Anche Atlante abbandona le Venete: “Basta, i soldi sono finiti”
▶IL FONDO
Atlante non parteciperà a un nuovo salvataggio delle banche venete. Lo ha comunicato ieri la società Quaesti che gestisce i fondi Atlante 1 e 2 (quello specializzato in sofferenze). Dopo aver investito 3,5 miliardi su Veneto Banca e Popolare di Vicenza “non ci sono allo stato le condizioni per qualsiasi ulteriore investimento”. Nelle casse di Atlante 1, che può investire in capitale, sono rimasti solo 50 milioni. Ma, lascia intendere il comunicato di Quaestio, anche se ci fossero più risorse il fondo si rifiuterebbe di bruciarne ancora per le banche venete: “Le tante incertezze" intorno al destino dei due istituti "impediscono di fatto una decisione per qualsiasi investitore responsabile". Una specie di sentenza capitale. Lo Stato ha pronti 6,4 miliardi per Veneto Banca e PopVicenza, ma la direzione Concorrenza della Commissione Ue ha chiesto che, alla luce delle nuove perdite attese, ci sia almeno un altro miliardo e mezzo da investitori privati per ricapitalizzare. Altrimenti si finirebbe per aggirare il principio del bail in che vuole impedire che i costi delle crisi bancarie finiscano tutti sullo Stato.
Anche aiutare le due venete a ripulire i loro bilanci dalle sofferenze, cioè i crediti problematici, è sempre più difficile. Atlante 2 (che può investire solo in Npl, i crediti dubbi) "ha già impegnato in via preliminare 450 milioni di euro" per sottoscrivere le obbligazioni (tranche junior) in cui verranno cartolarizzate oltre 9 miliardi di sofferenze dei veneti. "Ogni ulteriore investimento in Npl delle vostre banche" sarebbe "problematico" viste le risorse "già ora insufficienti" per soddisfare le molte richieste del sistema bancario.
"Stiamo lavorando, ma il boccino rimane nelle mani del governo" hanno detto fonti della banca ricordando che i tempi sono "strettissimi". L’amministratore delegato di Intesa, Carlo Messina, ha chiesto di procedere con il salvataggio statale "il prima possibile". Per evitare il bail in, come promesso dal ministro Pier Carlo Padoan, ci sono due strade: trattare con la Ue per ridurre, se non azzerare, la richiesta di capitale privato, anche attraverso tagli draconiani, e trovare soggetti privati disposti a investire.