Il Fatto Quotidiano

“Uranio 238 usato anche in Italia”

Un ex maresciall­o: “Fotografai quei proiettili nel 1994 in un deposito a Pozzuoli, li spararono i finanzieri tra Ponza e Ventotene”. I ministri, compreso Mattarella, hanno sempre detto: “Mai avuti”

- » ALESSANDRO MANTOVANI

Nel lontano 1994, quando non si parlava ancora di sindrome del Golfo, le forze armate italiane avevano a disposizio­ne proiettili all’uranio impoverito, al contrario di quanto affermato per vent’anni da ministri, Stati maggiori e commission­i d’inchiesta. Ce lo racconta oggi, documenti alla mano, un ex sottuffici­ale della Guardia di Finanza, armaiolo: afferma di averne trovati “decine di casse” in un deposito di munizioni della Marina militare alla Montagna Spaccata di Pozzuoli (Napoli), utilizzato anche dal gruppo navale della Finanza.

“SULLE CASSE c’era il simbolo della radioattiv­ità. Per un certo periodo erano state custodite nella nostra armeria alla Caserma Zanzur a Napoli. Il caso volle – racconta l’ex maresciall­o Giuseppe Carofiglio, in congedo dal 2002 – che avessi un contatore geiger. Vicino alle casse i led si accendevan­o tutti. Allarmato, avvisai i colleghi del comando generale che ci inviarono le schede dove confermava­no: erano munizioni all’uranio impoverito. Feci un casino. Dissi che non avrei toccato più nulla. Fecero venire quelli dell’Anpa”, l’Agenzia nazionale protezione ambiente dell’epoca.

La relazione a firma del dot- tor C. Corato e del signor M. Blasi dell’Anpa, datata 24 giugno 1994 dopo il sopralluog­o del 15, conferma. Descrive le casse dove era scritto “Isotopo U 238”, l’uranio impoverito appunto, e indicato il produttore di quei colpi da 30 mm, la Breda meccanica Bresciana di Peschiera del Garda (Brescia) poi acquisita da Finmeccani­ca (oggi Leonardo). E misura la radioattiv­ità nell’am bi en te , più che apprezzabi­le ma, si legge, non superiore ai limiti di un decreto ministeria­le del 1971 né a quelli europei, quindi non pericolosa. “Quel verbale dice tutto e non dice niente – osserva Carofiglio –. Tra l’altro, uno dei controllor­i disse che se avessimo avuto una cartuccia come soprammobi­le sulla scrivania ci saremmo beccati il cancro dopo un anno”. Oggi sappiamo che le radiazioni sono pericolose ma soprattutt­o lo sono le nano- particelle che si diffondono dopo l’esplosione del proiettile. Come è ormai noto dopo l’Iraq e i Balcani le munizioni all’uranio perforano, incendiand­ole, le corazze dei carri.

Ma che ci faceva la Finanza con quei proiettili? Secondo l’ex maresciall­o erano in dotazione a due pattugliat­ori del gruppo navale di Napoli, forse inizialmen­te destinati a un altro Paese ma utilizzati nel mar Tirreno. “Di quei proiettili non c’era il carico contabile – racconta Carofiglio –, potevamo portarceli anche a casa. Per eliminarli fecero un’esercitazi­one straordina­ria, non so con certezza dove sono stati sparati perché non ci andai, però suppongo si trovino, mi riferisco alle ogive, tra Ponza e Ventotene dove generalmen­te si andava a sparare con le unità navali”. Il telex 208/22 del luglio 1994 da Cogeguarfi Uga (comando generale Gdf) a Leguarfi Napoli (gruppo navale) si riferisce a un’“esercitazi­one straordina­ria tiro con munizionam­ento da 30 mm tipo Ap-I” (sigla che indica colpi perforanti e incendiari) da tenersi il giorno 13, cioè poco dopo la relazione dell’Anpa: specifica i “colpi di tipo Tp” (normali da addestrame­nto) do- vranno essere sparati “soltanto dopo Ap-I at scopo ‘pulire’ canna da eventuali residui” e raccomanda i “guanti da lavoro” per chi avrebbe maneggiato quei proiettili.

PERCHÉ CAROFIGLIO, congedato nel 2002 per motivi di salute, tira fuori le carte dopo 23 anni? “Avevo paura, anche dopo il congedo ti rimane quel tipo di mentalità militare, oggi invece troppa gente è morta: la questione è venuta fuori”, spiega l’ex maresciall­o riferendos­i alle commission­i d’inchiesta e alle proposte di legge per i militari che si sono ammalati (circa 700) o sono morti (342), per lo più, dopo missioni all’estero. Non tra Ponza e Ventotene. Fin qui ad esempio è stato escluso l’uso di uranio 238 nel poligono di Capo Teulada in Sardegna, c’è da crederci? Carofiglio, 55 anni, non ha malattie ritenute legate all’esposizion­e: “No, ma per anni ho avuto paura”. Ha un fratello generale della Finanza, Francesco, oggi all’Anac, con lui ne ha parlato? “Poco, non ci parliamo da anni”.

Dalla Difesa e dalla Finanza, per ora, nessun commento. Tutti i ministri della Difesa, compreso Sergio Mattarella nel 2000, hanno sempre escluso l’impiego e lo stoccaggio in Italia di proiettili all’uranio impoverito da parte delle nostre forze armate.

Il verbale

L’Anpa confermò la radioattiv­ità

L’ex militare: “Parlo ora perché avevo paura”

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In Bosnia e in Campania Un soldato italiano nel 1996; a destra, la cassa di proiettili all’uranio impoverito fotografat­i a Pozzuoli (Napoli) nel 1994
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