La promessa di Theresa: contenere l’immigrazione a 100 mila unità
Brexit e stretta su pensioni
Dipinto
di un blu intenso fin dalla copertina, il manifesto conservatore dell’era May segna un discontinuità netta rispetto al conservatorismo “liberale” di David Cameron; viene elaborato dopo, e soprattutto per la Brexit, di cui la premier è figlia e demiurgo. I termini “a vant i” e “insieme” vengono spesso affiancati dai riferimenti alla forza e alla fermezza. Elemento chiave è la promessa di contenere l’immigrazione entro le 100.000 unità l’anno (attualmente la stima è di oltre 270.000) insieme al controllo dei lavoratori stranieri.
Parte di un disegno sovranista che vedrà Londra presentarsi agguerrita al tavolo della trattativa con Bruxelles. Lo scopo: uscire dal mercato unico europeo per cercare, tuttavia, una “relazione speciale con il continente”. Sul fronte interno, May imporrebbe una stretta sulla spesa pensionistica entro il 2020. Modificando l’indicizzazione degli assegni (il cosiddetto “triple lock”), i conservatori puntano a risparmiare sulla spesa sociale da un lato, assicurando dall’altro un aumento di spesa per il sistema sanitario nazionale (Nhs), a cui andrebbero 8 miliardi di sterline in più ogni anno entro la fine della legislatura (2022-23). Restando alla sanità, viene introdotto l’obbligo di sostenere interamente di tasca propria le spese mediche da parte di chi possiede beni per un ammontare complessivo di 100.000 sterline.
DUNQUE 88 PAGINE di programma “solidamente conservatore” per una gran Bretagna “più forte, più giusta e più prospera”. I grandi obiettivi – il mantenimento della crescita economica, il nuovo assetto del Regno Unito rispetto all’Europa, i costi dell’assistenza medica e sociale a fronte di un Paese che invecchia – sono declinati in politiche minuziose, ordinarie, che non snobbano ma anzi vogliono includere la classe media lavoratrice. Stile brusco a parte, la premier uscente sembra far appello non a una rivoluzione, ma alla forza tranquilla delle proposte. Come ha sintetizzato l’Economist: “Più a sinistra in economia, più a destra nella società”.