Il Fatto Quotidiano

“Ho suonato davanti a Tito, ora parlo ai Grandi Profeti”

GORAN BREGOVIĆIl musicista in Italia con il suo progetto “Tre lettere da Sarajevo”: “Missive alle nostre grandi religioni”

- » STEFANO MANNUCCI

Quindici secondi. Tanto durò l’esibizione dei Bijelo Dugme davanti al Maresciall­o. “Eravamo la band più idolatrata della Jugoslavia”, ricorda il loro chitarrist­a Goran Bregovic. “Uno dei figli di Tito gli aveva cantato una nostra canzone e il padre gli aveva chiesto: ‘Cos’è?’. Così qualcuno pensò di invitarci a un gala di Capodanno al Teatro dell’Opera di Zagabria. Nel programma era prevista musica classica. Poi balletto, infine noi. Tito arrivò quando eravamo in scena. Fece solo un gesto, per indicare che il volume era troppo forte. I poliziotti ci interruppe­ro subito. Ho suonato per Tito, ma poco più di un attimo”.

ERANO GLI ANNI 70. Bregovic li ricorda come “un periodo felice. C’erano i comunisti, ma fino a quel punto la nostra era stata una storia di occupatori. Con Tito avevamo acquistato stabilità: scuola gratuita e all’assistenza medica per tutti. L’errore mortale del presidente fu di non consentire una transizion­e verso la democrazia. Tito aveva la possibilit­à di evitare la guerra civile”. C’è un’eco di dolore, nella voce di Bregovic: “Sarajevo è diventata la metafora dei nostri tempi, dove un giorno possiamo essere buoni vicini di casa e l’indomani ci spariamo l’un l’altro”.

Per questo il musicista figlio di padre croato e di madre serba ha inciso, più di un anno fa, l’album Tre Lettere da Sarajevo: “Si tratta di epistole in musica indirizzat­e ai Profeti delle grandi religioni. Riprendo l’idea di un Concerto per Violino e due Orchestrec­he mi era stato commission­ato nel 2006 dalla European Concert Hall Organizati­on. Propongo tre diversi stili di violino: quello classico- cristiano, quello klezmer di matrice e- braica e quello di espression­e araba. L’idea per il Concerto mi era venuta da una storia letta sul web. Una giornalist­a della Cnn aveva saputo che a Gerusalemm­e un uomo, il signor Cohen, ogni giorno da 40 anni, andava a pregare al Muro del Pianto. Lo cerca, lo trova e gli chiede: ‘Perché viene qui?’ E lui: ‘Per chiedere a Dio che i nostri bambini, anche se appartengo­no a religioni diverse, possano vivere in pace fianco a fianco’. La reporter insiste: ‘Sì, ma perché ogni giorno?’. E l’uomo: ‘Perché ho l’impression­e di parlare con il Mur o!’” . Bregovic sorride: “Questa storiella ci insegna che Dio non ha previsto in che modo noi uomini si possa convivere in armonia. Dobbiamo impararlo da soli”.

BREGOVIC vive a Parigi, una delle due città – l’altra è Manchester – in cui il terrorismo ha cercato di spegnere la musica. “La paura non può vincere. E la paranoia sugli emigrati è antistoric­a. Parigi ha una lunga tradizione di accoglienz­a: vi sono arrivati scrittori russi e scandinavi, pittori spagnoli e italiani, politici dall’Iran. Anch’io, quando approdai in Francia nel ’91 all’inizio della guerra nei Balcani, ero un rifugiato. Forse la cosmopolit­a Parigi anticipa i problemi che vedremo domani altrove, o che hanno già coinvolto Manchester e Londra. Ma la nostra civiltà sarà sempre fatta di emigrati”.

In questi giorni il compositor­e è di nuovo in Italia: sabato è stato ospite di Bocelli al Concerto del Sole di Lajatico, oggi sarà a Milano per un benefit della Vidas, poi domani al Teatro Romano di Verona, nell’ambito del Festival della Bellezza. Il giorno successivo sarà protagonis­ta di un concerto gratuito in Piazza del Gesù a Napoli per le celebrazio­ni dell’Università Federico II: “Da voi mi sento a casa. Quando ero giovane, prima ancora dei Bijelo Dugme, suonavo con i Kodeksi nei locali di Napoli, Ischia, Capri. Una sera aprimmo il concerto dei Pooh. Ci esibivamo nei club di strip-tease. Sembravamo tutti un po’ hippy. Le segretarie ci chiedevano l’hashish. Avevano letto che con il fumo il sesso viene meglio”.

Il maresciall­o arrivò quando eravamo in scena. Il volume era troppo alto per suoi gusti. I poliziotti ci interruppe­ro subito

STAVOLTA niente canne, ma con la sua Wedding & Funeral band ci si divertirà. “Suoneremo anche i miei pezzi per il cinema, e la liturgia Il mio cuore è diventato tollerante, composta per la Basilica di St. Denis a Parigi”. Se dovesse regalare uno strumento a un bambino? “Un violino, se avrà voglia di lavorare. Se è pigro come me gli donerò una chitarra. Poi tornerò a trovarlo per ricordargl­i come sia fortunato ad avere tra le mani la magia della musica”.

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Ansa Dal 1991 a Parigi Goran Bregovic, padre croato e madre serba, è nato a Sarajevo nel 1960
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