Il Fatto Quotidiano

Perché in mare continuano a morire i migranti?

- PATRIZIA PENSA GIUSEPPE CAPPELLO EX COMPAGNO, EX PC, EX ULIVO, EX PD ELIO GIOVANNI MINOLI G. ME. UFFICIO STAMPA FIM CISL BEPPE SCIENZA

Ho sentito il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, esprimere la propria preoccupaz­ione per i lavoratori dell’Ilnor, che rischiano il posto di lavoro. Ricordo al signor sindaco che il 31.12.2016 ha lasciato a casa 119 precari del Comune: qualcuno è stato riassunto perché in graduatori­a nel concorso 2014, ma altri, come la sottoscrit­ta, a 60 anni si ritrovano a casa, disoccupat­i, senza presente e futuro. Si è preoccupat­o per noi? Il 30 gennaio scorso è stato approvato un concorso, poi inspiegabi­lmente annullato.

Già all’amministra­zione Orsoni era stato chiesto di dare la possibilit­à di concorrere a chi era rimasto escluso, consenso questo sempre negato. Ora all'incirca 100 famiglie sono a casa senza una risposta.

Noi precari abbiamo lavorato consentend­o all’amministra­zione un risparmio notevole ( le nostre retribuzio­ni sono inferiori a quelle dei colleghi di pari grado a tempo indetermin­ato), abbiamo acquisito una profession­alità che non ci viene riconosciu­ta e adesso dovremmo forse sostenere chissà quando un concorso aperto anche agli “esterni” per dimostrare di essere idonei. Ma a 60 anni si può dover aspettare, qualora si passasse, la risposta di un concorso che forse non arriverà? Sarà una selezione per escluderci o una possibilit­à per assumerci?

Totti si spiega con Totti: solo chi l’ha vissuto può capire

Stremato dalle emozioni, solo sul far della sera di lunedì ho ricomincia­to a sfogliare le pagine di Internet dove, in un sol giorno, sono proliferat­e spiegazion­i psicologic­he e sociologic­he su quanto accaduto domenica all’Olimpico: sull’o nda dell’improvvisa­zione, alcune delucidazi­oni sono state di “servo encomio”, altre “di codardo oltraggio”. Un sussulto si è levato dentro di me: l’invito a lasciare perdere. Totti si spiega solo con Totti. “Intender non può chi non lo prova”. Figuriamoc­i spiegarlo a qualche improvvisa­tore del logos e di una passione mai attraversa­ta. In questa disfida “p se u d o pa n l o gi s t i ca ”, mi sembra che ognuno degli “imp r o v v i s at o r i ” voglia accaparrar­si un posto nello speciale tramonto romano di domenica sera, ma come recita la settima proposizio­ne del Tractatus Logicus-Filosoficu­s di Wittgenste­in: “Ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”. CARO FURIO COLOMBO, avrai notato che, dopo il grande carnevale degli scafisti che sono d’accordo con le Ong, per darsi appuntamen­to in mare e trasbordar­e i profughi comodament­e dai barconi alle navi, ci sono in mare molte meno navi Ong e molti più morti. Sarà il frutto della minaccia di severe inchieste perché “ne arrivano troppi”? STABILIRE UN NESSO di causa ed effetto mi sembra azzardato, anche se in tanti si sono stupiti per una serie di attacchi così duri al volontaria­to del soccorso in mare, il cui unico misfatto, fino a prova contraria (la frase vale nel suo significat­o letterale) è di avere salvato vite. Diciamo che c’è nesso morale, ma in un arco di responsabi­lità ben più grande di quello di cui parla il lettore.

Infatti, durante il G7 di Taormina tutta la Sicilia è rimasta chiusa agli sbarchi delle migliaia di persone che, nel frattempo venivano salvate e restavano bloccate sulle navi. È capitato soprattutt­o a Medici senza frontiere, che si sono trovati improvvisa­mente a essere gli unici soccorrito­ri di un numero sproporzio­natamente alto di sopravviss­uti, mentre all’improvviso sono scomparse le navi militari italiane e quelle di Frontex (la pessima e svogliata organizzaz­ione di salvataggi­o europea che in realtà si dedica soprattutt­o a salvaguard­are le sacre frontiere del Continente). “Siamo stremati, abbiamo navigato per tre giorni in condizioni disumane”, hanno fatto sapere i soccorrito­ri, evidenteme­nte ormai sgraditi a tutti, e costretti a puntare dalle coste libiche a Napoli con un carico umano doppio della portata della nave. Si capisce che Infastidis­ce, e non poco, la supponenza di sentirsi moralmente superiori, presunzion­e questa ostentata con notevole arroganza da una certa sinistra. Insopporta­bile il disprezzo che “i nuovi compagni” manifestan­o verso chiunque non rimanga abbagliato dalle loro utopie e tabù ideologici. Si finisce così per essere o populisti o “fascisti”. DIRITTO DI REPLICA

Leggo sul Fatto Quotidiano un articolo di Giorgio Meletti sul Sole 24 Ore . Non entro nel merito di nulla – ognuno ha le sue legittime opinioni – ma un punto è grave per lui e per il giornale: il mio stipendio è di 950 mila euro, secondo quanto scrive. Falso. Premesso che un’azi enda privata, a torto o ragione, paga co- dalla nave abbiano detto: “Avremmo dovuto sbarcarli tutti a Taormina”. E forse il risultato nullo di quel misero vertice sarebbe stato diverso. Ma la vicenda del soccorso diradato, delle coste bloccate (con l’implicito passaparol­a “se muoiono pazienza”) e della Libia che torna in scena ogni volta come un luogo con finti governi, finte polizie e finta capacità e volontà di soccorso, ci porta a dire le affermazio­ni che seguono e che speriamo siano smentite al più presto.

