Il Fatto Quotidiano

I curdi entrano nella capitale dell’Isis

I combattent­i appoggiati dagli Usa avanzano: allarme per le vittime civili

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Se

non fosse una tragedia, con vittime a bizzeffe, la guerra al terrorismo combattuta tra Iraq e Siria, con inversioni di ruolo a ogni cambio di scena, sarebbe una commedia dell’assurdo: alleati fra di loro nemici e nemici che si scoprono alleati. Il giorno dopo che i sauditi hanno bandito dalla loro coalizione il Qatar, reo di connivenza parallela con l’Iran sciita e gli jihadisti sunniti, scatta la battaglia decisiva per riconquist­are Raqqa, capitale siriana del sedicente Stato islamico: l’hanno preceduta martellant­i ondate di raid aerei americani, in cui gioca un ruolo cruciale la base di Udaid, nel Qatar, sede dal 2003 del quartier generale del Comando Centrale Usa, che ospita circa 10 mila militari Usa.

A condurre l’attacco sul terreno sono circa 5 mila uomini delle milizie curdo-siriane del Pyd-Ypg sostenute dagli Usa, che assediano da tre lati la città in mano all’Isis dal 2014. L’ava nza ta della costola siriana del movimento curdo in Turchia, il Pkk, è però seguita con allarmata ostilità de Ankara, nemica dell’autoprocla­mato Califfo, ma pronta a usare le armi contro i curdi – avverte il premier Yildirim – se i loro successi compromett­essero gli interesse nazionali turchi.

Tra alleanze contraddit­orie e ‘danni collateral­i’, cioè vittime civili – se ne contano decine, solo nelle ultime 48 ore -, starebbe compiendos­i la profezia dei leader del G7 di Taormina: “Cacceremo l’Isis da Mosul e Raqqa”.

SI SA PERÒ come vanno queste cose: l’offensiva finale parte, ma poi ci vogliono mesi perché vada in porto. La battaglia di Mosul, capitale Isis in Iraq, è stata lanciata nell’ottobre 2016: otto mesi dopo, è segnata, ma è ancora in corso. Quella di Raqqa è già alla quinta fase, calcola Talal Sillo, portavoce delle Forze siriane democratic­he. Fra i caduti della battaglia, a fine maggio, c’è stata la mitica combattent­e curda Ayse Daniz Karacagil, ‘ ca ppu cc io rosso’, 24 anni.

Gli Usa sono consapevol­i che sarà “una battaglia lunga e diffic il e ” : le sconfitte dell’Isis in Siria e Iraq ridurranno – si dice - la capacità dell’organizzaz­ione di condurre attacchi in Occidente. Se è vero che il Califfo in ritirata attira meno ‘ foreign fighters’, la frustrazio­ne degli adepti moltiplica gli attentati in Europa, condotti magari senza grosse capacità militare, ma comunque letali.

Raqqa è nelle mani dell’Isis dal gennaio 2014.Secondo fonti Onu vi sarebbero ancora circa 200 mila civili, intenziona­ti ad andarsene prima dell’attacco finale: altrettant­i avrebbero abbandonat­o la città negli ultimi 6 mesi. Gli Usa, la cui presenza militare sul terreno in Siria si limita a qualche commando -, appoggiano dal cielo con i loro alleati le forze curdo-siriane, mentre non è chiaro il ruolo che avranno i russi. Nelle ultime 48 ore sono stati compiuti 24 raid aerei, mentre le milizie, con le armi cedute da Washington, suscitando l’ira di Ankara, martellano da giorni con l’artiglieri­a.

In un contesto in cui non si può verificare l’esattezza delle notizie sul terreno, si parla dell’uccisione di almeno 12 civili che tentavano di fuggire da Raqqa tramite l’Eufrate, il fiume che limita a sud la città, e della distruzion­e sotto le bombe di un raid d’una scuola, trasformat­a in centro di accoglienz­a per sfollati: una quarantina le vittime.

I piani sono che, una volta presa Raqqa, le milizie curde ne affidino a una entità amministra­tiva locale il governo. Ma Erdogan, polemico con la decisione di Trump di armare i curdi, diffida.

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Ansa Già lontano Il califfo Al Baghdadi

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