“Crollato B. il Veneto è ormai affare della Lega”
BDopo l’esordio con Palermo, continua il viaggio nelle città al voto domenica 11 per le elezioni amministrative isogna ammettere che i leghisti almeno le scarpe se le consumano ad andare tra la gente, ma...”. Romolo Bugaro, avvocato e scrittore, è andato a cercare qualche barlume nel Veneto dove domenica sono in palio le poltrone di sindaco di Padova e Verona. Ma come Diogene non riuscì a trovare l’uomo, così l’intellettuale autore di Effetto domino e Il labirinto delle passioni perdute non ha trovato alcuna idea meritevole di tale nome. Proprio con quella congiunzione avversativa introduce una riflessione sugli orizzonti asfittici della politica locale, incapace di proporre un’idea di città e idee per la città.
A Padova Bitonci, leghista, cerca di riprendersi il posto occupato per due anni e mezzo. A Verona Tosi, non potendo essere rieletto, ha candidato la sua compagna. Tutto nel segno della Lega. Ma prima ancora c’è un dato politico nazionale che si ripete: l’implosione di Forza Italia. Il suo indebolimento porta buona parte dei voti alla Lega Nord che è più forte, sia a Padova che a Verona.
Il radicamento del Carroccio non è certo una novità.
Ma non dimentichiamo che per lunghi anni era un plebiscito a favore di Forza Italia. Quell’epoca è finita e quell’elettorato si rivolge alla Lega.
E che cosa trova?
Da una parte un partito che dice e fa cose incredibili: penso a Padova quando nega una sala a una filosofa che ha scritto un libro sui “gender” o quando esclude i giornalisti dall’agibilità del municipio. Sono prese di posizione incomprensibili. Eppure va detto che la Lega ha la capacità di svolgere un’azione amministrativa molto forte. Questo le va riconosciuto, altrimenti non si capisce perché ha vinto tante elezioni. Si consumano le scarpe, vanno nei quartieri, ascoltano e sono attenti a ciò che chiede la gente. E sanno farlo più delle sinistre.
Quindi lavorano bene? Diciamo che si fanno il ‘mazzo’, si occupano dei problemi spiccioli, un albero da tagliare di qua, un marciapiedi da sistemare di là. Su questo versante se la cavano bene. Ma poi dicono cose inaudite. Appena cominciano a entrare nel campo delle dichiarazioni di carattere generale, esprimono teorie che lasciano senza parole. Non condivido nul-
La serie
la di quello che predicano. Ma a un sindaco, in ultima analisi, non si chiede solo di amministrare bene?
No, non basta. La semplice amministrazione finisce nel vuoto se non è coniugata a un’idea della città. Si rimane in una politica dal respiro corto se manca una visione che vada oltre quelle semplificazioni e quegli slogan, che li mettono in connessione con l’elettorato.
Qualche tema? L’immigrazione e la sicurezza. Si fermano a queste idee, senza avere la capacità di elaborare qualcosa di diverso. Penso a Padova, che è la realtà che conosco meglio, ma il discorso può valere anche per Verona. Padova potrebbe essere una capitale culturale
UNA GRANDE OASI VERDE
Poca sinistra, quasi niente i 5Stelle, azzerata Forza Italia: la corsa è dentro il Carroccio o al massimo con gli ex (Tosi) Chi è Romolo Bugaro, Padova 1962, avvocato e scrittore, esordisce nel ‘93 con “Indianapolis”. Nel 2006
“Il labirinto delle passioni perdute” (Rizzoli) è finalista al Campiello. “Effetto domino” per Einaudi è del 2015
europea. Ha tutto per esserlo, ma non lo è. Ha un’università secolare e spazi straordinari. Penso al restauro del Castello Carrarese costato milioni di euro. È totalmente inutilizzato. Possibile che non si trovi il modo di riempirlo di iniziative, di pagare qualcuno che lo faccia vivere? Perché, secondo lei?
Perché imperversa una logica miope, che impedisce di concepire Padova come una
capitale della cultura e di lavorare per farla diventare tale. È il frutto dell’incapacità di capire che solo la cultura ci salverà.
Da cosa?
Dalle semplificazioni elettorali. Prendiamo il rifiuto degli stranieri: che cosa vuol dire “fuori gli stranieri dall’Italia” o“dal Veneto”, se poi si determina una denatalità terribile? Si tratta solo di slogan vuoti.
Un altro esempio?
Il mantra dell’innovazione da portare nell’impresa, della digitalizzazione, della manifattura 4.0. Imperversa anche in Veneto. Cosa crede che pensi un operaio di fronte a queste parole? Che lui andrà a casa e
resterà senza lavoro. È per questo che vota Trump.
Di innovazione ha parlato parecchio anche Renzi. Neanche la sinistra è immune, a volte è pure peggio della destra. È così che alla fine ci troviamo i fascisti in casa. L’antidoto agli anni difficili che ci aspettano non sono gli slogan, ma la cultura.
I Cinque Stelle possono essere un’alternativa?
Non lo so, per me sono dei grandi sconosciuti. Non conosco i candidati: a Padova, nella passata consiliatura, non hanno lasciato tracce. E neppure nei loro programmi c’è attenzione alla cultura.