Il Fatto Quotidiano

Bach e Pitagora, la musica è un’eco del suono dell’universo

“L’arte della Fuga” rimanda al numero 4. L’ha compreso il direttore Dentler

- » PAOLO ISOTTA

Ancor l’immagine corrente di Bach è di un artigiano che compone in umiltà a maggior gloria di Dio. La sua musica mostra il contrario. Mostra la consapevol­ezza del Maestro d’essere il più grande genio della musica fin lì vissuto; e forse pure che pochi altri lo avrebbero raggiunto, nessuno superato. E mostra una violenta, a tratti smisurata, volontà di potenza.

DI QUESTA VOLONTÀdi potenza due opere sono il culmine: quelle con le quali Bach dichiara di esser non solo il vertice compositiv­o, sì anche quello dottrinari­o, della sua arte. La prima venne da lui pubblicata nel 1747, dunque verso la fine della vita, ed è dedicata a Federico II: continua a esser citata col titolo errato di Offerta musicale, quando invece il significat­o di Opfer è sacrificio. L’altra venne edita postuma ma la possediamo in un fondamenta­le manoscritt­o berlinese: L’Arte della Fuga. Sia la prima che la seconda sono trattati teorici dedicati alla parte più alta della speculazio­ne musicale, il contrappun­to. Dunque, sono opere di musica scientia. Ma sono costituite di pezzi musicali che sintetizza­no ed esemplific­ano il pensiero. Questi pezzi, nella loro perfezione astrale, sono fra le cose più belle che l’arte abbia prodotte.

DE L’ARTE della Fugaesce ora una nuova incisione discografi­ca di così alto valore che segna un punto di svolta nell’interpreta­zione bachiana. Chi la dirige, Hans-Eberhard Dentler, è insieme violoncell­ista, direttore d’orchestra e matematico; e latinista e grecista. Alle due opere di Bach or citate ha dedicato un volume ciascuna, nel 2004 e 2008, tradotti anche in italiano: un’indagine rivelatric­e di segreti d’una scienza in gran parte esoterica. E per comprender­e l’incisione della

quale parlo, conviene partire dalla copertina del cofanetto.

Per lo piùi dischi dedicati a Bach recano crocifissi gotici; se va bene, si sceglie un Grünewald: quasi che il Maestro non fosse un esponente del Barocco musicale e la sua cultura non si affondasse nel mondo classico. Il Dentler elegge un particolar­e d’un dipinto che può considerar­si l’equivalent­e de L’Arte della Fuga: per sommo valore e profondità di sfondo culturale, oltre che dot- trina esoterica. È la figura di Pitagora nella Scuola d’Atene di Raffaello; un discepolo regge una lavagna sulla quale vediamo la tet raktys, il principio in base al quale s’interpreta l’universo e insieme si fondano la scienza acustica e l’armonia musicale: la serie dei primi quattro numeri, la somma dei quali produce il 10. Or il Dentler ha dimostrato nel suo libro che L’Arte della Fuga s’ispira alla dottrina pitagorica, ch’è un trattato matematico e che il numero 4 è fondamenta­le per comprender­ne il senso. Di più: l’opera va inserita nella concezione di Pitagora, documentat­a da Platone e Cicerone, che la musica dell’uomo non è che una eco imperfetta di quella prodotta dalle Sfere dell’universo; e sem- pre il Numero ne è legge. Col suo capolavoro, Bach ha voluto creare anche l’immagine sensibile il più possibile vicina dell’inaudibile musica dei pianeti.

L’ESECUZIONE de L’Arte della Fuga diretta dal Dentler (etichetta “OEHMS classics”) s’ispira a tale aspirazion­e dell’Autore, da pochi compresa. Con lui suonano quattro strumentis­ti italiani costituiti­si in complesso denominato L’Arte della Fuga, che ha eseguito l’opera per il mondo e, a Roma, alla presenza di Benedetto XVI; l’arduità concettual­e si sposa a una bellezza di suono or disincarna­to or carnalissi­mo che avrebbe incantato il sanguigno Bach.

www.paoloisott­a.it

Il dipinto Raffaello raffigura il matematico mentre illustra la “tetraktys”, principio che regola il cosmo

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Il compositor­e e il violoncell­ista Johann Sebastian Bach e Hans-Eberhard Dentler
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“La Scuola di Atene” L’opera si trova nei Palazzi Apostolici in Vaticano

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