“Il Pd ha deciso”: Renzi tira dritto e avvisa Orlando
Leggeelettorale La Direzione dem approva la linea del capo (“sì al tedesco”) e minaccia i 31 senatori della minoranza schierati contro: “Si vota come dice la maggioranza”
Finisce con un intervento di Andrea Orlando che chiede un coinvolgimento dei gruppi parlamentari. Non una condizione esplicita per considerare vincolante il voto della direzione. Ma una “proposta” che lascia aperta delle strade. E Matteo Orfini che lo fa parlare non senza riprenderlo. Alla fine, la minoranza orlandiana si astiene sulla relazione di Renzi, che passa comunque. Il proporzionale alla tedesca “non è la nostra legge”, ma va approvata “entro la prima settimana di luglio”. Il voto anticipato, “non è una minaccia, ma democrazia”. Non esiste “il caso di coscienza di corrente”. E ancora: “Il governo di Gentiloni “è nelle sue piene funzioni anche quando si va verso l’ordinaria amministrazione”.
DAL SISTEMA elettorale alla data del voto, dal destino di Gentiloni alle minacce di non ricandidatura agli orlandiani che ventilano il no in Senato, Matteo Renzi alla direzione del Pd traccia il percorso in maniera definitiva. Arriva con più di un’ora di ritardo. Camicia bianca e cravatta, fino all’ultimo momento utile ha lavorato a stringere i bulloni dell’accordo, a “chiudere” la squadra della nuova segreteria, a definire i dettagli di Bob, la nuova piattaforma online del Pd, con tanto di due programmi tv giornalieri, uno la mattina alle 9, uno alle 18. Per quello mattutino, è prevista pure la sua conduzione. Un vecchio sogno che si avvera. Le parole, il tono, il piglio di Renzi, però, sono quelle di un altro “sogno” che si sta avverando. Più che altro un’ossessione che lo muove fin dalle dimissioni del 4 dicembre notte: andare alle elezioni, tornare a Palazzo Chigi. Per questo, è disposto a tutto. Pure a rinunciare al progetto originario che lo portò al governo nel 2014. Il bipolarismo.
La prima parte del suo intervento è tutta una giustificazione: “Il Parlamento aveva il dovere di mettere mano alla legge elettorale”, di rispondere all’ “appello del Presidente della Repubblica”. E dunque, “questa non è la mia legge elettorale”, ma “abbiamo scelto di percorrere la strada della responsabilità”. Data la premessa, la richiesta: “Vi propongo di votare la relazione per andare ad accettare il sistema tedesco entro la prima settimana di luglio. Se no, non si fa più”.
Dopo l’incontro dei gruppi parlamentari di FI e Pd, il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, sdogana la data: “Possiamo andare in Aula il 5 e approvare la legge per poi passare approvarla in Senato entro il 7 luglio”. E chiarisce pure: “Per noi vanno bene le urne il 24 settembre”. La soglia di sbarramento resta al 5%, come ribadisce Renzi in direzione. Con buona pace di Alfano e della maggioranza di governo.
L’asse portante del Patto, al quale pure aderiscono anche i Cinque Stelle, è con Silvio Berlusconi. Renzi sceglie Forza I- talia, a scapito della minoranza Pd. 31 senatori orlandiani presentano un documento per dire no alle elezioni anticipate. C’è aria di scioglimento del gruppo. E di voto contrario, e uscita dal partito. Il Guardasigilli sullo scenario futuro è guardingo, ma nel suo intervento di ieri attacca: “Con questo sistema finisce definitivamente il centrosinistra”. È un sistema, che “non garantisce la governabilità”. E poi, “come facciamo a spiegare ai nostri elettori il patto con Be rl us con i? ”. A Renzi non sembra interessare molto. Anche se senza la minoranza dem a Palazzo Madama i numeri si fanno difficili.
Nella relazione introdutti- va è chiarissimo: “Per il partito è vincolante ciò che si decide a maggioranza. Non voglio dire che sarà uno degli impegni a chi si candiderà al prossimo giro. Perchè è già scritto nello statuto. Tranne i casi di coscienza, che non sono però casi di corrente”. Nessuna apertura nella replica. “Sono finite i tempi delle direzioni in cui si vota e poi ognuno fa come gli pare”. La minaccia alla mancata ricandidatura è esplicita. Più di una minaccia: perché il Pd non avrà mai i seggi a disposizione che ha adesso. E molti resteranno fuori. Orlando e i suoi lo sanno: un motivo per lasciare. Mentre Renzi sta disegnando un Pd che di quel- lo precedente ha poco più del nome. Ieri, ad ascoltare anche Gentiloni. Per lui il conto alla rovescia è iniziato.
Visita di cortesia
In platea c’era anche il premier Gentiloni, che ha iniziato il conto alla rovescia per l’addio
COME IN OGNI direzione dell’era Renzi, i numeri finali sono bulgari. Questa è la prima dopo le primarie, il Renzi 2 è iniziato. Si abbassano gli obiettivi, ma è un film già visto. A inizio del 2014, la sequenza fu la stessa: trattativa sulla legge elettorale, patto del Nazareno, defenestrazione di Enrico Letta. Allora non si andò alle elezioni (non c’era neanche una legge a disposizione), stavolta i suoi voti Renzi dovrà contarli.