Il Fatto Quotidiano

Morgan Stanley e i suoi derivati: un racconto “tecnico”

- » MARCO PALOMBI

Dacché la popolarità della politica e dei politici è scesa sotto quella di chi intrattien­e rapporti poco ortodossi con gli animali - decenni fa - nelle nostre vite è comparso “il tecnico”: il tecnico ne sa, ha studiato in prestigios­e università straniere, ha il curriculum lungo quanto una cartella di Equitalia, ha ricoperto posti di responsabi­lità nel “privato”. Il substrato ideologico del “tecnico” prevede che il bene sia esso stesso un fatto tecnico: il bene è uno solo e solo il tecnico sa come si raggiunge. L’idea che nelle scelte politiche qualcuno vince e altri perdono è stato espulso dalla coscienza collettiva. L’Europa, per dire, è il paradiso tecnico: mal di denti? bassa crescita? gonorrea? debito alto? Fai le “riforme struttural­i” proposte dai tecnici e guarirai. Ecco, poi c’è la realtà: è nota la vicenda dei “derivati col pacco” spacciati da Morgan Stanley al Tesoro negli anni 90 (direttore generale Mario Draghi) e che causarono un danno erariale da 4,1 miliardi nel 2011 (dg Vittorio Grilli, poi ministro). Repubblica ha svelato ieri quanto la Corte dei conti chiede a quattro funzionari del Tesoro (tra loro l’attuale dg La Via e il capo del debito pubblico Cannata): 1,2 miliardi in tutto. Ci piace citare la fine dell’articolo: “Come vadano le carriere dei direttori del Tesoro si sa: Draghi approdò in Goldman Sachs, Siniscalco (già dg e poi ministro, ndr) in Morgan Stanley e Grilli in Jp Morgan”. Morale: se la politica non conta, comanda la tecnica, su cui comanda il potere, che garantisce carriere e definisce il racconto pubblico. È un fatto tecnico.

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