Tra la Banca d’Italia e le Procure sono troppi gli intrecci misteriosi
Oggi il discorso di Visco Veneto Banca, Etruria e gli altri casi: i magistrati delegano agli ispettori l’azione penale, la Vigilanza aspetta le inchieste e non commissaria. Per anni
IL CIRCOLO VIZIOSO Molti tribunali non hanno i mezzi e le competenze per inchieste così complicate. E chiedono aiuto a Palazzo Koch
Cinque visite al Quirinale nell’ultimo anno, alla fine Ignazio Visco è stato rassicurato dal presidente Se r gi o Mattarella: a novembre sarà confermato governatore della Banca d’Italia, con l’accordo del premier Paolo Gentiloni e del presidente della Bce Mario Draghi. L’annuncio lo ha dato su Repubblica Massimo Giannini. Resta una curiosità: Mattarella, nella veste di presidente del Consiglio superiore della magistratura, avrà chiesto al governatore ragguagli sui rapporti un po’ confusi tra Bankitalia e la giustizia penale? E Visco ne parlerà questa mattina leggendo a Palazzo Koch le solenni Considerazioni finali?
I FATTI SONO NOTI. Una serie di banche sfasciate (Popolare Vicenza, Veneto Banca, Banca Marche e Banca Etruria, solo per citare le maggiori) su cui oggi indagano le Procure di mezza Italia per presunti crimini che i banchieri sotto accusa avrebbero reiterato indisturbati per anni. La tesi di Visco, diffusa attraverso virgolettati anonimi attribuiti al “piano nobile di Palazzo Koch”, è netta: “Via Nazionale, con i poteri che la legge mette a disposizione, ha fatto tutto quello che poteva. La stessa cosa, semmai, non si può dire della magistratura”. Lo scaricabarile è servito. Ma è un artificio retorico che non regge alla prova dei fatti.
Repubblica fa l’esempio di Banca Marche e alle accuse rivolte all’ex direttore generale Massimo Bianconi: “La Vigilanza segnala ‘gravi irregolarità’nel 2010 ma la Procura di Ancona misteriosamente apre un fascicolo contro Bianconi solo nel 2013”. Ma le
“gravi irregolarità” sono testualmente il caso in cui il Testo unico bancario “mette a disposizione” della Banca d’Italia il potere di commissariamento (articolo
69- octiesdecies). Banca Marche è stata commissariata nel 2013, con lo stesso ritardo che Bankitalia attribuisce alla procura. La quale però sostiene di aver ricevuto il primo esposto il 28 febbraio 2013, e non da Bankitalia bensì dall’allora direttore generale di Banca Marche Luciano Goffi.
Altro esempio, Veneto Banca e il suo presunto distruttore Vincenzo Consoli: “I primi rilievi della Vigilanza sono del 2009, la procura di Treviso si muove solo nel 2016”. È falso. Il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo scrive alla Procura di Treviso il 5 novembre 2013 per informarla dell’esito di un’ispezione e della lettera che Visco ha scritto a Consoli e soci per dire che la banca è stracotta e devono entro po- chi mesi fondersi con una banca più grossa e più sana al cui cda gli amministratori di Veneto Banca non dovranno neanche avvicinarsi. Da questa lettera prende le mosse l’inchiesta a carico di Consoli e altri per ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio. È un caso esemplare sul quale Mattarella dovrebbe studiare due grandi misteri di sua competenza su Banca d’Italia e magistratura.
PRIMO MISTERO. La Banca d’Italia, che commissariando le banche avrebbe prevenuto i crac e la distruzione di miliardi di pubblico risparmio, non ha fermato i presunti manigoldi. Adesso scarica la responsabilità sulle procure, facendo leva su un argomento di per sè valido: attorno alle banche regionali si è incancrenito un sistema di potere che ha coinvolto in collusioni e reciproche omertà tutti i livelli istituzionali locali. Compresi, spesso, i magistrati. E però, è legit- timo ipotizzare, anche uomini Bankitalia. Forse è per questo che qualche banca marcia non è stata commissariata.
SECONDO MISTERO. Le singole procure non hanno mezzi e competenze per inchieste così complesse. Così, mentre la Banca d’Italia delega di fatto ai tribunali la vigilanza sulle banche, le procure delegano di fatto alla Banca d’Italia l’azione penale. Chiedono alla Vigilanza di interpretare le leggi, indicare gli illeciti commessi e gli stessi eventuali colpevoli. La Banca d’Italia è diventata negli anni una sorta di super procura bancaria. Un ruolo estraneo all’ordinamento istituzionale, con conseguenze spiacevoli: se un ispettore Bankitalia commettesse un reato, chi eserciterebbe l’azione penale su di lui?
Torniamo a Veneto Banca. La Procura di Treviso riceve la lettera di Barbagallo del 5 novembre 2013 e se la studia per sei mesi, mentre sono in corso le manovre della Banca d'Italia per spingere la popolare di Montebelluna tra le braccia della popolare di Vicenza di Gianni Zonin. Il 27 maggio 2014 parte la delega alle indagini al capo del Nucleo valutario della Guardia di Finanza Giuseppe Bottillo. Il Valutario manda al pm di Treviso Mara Giovanna De Donà al- cune annotazioni di polizia giudiziaria, basate sulle ispezioni e sui procedimenti sanzionatori conclusi dalla Banca d’Italia il 31 luglio 2014. La magistratura non sempre dorme, come insinua la Banca d’Italia, semmai fa qualcosa di peggio. Aspetta che sia Palazzo Koch a dettarle la linea.
Consoli e l’ex presidente di Veneto Banca Flavio Trinca, vengono iscritti nel registro degli indagati per il reato di ostacolo alla vigilanza il 6 novembre 2014. Lo stesso giorno il fascicolo viene mandato al procuratore di Roma Maria Francesca Loy che incarica nuovamente il Valutario di indagare. Il 23 novembre 2015 Barbagallo risponde a una “richiesta di informazioni” della Loy che riassume così: “Eventuali ulteriori interpretazioni rispetto a quelle ispettive (...), liceità della stipula da parte della banca di atti di ritenzione e compensazione (...), se la Banca d’Italia fosse a conoscenza di eventuali finanziamenti utilizzati per l’acquisto di azioni con riguardo all’operazione di aumento di capitale del 2014”. Segue ampia trattazione dei primi due punti e stringata risposta sul terzo: “La Banca d'Italia non era a conoscenza”. La lettera di Barbagallo arriva a due anni dalla prima segnalazione della Vigilanza, la magistratura sta inda-