Il Fatto Quotidiano

Roma: “Yussef segnalato” Londra: “No, non è vero”

Il primo jihadista italiano non era, però, nella lista dei “foreign fighters”

- » DAVIDE MILOSA E VALERIA PACELLI

Era stato segnalato dalle autorità italiane, il suo nome finito in una relazione dell’inte lligence inviata nei mesi scorsi ai colleghi inglesi. Eppure Yussef Zaghba, il terzo attentator­e di Londra (ucciso con gli altri due), non è mai stato inserito nella lista di foreign terrorist fighters italiani che conta oltre 120 aspiranti combattent­i. Un errore? Una sottovalut­azione? È complicato dare una risposta oggi, dopo che l’attentato a London Bridge ha causato la morte di sette persone, mentre oltre 36 sono i feriti. Tuttavia è da qualche anno che l’identità di questo 22enne marocchino con passaporto italiano era nota, agli italiani e non solo.

ISCRITTO DAL 2004, e dunque all’età di 9 anni, all’anagrafe degli stranieri residenti all’estero, Zaghba è stato fermato a Bologna nel 2013 durante un controllo di polizia. Era da solo, in giro a perder tempo: in quegli anni il terrorismo era lontano. Tre anni dopo, il 15 marzo 2016 viene fermato dalla Polaria all’aerop orto Marconi di Bologna. A insospetti­re gli agenti, tra le altre cose, c’era il biglietto di solo andata per la Turchia.

Quel giorno del 2016, però, a Zaghba sequestran­o il cellulare e notano alcuni video di contenuto religioso. Non solo, agli agenti è lui a raccontare, in un primo momento, di voler andare a combattere in Siria. Tanto bastava per ipotizzare un reato di terrorismo internazio­nale? Per il Tribunale del riesame al quale avevano fatto ricorso per il dissequest­ro del cellulare, no.

Dopo questo episodio, però, da Bologna il 22enne si sposta a Londra, dove vivono alcuni parenti. In un anno e mezzo, sarebbe rientrato in Italia solo per una decina di giorni, durante i quali la Digos di Bologna non lo ha mai perso di vista. Proprio per i suoi viaggi in Inghilterr­a, il suo nome viene segnalato dall’Italia all ’ int elli gence brit anni ca. Circostanz­a che, ieri, i vertici dei Mi5 inglesi hanno smentito, nonostante a confermarl­o sia stato anche il procurator­e nazionale Antimafia e antiterror­ismo Franco Roberti: “La nostra intelligen­ce ha segnalato agli inglesi le circostanz­e di questo italo-marocchino che stava in Italia come soggetto sospetto di attività terroristi­ca”. Tutto ciò che riguarda il trascorso del 22enne è finito in una relazione della sezione Antiterror­ismo del Ros mandata alla Procura di Bologna, che ha aperto un fascicolo anche per avere maggiore chiarezza sui suoi contatti in Italia. Nonostante questi elementi, Zaghba però non è mai stato inserito tra i foreign terrorist fighters italiani.

“È SINGOLARE – spiega una fonte qualificat­a dell’int ellig en ce –, probabilme­nte ha giocato un ruolo l’iter giudiziari­o a lui favorevole. Anche se in realtà, per molto meno i nomi vengono inseriti”. Sono sostanzial­mente tre i metodi che vengono utilizzati: se esiste un’ordinanza di arresto internazio­nale, se la persona è stata in zone di guerra oppure, la più utilizzata, “se esiste il ragionevol­e sospetto” che può derivare da vari fattori, una segnalazio­ne del Dipartimen­to dell’amministra­zione penitenzia­ria “o come nel caso di Bologna il fermo e il ritrovamen­to di video particolar­i”. Oltre all’assenza del suo nome nella lista di foreign figheter, ciò che emerge all’indomani dell’attentato è un buco nel sistema di intelligen­ce inglese, che oggi nega di aver ricevuto segnalazio­ni su Zaghba. Eppure anche su Khuram Butt, l’altro attentator­e, avevano in mano degli elementi che lo riconducev­ano già prima di sabato scorso al jihadismo britannico. Il terzo attentator­e era Rachid Redouane, 30 anni. Secondo il Ti- mes Butt aveva legami con personaggi vicini alla cellula che mise a segno la serie di attentati a Londra del 7 luglio del 2005: era già stato attenziona­to dall’Mi5, per poi essere lasciato sfuggire. In particolar­e c’era il sospetto che Sajeel Shahid, stretto amico di Butt, aveva contribuit­o ad addestrare in Pakistan i terroristi del 7 luglio, fra cui Mohammed Siddique Khan. Sia quest’ultimo che Butt erano legati, secondo il giornale inglese, a Anjem Choudary, ora in carcere nel Regno Unito dopo essere stato condannato per la

Interrogat­a la madre Il 22enne, noto ai nostri Servizi, già fermato a Bologna S’indaga sui “contatti”

Intelligen­ce inglese L’altro attentator­e in rapporti con chi fece gli attacchi del 2005: i buchi dell’MI5

sua attività di sostegno all’Isis. Per il Times, Butt era uno dei 3 mila sospetti jihadisti nel “radar” dell’antiterror­ismo: non si fecero su di lui ulteriori indagini perché si pensava che non stesse organizzan­do attentati. Ipotesi smentita dai fatti.

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Ansa Khuram Butt, Rachid Redouane e l’italiano Youssef Zaghba

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