Morgan Stanley e i suoi derivati: un racconto “tecnico”
Dacché la popolarità della politica e dei politici è scesa sotto quella di chi intrattiene rapporti poco ortodossi con gli animali - decenni fa - nelle nostre vite è comparso “il tecnico”: il tecnico ne sa, ha studiato in prestigiose università straniere, ha il curriculum lungo quanto una cartella di Equitalia, ha ricoperto posti di responsabilità nel “privato”. Il substrato ideologico del “tecnico” prevede che il bene sia esso stesso un fatto tecnico: il bene è uno solo e solo il tecnico sa come si raggiunge. L’idea che nelle scelte politiche qualcuno vince e altri perdono è stato espulso dalla coscienza collettiva. L’Europa, per dire, è il paradiso tecnico: mal di denti? bassa crescita? gonorrea? debito alto? Fai le “riforme strutturali” proposte dai tecnici e guarirai. Ecco, poi c’è la realtà: è nota la vicenda dei “derivati col pacco” spacciati da Morgan Stanley al Tesoro negli anni 90 (direttore generale Mario Draghi) e che causarono un danno erariale da 4,1 miliardi nel 2011 (dg Vittorio Grilli, poi ministro). Repubblica ha svelato ieri quanto la Corte dei conti chiede a quattro funzionari del Tesoro (tra loro l’attuale dg La Via e il capo del debito pubblico Cannata): 1,2 miliardi in tutto. Ci piace citare la fine dell’articolo: “Come vadano le carriere dei direttori del Tesoro si sa: Draghi approdò in Goldman Sachs, Siniscalco (già dg e poi ministro, ndr) in Morgan Stanley e Grilli in Jp Morgan”. Morale: se la politica non conta, comanda la tecnica, su cui comanda il potere, che garantisce carriere e definisce il racconto pubblico. È un fatto tecnico.