Il Fatto Quotidiano

Napolitano attacca Renzi e Parlamento Grillo ora sbeffeggia la legge elettorale

Re Giorgio critica “il patto extracosti­tuzionale” per le urne in autunno. Mattarella, invece, aspetta: prima il sistema elettorale

- » WANDA MARRA

Il leader M5S a Taranto dice: “Tema complicato che i cittadini non capiscono”. Poi chiarisce: “Faremo lavoro certosino” Giorgio disse sì all’Italicum

Il presidente emerito, alias Giorgio Napolitano, si scaglia contro il patto sulla legge elettorale e il voto anticipato. Il Presidente in carica, alias Sergio Mattarella, aspetta gli eventi, ma si pone in una situazione di ascolto del Parlamento, che contempla - a questo punto - anche lo scioglimen­to delle Camere.

“È SEMPLICEME­NTEabnorme che il gioco e il patto extracosti­tuzionale sulla data del voto sia quasi diventato un corollario dell’accordo tra partiti sulla nuova legge elettorale che già sembra destinata a rendere più difficile la governabil­ità del Paese”. Napolitano approfitta di un convegno a Palazzo Giustinian­i sull’Europa per dire quello che molti pezzi di establishm­ent politico e finanziari­o pensano. Un’uscita studiata, preparata, tanto che anche Matteo Renzi se lo aspettava. Re Giorgio strappa gli applausi e ci va giù pesante.

Esprime la sua contrariet­à alle elezioni anticipate, parla di una “grande impresa di quattro leader di partito che calcolano le loro convenienz­e”. E poi denuncia il “fattore incertezza politica” che espone l’Italia “a rischi di sfiducia dei mercati e delle istituzion­i”. Un atto di accusa definitivo nei confronti di Renzi, che resta per l’ex presidente quello che ha fatto naufragare il suo lavoro di una vita (le riforme costituzio­nali), ma pure di un Parlamento, che l’aveva rieletto per incapacità di fare diversamen­te e aveva applaudito di fronte a un discorso durissimo di cui era il primo destinatar­io. Napolitano monita, anche davanti ai silenzi di Mattarella, ma tale monito è condiviso dal Quirinale? Questione non secondaria, visto che tocca a lui sciogliere le Camere. Al Colle definiscon­o quella del senatore a vita un’opinione “legittima”, ma “non concordata”. E hanno tutt’altro atteggiame­nto: fermo restando le preoccupaz­ioni per la manovra, Mattarella è molto interessat­o che venga fatta una legge elettorale e aspetta di vederla, prima di pronunciar­si. Ma se l’80% (o più) del Parlamento l’avrà votata, il Presidente - che mantiene una linea di dialogo costante con le Camere - ne rispetterà il volere. Anche perché, se l’accordo regge, nessuno potrà poi mettere in discussion­e il risultato, dicendo che si tratta di una legge fatta contro qualcuno. Ci sono, è vero, problemi di incostituz­ionalità nel caso si votasse con collegi disegnati sulla base del censimento del ’91, ma al Quirinale aspettano di vedere il testo e confidano nelle correzioni.

E il secondo capitolo dell’accordo, quello che prevede il voto anticipato? Il Colle non ha fatto una valutazion­e sulla data delle elezioni. Ma se alla fine i 4 partiti principali saranno d’accordo che la legislatur­a è finita, Mattarella prenderà atto. Si tratta di capire quale saranno le modalità. Paolo Gentiloni, secondo il patto con Renzi, dovrebbe dimettersi dopo l’approvazio­ne della legge. Per la Costituzio­ne, il capo dello Stato decide, sentiti i presidenti di Camera e Senato. Ovvero certifica l’esistenza o meno di una maggioranz­a alternativ­a. Basta che uno dica no (per esempio Renzi, che è il segretario del Pd) e la maggioranz­a non c’è.

IL PRESIDENTE potrebbe comunque decidere di rimandare Gentiloni alle Camere: a quel punto basterebbe il voto contrario di Pdl, Lega e Cinque Stelle, con l’astensione del Pd per non fargli avere la fiducia. Questo, però, significhe­rebbe andare allo scontro con Renzi e anche col Parlamento, cosa difficile da ipotizzare per uno che interpreta il mandato come Mattarella. Insomma, se l’accordo tiene, non sarà il Colle a fermarlo. E non sarà neanche Gentiloni, che non ha intenzione di continuare contro il volere della maggioranz­a. Certo, il percorso è lungo, la legge va approvata in Senato e non è detto che i gruppi parlamenta­ri non disobbedis­cano davanti a una legge che condanna molti di loro alla non ricandidat­ura. Sarà per questo che lo stesso Renzi continua a negare che le urne anticipate siano automatich­e.

È la grande impresa di quattro leader di partito che calcolano le loro convenienz­e. Un abnorme patto extracosti­tuzionale

GIORGIO NAPOLITANO

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Ancora lui A lato, l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

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