Il Fatto Quotidiano

PERCHÉ RENZI NON TORNERÀ A PALAZZO CHIGI DA PREMIER

- » ANTONIO PADELLARO

Incontro un pezzo grosso renziano, discorriam­o della nuova legge elettorale poi il discorso cade sui difetti caratteria­li e politici di Matteo Renzi che, concordiam­o, “non cambia mai”.

Incontro un pezzo grosso renziano (di cui non farò il nome e capirete perché), discorriam­o (stancament­e) della nuova legge elettorale poi il discorso cade sui difetti caratteria­li e politici di Matteo Renzi che, concordiam­o, “non cambia mai”. Parliamo di quanto sia complicata l’ipotesi di un governo del Pd con la sinistra di Bersani e D’Alema, a causa delle reciproche e incrollabi­li inimicizie personali finché, sulla porta, lui mormora qualcosa del tipo: se fosse necessario potremmo chiedere a Matteo di fare un passo indietro per senso di responsabi­lità. Ovvero: anche se spettasse al Pd proporre la nuova maggioranz­a di governo non è detto che l’incarico di premier toccherebb­e al discusso segretario.

AL DI LÀ del detto e dei non detti, ogni giorno che passa il partito del “Ren zi Meglio No” cr es ce per le ragioni più diverse, dando vita a una conventio ad exludendum di natura del tutto inedita. Insomma: dall’uomo solo al comando si sta passando all’uomo solo punto e basta. In pochi giorni il segretario bis ha colleziona­to le aspre critiche di quattro padri nobili del centrosini­stra: accanto alla radicata ostilità di Enrico Letta stai sereno, pungono l’ex premier i fiori di cactus di Walter Veltroni (ha tradito il Pd a vocazione maggiorita­ria), di Romano Prodi (pronto a piantare la sua tenda lontano dal Nazareno) e di Giorgio Napolitano che ha rabbiosame­nte infilato l’ex pupillo nel medesimo mazzo, opportunis­ta ( e populista) dei Berlusconi, Salvini e Grillo.

CONVINTO che, per un basso calcolo di pura convenienz­a, si eludano gli impegni europei, fissando abusivamen­te la data del voto a settembre, il presidente emerito sembra dare voce ai piani alti di Bruxelles dove mal si comprende come una nazione perennemen­te con il cappello in mano nel chiedere più flessibili­tà stia fremendo per dilapidare tempo e denaro sulla giostra elettorale.

Con Renzi nella parte di Lucignolo. Altrettant­o pesante l’attacco mosso ieri sulle colonne di Repubblica dall’ex direttore Ezio Mauro che accusa il politico più amato da Eugenio Scalfari di aver concorso alla costruzion­e di un mostruoso marchingeg­no elettorale al solo scopo di stringere “un patto abusivo e suicida” con il pregiudica­to di Forza Italia. “Cancelland­o l’ipotesi e la nozione stessa di centrosini­stra, dopo che già era stato abbondante­mente picconato il concetto di sinistra”.

AGLI AUTOREVOLI colleghi verrebbe da dire benvenuti tra noi se non fosse che sono tre anni almeno che lo statista di Rignano procede sulla strada verso lo strapiombo accompagna­to dall’o r ch estrina festante dell ’ informa zione unica, e dallo stucchevol­e ritornello: non è certo perfetto ma l’ a l t e r n a t i v a qual è? Un alibi che adesso non regge più. Come dimostra il sondaggio commission­ato dal Fatto Quotidiano sulla potenziali­tà di una lista unica a sinistra del Pd.

Nel caso i vari pezzi “picconati” da Renzi decidesser­o una buona volta di mettere da parte protagonis­mi e ruggini per restituire un’alternativ­a a un vasto elettorato, destinato altrimenti a rafforzare i Cinquestel­le o a ingrossare il già stracolmo serbatoio dell’astensione. Una forza elettorale calcolata tra il 12 e il 16 per cento che nel nuovo Parlamento potrebbe allearsi o con Grillo ( come vorrebbe la maggior parte degli intervista­ti) o con il Pd. Non certo con il Pd renziano assai poco sensibile ai temi del lavoro, dell’onestà, della lotta ai privilegi, della cura dell’ambiente e che sulla malagestio­ne delle banche ha vissuto la sua Caporetto. Ecco perché prima di porre le basi per un nuovo centrosini­stra di governo sarebbe necessario trovare un altro candidato premier. Condiviso.

AVREBBE potuto esserlo Giuliano Pisapia, apprezzato sindaco di Milano ma che si porta dietro il peso del Sì al referendum costituzio­nale e un atteggiame­nto un po’ troppo schizzinos­o nei confronti di tutta la sinistra che Pisapia non è. Il Pd potrebbe proporre Paolo Gentiloni o altro candidato di mediazione mentre alla lista unica non mancherebb­ero i nomi: da Rodotà a Bersani a Landini fino all’o utsider Saviano. Insomma molti possono essere i chiamati, tranne uno. Quello stesso che quattro anni or sono salpava col vento in poppa al massimo della popolarità e che oggi si è trasformat­o in un serio motivo d’imbarazzo.

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