Altro che garante: anche Soro reclama il bavaglio
Mister Privacy evoca “audience e populismo penale”
■ Intercettazioni, nuovo assalto: “Attenzione a trascrivere contenuti inerenti ad aspetti irrilevanti ai fini delle indagini”. L’opinione pubblica non deve sapere
Una maggiore regolazione delle intercettazioni durante le indagini e sui mezzi utilizzati per ottenerle. L’appello arriva dal Garante della privacy, Antonello Soro, che ieri ha tenuto la sua annuale relazione al Parlamento. Secondo il Garante, da parte di inquirenti e stampa deve essere messo in pratica un “principio di responsabilità, tanto più necessario rispetto al potenziale distorsivo del processo mediatico, in cui logica dell’audience e populismo penale rischiano di rendere la presunzione di colpevolezza il vero criterio di giudizio”. In particolare, secondo Soro, “vanno coniugate le esigenze di giustizia e privacy, in particolare sul tema delle intercettazioni”, specie per quanto riguarda “la trascrizione di contenuti inerenti ad aspetti irrilevanti ai fini delle indagini o terzi estranei”.
SORO PERÒ, davanti alle alte cariche dello Stato a Montecitorio, evita di parlare del nodo della questione: le intercettazioni non penalmente rilevanti, ma politicamente importanti per i cittadini, essenziali per ricostruire un quadro informativo e la tipologia di rapporti tra due o più persone. Secondo questa logica, sui giornali non sarebbe finita la famosa telefonata tra Matteo Renzi e suo padre sul caso Consip, ma pure molto altro delle no- tizie pubblicate negli ultimi anni, a partire dalle intercettazioni sulla vita privata di Berlusconi, che poi hanno avuto un peso decisivo sulla sua storia politica.
Soro se la prende anche con la tecnologia utilizzata per intercettare. “Va certamente re- golamentato l’utilizzo dei captatori a fini intercettativi (i cosiddetti trojan horse), definendo con rigore il perimetro delle garanzie”, afferma. Secondo Soro, dunque, “solo l’adozione di adeguate misure di sicurezza, da parte di ciascun soggetto coinvolto in ogni fase dell’indagine, può contribuire a minimizzare i rischi inevitabilmente connessi alla frammentazione dei centri di responsabilità”.
Il problema relativo alla giustizia ha rappresentato solo una parte della relazione del Garante. Che ha riguardato soprattutto il difficile rapporto tra l’esigenza di privacy dei cittadini e le nuove e urgenti necessità di sicurezza dovute al terrorismo islamico. “Occorre essere più efficaci sul fronte della sicurezza senza però calpestare il diritto alla privacy dei cittadini, perché la libertà è un valore cui non possiamo rinunciare”, osserva Soro. Poi c’è il problema dei milioni di dati personali e sensibili dei cittadini ormai a disposizione del web. Qui Soro, secondo cui ormai “le nostre vite digitali fanno parte a tutti gli effetti della vita reale”, punta il dito contro i giganti della Rete (Google, Facebook, ecc..) che hanno dimostrato di non essere in grado di tutelare la privacy dei propri utenti. Anzi, si va verso una tendenza opposta, perché “i dati personali sono diventati una merce oggetto di scambio che le aziende, tecnologiche e non, utilizzando i loro algoritmi, si passano o si vendono tra loro”.
PARLANDO di cybersicurezza, nel 2016 le aziende italiane hanno subito danni per 9 miliardi per attacchi informatici, eppure “meno del 20% di esse mette in campo investimenti adeguati per la protezione del patrimonio informativo”. Ma Soro richiama al senso di responsabilità pure le famiglie: “La pedopornografia dilaga in Rete con 2 milioni di immagini censite lo scorso anno nel dark web e la fonte involontaria sono anche i social su cui i genitori postano le immagini dei figli”. Infine, un capitolo viene dedicato alle fake news, contro le quali, secondo il Garante, serve “un’educazione civica alla società digitale”, ma pure “una sistematica verifica delle fonti di informazione da parte di redazioni, gestori della rete e singoli utenti”.
Attenzione alla trascrizione di contenuti inerenti ad aspetti irrilevanti ai fini delle indagini o terzi estranei