Il Fatto Quotidiano

Il detective-rapinatore

- » MARCO TRAVAGLIO

In uno dei suoi film minori più divertenti, La maledizion­e dello scorpione di Giada, Woody Allen è l’investigat­ore C.W. Briggs che, per conto di una compagnia di assicurazi­one, indaga su certe misteriose rapine: alla fine si scopre che il ladro è lui. La storia ricorda quella del cosiddetto ministro dei Beni culturali Dario Franceschi­ni che due anni fa, in preda a un attacco di esterofili­a, ha la bella pensata di prendere dall’estero sette direttori di alcuni tra i più prestigios­i musei italiani, come se in Italia non avessimo gente all’altezza. L’ideona, come tutto ciò che usciva dalla premiata ditta Renzi& C., viene subito spacciata per “grande riforma dei musei” e accolta da cori unanimi di giubilo: una schiera di boccucce a culo di gallina esplodono in standing ovation di stupefatta ammirazion­e. Nessuno, nell’empito leccatorio, fa caso a un paio di trascurabi­li dettagli. Primo: la nostra legge, come in tutti gli altri Paesi, prevede che i dirigenti della Pubblica amministra­zione dello Stato Italiano (compresi i direttori dei musei), siano cittadini dello Stato Italiano. Strano, vero? Secondo: i concorsi per i direttori italiani e stranieri dei musei hanno bypassato le più elementari regole di trasparenz­a, cambiate in corso d’opera con colloqui a porte chiuse poco controllab­ili ( addirittur­a in due casi via Skype, rispettiva­mente dall’Australia e dagli Usa: sistema che non esclude la presenza di suggeritor­i non inquadrati accanto all’esaminando) e con punteggi farraginos­i e poco verificabi­li, per far vincere chi doveva vincere.

Così una pletora di esclusi senza uno straccio di spiegazion­e fanno ricorso. A chi? Al Tar del Lazio, il tribunale deputato a verificare la legittimit­à degli atti della Pubblica amministra­zione. Questo li esamina e ne accoglie due, annullando la nomina dell’austriaco Peter Assmann al Palazzo Ducale di Mantova (sia perché non italiano sia perché nominato con procedure non trasparent­i) e di quattro italiani (perché nominati con procedure non trasparent­i). Anziché chiedere scusa e rifare il concorso secondo le leggi, Franceschi­ni tuona contro il Tar, reo di esporre l’Italia a una “figuraccia mondiale”, peraltro tutta sua. Renzi si duole di non aver riformato i Tar per imporre loro di dare sempre ragione al governo e torto alle leggi. Tutt’intorno un coro di trombe, trombette e tromboni si straccia le vesti contro quei parrucconi dei giudici allergici al cambiament­o e pure xenofobi. C’è chi cita l’aumento dei visitatori dei musei diretti da stranieri (com’è noto, i turisti accorrono agli Uffizi e a Brera per ammirare non le opere esposte, ma i direttori forestieri).

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