nel suo messaggio Francesco incoraggia a una comunicazi­one costruttiv­a in grado di favorire la cultura dell’incontro, di aiutare a guardare la realtà con fiducia consapevol­e, nella ricerca di uno stile comunicati­vo aperto e creativo che non conceda al male il protagonis­mo, ma offra narrazioni contrasseg­nate dalla logica della buona notizia.

FEDE E SPERANZA Nella giornata mondiale delle comunicazi­oni sociali, Francesco incoraggia a guardare la realtà con fiducia consapevol­e

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