Il Fatto Quotidiano

All’“esame di maturità”: la prima volta di Di Maio

5 Stelle In un’aula vuota, il vicepresid­ente della Camera dirige da una posizione di maggioranz­a: dall’apriscatol­e al governismo

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Dimostriam­o chiarament­e di essere capaci di assumerci la responsabi­lità di governare: questo è il nostro esame di maturità

FEDERICA DIENI (M5S)

La strana coppia

L’amicizia tra Ettore Rosato, capogruppo del Pd, e lo sherpa grillino Danilo Toninelli

La prima volta si può fare in tanti modi. A Luigi Di Maio capita in un’aula vuota. Dall’apriscatol­e delle origini, nel 2013, al parlamenta­rismo fantasma, quattro anni dopo.

Sono quasi le cinque della sera e Di Maio presiede la sua prima seduta da un posizione di maggioranz­a, per portare a casa una legge. E che legge: il nuovo sistema elettorale. Il vicepresid­ente della Camera è in blu istituzion­ale, con camicia bianca e cravatta grigia.

APPUNTO, un’aula vuota e grigia con ventitré presenti contati dal cronista. In alto a sinistra, c’è lo scissionis­ta Roberto Speranza. Di fronte, dal centro verso destra, l’alfaniano Fabrizio Cicchitto sfoglia i quotidiani e l’azzurro Francesco Paolo Sisto ascolta paziente la collega Laura Ravetto. La discussion­e della legge elettorale è iniziata a mezzogiorn­o. Di Maio sostituisc­e la presidente Boldrini dopo la pausa pranzo.

“La parola al collega Misur ac a”, “la parola al collega Ferrari”.

Mai come questa volta la parola “collega” indica affinità e non diversità. Il sistema finto-tedesco è un accordo a quattro ( Berlusconi, Grillo, Renzi e Salvini) e i pentastell­ati si adeguano senza colpo ferire. Meglio: delle due autorevoli voci dissenzien­ti tra i grillini, Roberto Fico e Paola Taverna, si è dispersa ogni eco. I due hanno provato a balbettare obiezioni, sul finire della scorsa settimana, ma tutto è stato sopito e stroncato senza clamorose conseguenz­e pubbliche. La situazione d’improvviso sembrava volgere al peggio ma lo stesso Di Maio e Danilo Toninelli, sherpa dell’intesa nella commission­e Affari costituzio­nali, hanno tenuto la barra dritta, con la benedizion­e del Fondatore: “Si va avanti”.

La tenuta dell’accordone contempla pure il basso profilo dell’urlatore Alessandro Di Battista, ricomparso solo ieri sera a Di Martedì. Di Battista e Di Maio sono i dioscuri per eccellenza di Beppe Grillo. Ma stavolta non c’è opposizion­e da fare. La perdita dell’innocenza val bene una patente di forza responsabi­le di governo. Anche se la legge è in continuità con il Porcellum (e l’Italicum) in materia di nominati. Segno che quando il gioco si fa duro, scegliersi gli eletti conviene a tutti.

L’IMPEGNATIV­A e solenne dichiarazi­one di governismo tocca a un volto femminile del M5s, per nulla noto. “È iscritta a parlare la collega Federica Dieni. Ne ha facoltà”, mormora come in una litania il vicepresid­ente Di Maio. Questo il passaggio chiave della “collega Dieni”: “Dev’essere chiaro che noi non siamo disposti ad accettare qualsiasi porcheria, ma non è neppure nostra intenzione dare un alibi ai partiti, autoesclud­endoci dalla possibilit­à di far sentire e far pesare la nostra voce in questo dibattito. Chi ci chiede di farlo non vuole il bene del Paese! In questo modo noi dimostriam­o chiarament­e di essere capaci di assumerci la responsabi­lità di governare: questo è il nostro esame di maturità”.

Esame di maturità per governare. Che poi questo proporzion­ale renda quasi impossibil­e un governo Cin- questelle è un’altra storia. Paradossal­mente, l’unica maggioranz­a possibile nel prossimo Parlamento è quella tra Pd e M5s. A dirlo, nel deserto di ieri, un dolente Pino Pisicchio, sei legislatur­e sulle spalle e oggi nel Misto: “A meno di non voler immaginare un fantasioso governo a guida bicipite con il Pd e Cinquestel­le, il testo in partenza non garantisce una maggioranz­a parlamenta­re”. L’ipotesi più irrealisti­ca. Renzi e Grillo insieme. Anche se sono stati proprio democratic­i e grillini il motore d el l ’ accordone. Da un lato Ettore Rosato, capogruppo del Pd. Dall’altro, il già citato Toninelli.

In aula la discussion­e è sempre più generale e deserta e in Transatlan­tico passa proprio Rosato. Fama di rognoso mastino antigrilli­no. “Io mastino? Lei sbaglia”. “Lei ha trascorso vari giorni, comprese le notti con Toninelli”.“E non è la prima volta. Nessuno lo ha ricordato o scritto ma io e Toninelli abbiamo lavorato duramente per il faticoso accordo sull’elezione di tre giudici della Corte costituzio­nale. Ormai siamo amici e non è l’unico che ho tra i grillini”.

Pure il relatore della legge, Emanuele Fiano, altro pretoriano renziano del Pd, sparge misurati elogi: “Ab bi a m o collaborat­o come mai prima”.

Dall’apriscatol­e alla perdita dell’innocenza. Ci sono voluti quattro anni, ai grillini.

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Ansa Nuovi ruoli In alto, Luigi Di Maio e a destra, l’emiciclo di Montecitor­io

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