Il Fatto Quotidiano

“Crollato B. il Veneto è ormai affare della Lega”

- » GIUSEPPE PIETROBELL­I

BDopo l’esordio con Palermo, continua il viaggio nelle città al voto domenica 11 per le elezioni amministra­tive isogna ammettere che i leghisti almeno le scarpe se le consumano ad andare tra la gente, ma...”. Romolo Bugaro, avvocato e scrittore, è andato a cercare qualche barlume nel Veneto dove domenica sono in palio le poltrone di sindaco di Padova e Verona. Ma come Diogene non riuscì a trovare l’uomo, così l’intellettu­ale autore di Effetto domino e Il labirinto delle passioni perdute non ha trovato alcuna idea meritevole di tale nome. Proprio con quella congiunzio­ne avversativ­a introduce una riflession­e sugli orizzonti asfittici della politica locale, incapace di proporre un’idea di città e idee per la città.

A Padova Bitonci, leghista, cerca di riprenders­i il posto occupato per due anni e mezzo. A Verona Tosi, non potendo essere rieletto, ha candidato la sua compagna. Tutto nel segno della Lega. Ma prima ancora c’è un dato politico nazionale che si ripete: l’implosione di Forza Italia. Il suo indebolime­nto porta buona parte dei voti alla Lega Nord che è più forte, sia a Padova che a Verona.

Il radicament­o del Carroccio non è certo una novità.

Ma non dimentichi­amo che per lunghi anni era un plebiscito a favore di Forza Italia. Quell’epoca è finita e quell’elettorato si rivolge alla Lega.

E che cosa trova?

Da una parte un partito che dice e fa cose incredibil­i: penso a Padova quando nega una sala a una filosofa che ha scritto un libro sui “gender” o quando esclude i giornalist­i dall’agibilità del municipio. Sono prese di posizione incomprens­ibili. Eppure va detto che la Lega ha la capacità di svolgere un’azione amministra­tiva molto forte. Questo le va riconosciu­to, altrimenti non si capisce perché ha vinto tante elezioni. Si consumano le scarpe, vanno nei quartieri, ascoltano e sono attenti a ciò che chiede la gente. E sanno farlo più delle sinistre.

Quindi lavorano bene? Diciamo che si fanno il ‘mazzo’, si occupano dei problemi spiccioli, un albero da tagliare di qua, un marciapied­i da sistemare di là. Su questo versante se la cavano bene. Ma poi dicono cose inaudite. Appena cominciano a entrare nel campo delle dichiarazi­oni di carattere generale, esprimono teorie che lasciano senza parole. Non condivido nul-

La serie

la di quello che predicano. Ma a un sindaco, in ultima analisi, non si chiede solo di amministra­re bene?

No, non basta. La semplice amministra­zione finisce nel vuoto se non è coniugata a un’idea della città. Si rimane in una politica dal respiro corto se manca una visione che vada oltre quelle semplifica­zioni e quegli slogan, che li mettono in connession­e con l’elettorato.

Qualche tema? L’immigrazio­ne e la sicurezza. Si fermano a queste idee, senza avere la capacità di elaborare qualcosa di diverso. Penso a Padova, che è la realtà che conosco meglio, ma il discorso può valere anche per Verona. Padova potrebbe essere una capitale culturale

UNA GRANDE OASI VERDE

Poca sinistra, quasi niente i 5Stelle, azzerata Forza Italia: la corsa è dentro il Carroccio o al massimo con gli ex (Tosi) Chi è Romolo Bugaro, Padova 1962, avvocato e scrittore, esordisce nel ‘93 con “Indianapol­is”. Nel 2006

“Il labirinto delle passioni perdute” (Rizzoli) è finalista al Campiello. “Effetto domino” per Einaudi è del 2015

europea. Ha tutto per esserlo, ma non lo è. Ha un’università secolare e spazi straordina­ri. Penso al restauro del Castello Carrarese costato milioni di euro. È totalmente inutilizza­to. Possibile che non si trovi il modo di riempirlo di iniziative, di pagare qualcuno che lo faccia vivere? Perché, secondo lei?

Perché imperversa una logica miope, che impedisce di concepire Padova come una

capitale della cultura e di lavorare per farla diventare tale. È il frutto dell’incapacità di capire che solo la cultura ci salverà.

Da cosa?

Dalle semplifica­zioni elettorali. Prendiamo il rifiuto degli stranieri: che cosa vuol dire “fuori gli stranieri dall’Italia” o“dal Veneto”, se poi si determina una denatalità terribile? Si tratta solo di slogan vuoti.

Un altro esempio?

Il mantra dell’innovazion­e da portare nell’impresa, della digitalizz­azione, della manifattur­a 4.0. Imperversa anche in Veneto. Cosa crede che pensi un operaio di fronte a queste parole? Che lui andrà a casa e

resterà senza lavoro. È per questo che vota Trump.

Di innovazion­e ha parlato parecchio anche Renzi. Neanche la sinistra è immune, a volte è pure peggio della destra. È così che alla fine ci troviamo i fascisti in casa. L’antidoto agli anni difficili che ci aspettano non sono gli slogan, ma la cultura.

I Cinque Stelle possono essere un’alternativ­a?

Non lo so, per me sono dei grandi sconosciut­i. Non conosco i candidati: a Padova, nella passata consiliatu­ra, non hanno lasciato tracce. E neppure nei loro programmi c’è attenzione alla cultura.

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