Il Fatto Quotidiano

Undici piccole storie con un’ossessione comune

Il Campiello opera prima

- » FRANCESCO MUSOLINO

È UN FATTO inconsueto che una raccolta di racconti vinca un premio editoriale prestigios­o eppure è accaduto all’esordiente Francesca Manfredi – emiliana, classe 1988 – che ha vinto il Campiello Opera Prima con “Un buon posto dove stare”, edito da La Nave di Teseo. Si tratta di undici storie in cui l’ossessione per la casa è lampante e corre fra le pagine contagiand­o i personaggi, cristalliz­zandone le inquietudi­ni nella quotidiani­tà delle loro vite. Del resto solo nelle nostre dimore, al riparo fra le quattro mura, ci spogliamo di ogni maschera e diventiamo finalmente noi stessi. Manfredi controlla la lingua della narrazione, la domina rievocando i maestri delle short stories, dandoci la sensazione che un colpo di scena sia dietro l’angolo, in agguato, qualcosa che ci attende al buio in una stanza (come in Cavalli ). E proprio i sospesi sono le briciole mediante i quali l’autrice lascia spazio al lettore e alla sua immaginazi­one, accennando ai segreti e alla sofferenza senza mai esibire il dramma in vetrina (come in Cloro). Undici storie in cui emerge con forza un’unità letteraria finché, nell’ultimo racconto, Quel che rimane, Manfredi ci consegna anche una insperata fiammella di speranza, un focolare contro la malinconia del passato. E presto o tardi ne sentiamo tutti il bisogno.

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La nave di Teseo
Un buon posto dove stare Francesca Manfredi 160 16 La nave di Teseo

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