Roma: “Yussef segnalato” Londra: “No, non è vero”
Il primo jihadista italiano non era, però, nella lista dei “foreign fighters”
Era stato segnalato dalle autorità italiane, il suo nome finito in una relazione dell’inte lligence inviata nei mesi scorsi ai colleghi inglesi. Eppure Yussef Zaghba, il terzo attentatore di Londra (ucciso con gli altri due), non è mai stato inserito nella lista di foreign terrorist fighters italiani che conta oltre 120 aspiranti combattenti. Un errore? Una sottovalutazione? È complicato dare una risposta oggi, dopo che l’attentato a London Bridge ha causato la morte di sette persone, mentre oltre 36 sono i feriti. Tuttavia è da qualche anno che l’identità di questo 22enne marocchino con passaporto italiano era nota, agli italiani e non solo.
ISCRITTO DAL 2004, e dunque all’età di 9 anni, all’anagrafe degli stranieri residenti all’estero, Zaghba è stato fermato a Bologna nel 2013 durante un controllo di polizia. Era da solo, in giro a perder tempo: in quegli anni il terrorismo era lontano. Tre anni dopo, il 15 marzo 2016 viene fermato dalla Polaria all’aerop orto Marconi di Bologna. A insospettire gli agenti, tra le altre cose, c’era il biglietto di solo andata per la Turchia.
Quel giorno del 2016, però, a Zaghba sequestrano il cellulare e notano alcuni video di contenuto religioso. Non solo, agli agenti è lui a raccontare, in un primo momento, di voler andare a combattere in Siria. Tanto bastava per ipotizzare un reato di terrorismo internazionale? Per il Tribunale del riesame al quale avevano fatto ricorso per il dissequestro del cellulare, no.
Dopo questo episodio, però, da Bologna il 22enne si sposta a Londra, dove vivono alcuni parenti. In un anno e mezzo, sarebbe rientrato in Italia solo per una decina di giorni, durante i quali la Digos di Bologna non lo ha mai perso di vista. Proprio per i suoi viaggi in Inghilterra, il suo nome viene segnalato dall’Italia all ’ int elli gence brit anni ca. Circostanza che, ieri, i vertici dei Mi5 inglesi hanno smentito, nonostante a confermarlo sia stato anche il procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo Franco Roberti: “La nostra intelligence ha segnalato agli inglesi le circostanze di questo italo-marocchino che stava in Italia come soggetto sospetto di attività terroristica”. Tutto ciò che riguarda il trascorso del 22enne è finito in una relazione della sezione Antiterrorismo del Ros mandata alla Procura di Bologna, che ha aperto un fascicolo anche per avere maggiore chiarezza sui suoi contatti in Italia. Nonostante questi elementi, Zaghba però non è mai stato inserito tra i foreign terrorist fighters italiani.
“È SINGOLARE – spiega una fonte qualificata dell’int ellig en ce –, probabilmente ha giocato un ruolo l’iter giudiziario a lui favorevole. Anche se in realtà, per molto meno i nomi vengono inseriti”. Sono sostanzialmente tre i metodi che vengono utilizzati: se esiste un’ordinanza di arresto internazionale, se la persona è stata in zone di guerra oppure, la più utilizzata, “se esiste il ragionevole sospetto” che può derivare da vari fattori, una segnalazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria “o come nel caso di Bologna il fermo e il ritrovamento di video particolari”. Oltre all’assenza del suo nome nella lista di foreign figheter, ciò che emerge all’indomani dell’attentato è un buco nel sistema di intelligence inglese, che oggi nega di aver ricevuto segnalazioni su Zaghba. Eppure anche su Khuram Butt, l’altro attentatore, avevano in mano degli elementi che lo riconducevano già prima di sabato scorso al jihadismo britannico. Il terzo attentatore era Rachid Redouane, 30 anni. Secondo il Ti- mes Butt aveva legami con personaggi vicini alla cellula che mise a segno la serie di attentati a Londra del 7 luglio del 2005: era già stato attenzionato dall’Mi5, per poi essere lasciato sfuggire. In particolare c’era il sospetto che Sajeel Shahid, stretto amico di Butt, aveva contribuito ad addestrare in Pakistan i terroristi del 7 luglio, fra cui Mohammed Siddique Khan. Sia quest’ultimo che Butt erano legati, secondo il giornale inglese, a Anjem Choudary, ora in carcere nel Regno Unito dopo essere stato condannato per la
Interrogata la madre Il 22enne, noto ai nostri Servizi, già fermato a Bologna S’indaga sui “contatti”
Intelligence inglese L’altro attentatore in rapporti con chi fece gli attacchi del 2005: i buchi dell’MI5
sua attività di sostegno all’Isis. Per il Times, Butt era uno dei 3 mila sospetti jihadisti nel “radar” dell’antiterrorismo: non si fecero su di lui ulteriori indagini perché si pensava che non stesse organizzando attentati. Ipotesi smentita dai fatti.