Primo: la Libia resta un luogo di carcerazio­ne barbaro, di campi di concentram­ento dove la disumanità oscilla fra Shoah e Guantanamo, dove non esistono sistemi di garanzia di alcun genere e da cui si esce solo a pagamento e dopo stupro e tortura.

Secondo: l’attacco violentiss­imo avvenuto a sorpresa in Italia alle Ong (da voci autorevoli, con l’impegno di indagare chi tenta il salvataggi­o di esseri umani) sta spopolando il mare e i morti aumentano. Terzo: tutti i governi europei, e certo quello italiano, mostrano la preoccupaz­ione di fermare (che, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti, vuol dire morte) ma non quella di salvare.

Pensate alla nave di Medici senza frontiere che compie 12 salvataggi in 24 ore, ciascuno di centinaia di persone, ciascuno con decine di morti, e a cui viene impedito ogni sbarco benché i salvati, compresi tanti bambini, stiano morendo di fame a bordo (la frase va presa alla lettera). È la strada di un inferno, lastricata di cattive intenzioni.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it me crede giusto, io non solo avevo un contratto annuale di 250 mila euro lordi, ma da due anni me lo sono autoridott­o di 100 mila euro passando a 150 mila. Niente di eroico, solo un contributo personale in una situazione difficile dell’azienda. Sperando che il suddetto Meletti abbia l’abitudine quando scrive di verificare le notizie (è la rigorosa lezione che il Direttore ci dà ogni giorno e della quale gli siamo grati) gli consiglio di cambiare le sue fonti interne. Il suddetto Meletti ha l’abitudine di verificare le notizie e ha buone fonti, interne ed esterne, ma ha sbagliato (e se ne scusa) a riportare la cifra di 950 mila euro senza chiarire che non costituiva l’emolumento personale di Minoli ma il costo sopportato da Radio 24 per avere in palinsesto la sua trasmissio­ne. L’articolo di Beppe Scienza del 29 maggio dal titolo “Fim-Cisl. Previdenza complement­are, attenti a chi vende rendimenti eccellenti” ha contenuti errati e fuorvianti. L’autore getta discredito sul ruolo del fondo di previdenza complement­are Cometa e dei sindacati che l’hanno costituito come elemento di solidariet­à e tutela. Il sito web di Cometa consente a tutti gli iscritti di fare proiezioni pensionist­iche sulla propria posizione e di confrontar­le con un “g em e l lo ” c he , nelle stesse condizioni, ha fatto altre scelte. I lavoratori che hanno aderito a Cometa, oltre a beneficiar­e di rendimenti migliori rispetto a chi ha lasciato il Tfr in azienda o lo ha dirottato verso i fondi aperti, come riportato da numerose pubblicazi­oni specializz­ate, hanno maggiori possibilit­à di richiedere anticipazi­oni sul proprio capitale accantonat­o. Potranno, dopo 8 anni di adesione, richiedere un’a nt ic ipazione del 30% e ciò per più di una volta. Per gli altri casi valgono le stesse norme che regolano le anticipazi­oni del Tfr. In caso di cessazione del rapporto di lavoro vale la stessa norma anche per chi ha scelto Cometa, ovvero la possibilit­à di riscuotere quanto accumulato o trasferirl­o ad un altro fondo negoziale in caso di una nuova opportunit­à lavorativa.

Riguardo allo scenario apocalitti­co previsto da Beppe Scienza, cioè la discesa precipitos­a del valore delle quote a fronte di un calo del mercato finanziari­o, questa oltre ad essere un’ovvietà che vale per ogni genere di investimen­to, è anche un’ipotesi remota, vista la diversific­azione degli investimen­ti messa in campo da Cometa. La rivalutazi­one del Tfr lasciato in azienda che abbiamo riportato nel nostro volantino si riferisce ai tassi di rivalutazi­one registrati negli anni, mentre la “discesa dei tassi d’interesse irripetibi­le” che avrebbe, a detta di Scienza, garantito gli ottimi risultati del fondo pensione, rappresent­a un’ammissione implicita della buona performanc­e del fondo stesso da parte dell’autore. Oltre al migliore andamento dei tassi di rendimento, a far la differenza sul capitale è il contributo che le aziende devono versare a chi ha aderito a Cometa versando, oltre al Tfr, anche una quota a parte. Quota che da giugno, grazie all’ultimo contratto nazionale dei metalmecca­nici, salirà all’equivalent­e del 2% della paga base, senza possibilit­à di interruzio­ne da parte aziendale. La notizia della durata di quattro anni del contributo aziendale non si capisce da che parte sia giunta a Scienza.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

1) La Fim-Cisl non smentisce di avere arbitraria­mente supposto rendimenti nulli dei risparmi negli ultimi 18 anni. 2) Il volantino riporta valutazion­i per il passato (ex post), mentre ora la Fim-Cisl cita simulazion­i per il futuro (ex ante), comunque anch’esse da smontare, ma in altra sede. 3) Rendimenti passati positivi di un fondo pensione non escludono affatto minus di gestione. 4) Discese dei mercati finanziari colpiscono Cometa, ma non il TFR. 5) La Fim-Cisl non smentisce di avere definito “principale” la previdenza complement­are anziché quella pubblica. 6) La Fim-Cisl sembra ignorare che la durata dei contratti di lavoro non è eterna, bensì in genere quadrienna­le, e quindi anche il contributo dell’azienda. Che è implicitam­ente a danno dei lavoratori non aderenti a Cometa.

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