Caso Marra, Raggi: “A giudizio? Comunque non mi dimetterò”
Di Maio: “Il codice del M5s parla chiaro”. La sindaca di Roma sarà testimone nel processo al suo ex collaboratore. Lei: “È un dovere previsto dalla legge”
Qualora
fosse rinviata a giudizio, Virginia Raggi non si dimetterà da sindaco di Roma. Lo ha ribadito ieri ai cronisti che le chiedevano se vi fosse questa possibilità: “Stiamo parlando – ha detto – in questo momento di una cosa che non è attuale e comunque direi di no”. Sono due i procedimenti in cui è coinvolta la Raggi: uno riguarda la nomina (poi revocata) a capo del dipartimento Turismo di Renato Marra, fratello del più noto Raffaele, dove è accusata di falso in atto pubblico e concorso in abuso d’ufficio. Reato quest’ultimo contestato anche al dirigente del Campidoglio in carcere per una vicenda di corruzione.
LA PROCURA è in attesa che venga depositata una memoria difensiva dei legali del sindaco per decidere come chiudere questo procedimento. Poi c’è la grana del fascicolo, sempre per concorso in abuso d’ufficio, sulla nomina dell’altro dirigente Salvatore Romeo, ora al dipartimento Partecipate. La Raggi è in linea con il regolamento del M5s che prevede l’obbligo di lasciare gli incarichi solo dopo una sentenza di condanna in primo grado. Non sono previste le dimissioni in caso della decisione del gip di mandare a processo, infatti lei ribadisce: “Non mi dimetterò”. E Luigi Di Maio le fa eco: “Il regolamento parla chiaro”. Le regole M5s per i parlamentari prevedono la facoltà di scelta del pentastellato se lasciare, con valutazione caso per caso.
Intanto Virginia Raggi è stata citata come testimone dalla difesa di Raffaele Marra, accusato di corruzione per aver usato 367 mila euro dell’imprenditore Sergio Scarpellini nell’acquisto di una casa. In cambio, secondo le accuse dei pm capitolini, avrebbe “messo a disposizione” la propria funzione pubblica. Il sindaco ha intenzione di rispondere alle domande: “Il dovere di testimonianza è previsto dal codice e quindi andrò li come previsto dalla legge” ha detto. Anche in questo caso Di Maio ribadisce: “È una normale procedura, tutti i cittadini se chiamati a testimoniare hanno il dovere di andare”.
NELLE FUTURE udienze però potrebbe porsi il problema se quello in cui è indagata la Raggi sia un procedimento “collegato” al processo a Marra. C’è un elemento che fa da ponte: alcuni contenuti della chat su Telegram “Quattro amici al bar” (tra Marra, Raggi, Romeo e Daniele Frongia) che potrebbero essere usati come elementi probatori anche nel processo al dirigente del Comune. Bisognerà capire se la Raggi – come è diritto per chi è indagato in procedimento collegato – ha la facoltà di non rispondere. Elemento processuale che sarà valutato in udienza.