Il Fatto Quotidiano

I candidati invisibili in una città che s’è arresa

- » FERRUCCIO SANSA

Dopo l’esordio con Palermo, continua il viaggio nelle città al voto domenica 11 per le elezioni amministra­tive partiti a Genova non hanno più la forza per bussare alla porta di persone di valore, come in passato. Così chi ha una profession­e, una posizione sociale non se la sente di fare un salto nel vuoto. Ecco le elezioni di domenica, grigie. E poi al resto d’Italia la nostra Genova non interessa più, a parte il porto. È considerat­a una città persa”.

Vittorio Coletti, 68 anni, insegna Linguistic­a all’Università di Genova. È membro dell’Accademia della Crusca. La sua voce è tra le più ascoltate nel dibattito politico ligure.

Domenica Genova sarà decisiva. Eppure sembrano elezioni invisibili...

Pare il voto per una trascurabi­le città di provincia. La campagna elettorale è stata sottotono, negli argomenti e nei protagonis­ti. Unico sussulto lo scontro interno al M5S. Disoccupaz­ione e industrie che chiudono, per Genova è l’ultimo treno?

Facciamo un confronto con Torino e Milano. Parlo con rispetto per le persone. Nel centrosini­stra a Milano è stato candidato, dopo un duro confronto, Beppe Sala che ha guidato l’Expo. A Genova è stato scelto Gianni Crivello, che pare perbene, ma certo ha un’esperienza diversa. Nel M5S a Torino c’è Chiara Appendino, mentre a Genova Luca Pirondini. Non dico che i candidati delle altre città siano persone migliori, ma guardo esperienza e curriculum. Molti candidati genovesi sono dei perfetti sconosciut­i.

L’impression­e è che si votino i partiti. Più dei candidati... Alle primarie di centrosini­stra del 2012 c’erano Marco Doria, la sindaca uscente Marta Vincenzi e Roberta Pinotti. Stavolta le primarie non le hanno nemmeno fatte: nessuno voleva candidarsi.

Il M5S le ha fatte, ma è stato candidato lo sconfitto... Non è un caso che il Movimento sia nato qui. C’è molto di genovese nel suo spirito. La filosofia del mugugno, dello scetticism­o e del disincanto. Genova avanguardi­a della crisi dei partiti?

Una volta, con tutti i loro limiti, producevan­o un’é li te . La Dc aveva figure come Paolo Emilio Taviani. Oggi chi si accorge che esiste un ministro genovese?

Il declino di Genova, decenni fa ne parlava Gianni Baget

La serie

Bozzo, prete amato da Berlusconi. Da cosa dipende? Torino ha affrontato la crisi della Fiat ed è riuscita a rilanciars­i. Genova non ancora. Credo ci siano anche cause profonde. Antiche. C’è una diversa borghesia, che in Liguria non ha mai fatto squadra. E poi c’è la storia, l’anima dei genovesi. Ha presente il Simon Boccanegra...

L’opera di Giuseppe Verdi che racconta le lotte per scegliere il doge di Genova... Si canta: ‘Plebe! Patrizi!/ Popolo dalla feroce storia!/ Erede sol dell'odio dei Spinola, dei Doria,/Mentre v'invita estatico/ Il regno ampio dei mari,/Voi nei fraterni lari vi lacerate il cor’. Neanche quando era Stato, Genova faceva comunità. Perfino l’esercito era privato. Questa città non si è mai interessat­a all’espansione territoria­le, come invece Venezia.

Siamo fermi al 1339...

Vale anche per i nostri tempi. Torino ha rapporti di amicizia con il resto del Piemonte. Genova no, è rivale per il porto con Savona. Questa incapacità di fare sistema la vedi sempre: prevalgo- no gruppi, corporazio­ni, famiglie. Perfino le crisi dell’Ilva e del porto non sono viste come problemi della città.

Ci si salva da soli?

La grande Genova sembra fallita. A Levante non sanno che cosa accade a Ponente. Una volta a tenere unita la città era il lavoro.

Città pratica e concreta. Divisa e scontrosa. Eppure ca- pace di lottare per grandi ideali, di sconfigger­e il Fascismo. E tra le più solidali. Perché Genova è fondamenta­le per l’Italia?

I rapporti sociali hanno tenuto. Penso alla Chiesa, quella della carità. Penso al solidarism­o. E poi alla cultura: prendete il Palazzo Ducale... Torino e Milano non hanno un luogo dove la città si ritrova per parlare in pubblico di arte, religione, scienza. Ma la politica non è riuscita a intercetta­re le persone. Non ha creato un sistema. L’Acquario richiama più di un milione di persone, ma non si riversano in città. E la politica non ha avuto la capacità di proporre progetti che scaldasser­o il cuore e unissero. Alcuni non li hanno proprio nel programma, come il Pdl. Altri non ci riescono più, come il Pd. E il M5S rifiutando rapporti con gli altri ha finito per coltivarne solo con se stessi.

Questi i mali. Ma le cure? Bisogna rinforzare il porto anche con le infrastrut­ture. Poi puntare sulla qualità dell’occupazion­e, perché Genova - che ha l’età media più alta d’Italia, 47 anni - perde i suoi giovani più bravi. C’è la tecnologia che è un’area libera anche se Milano la sta occupando. E poi c’è l’università, una delle principali industrie della regione. Bologna, Padova e Pisa vivono di università. Qui da noi c’è impermeabi­lità con la città e le imprese. Puntiamo sulle facoltà legate alle nostre industrie, come ingegneria navale. Domenica si gioca il destino di Genova?

Prima o poi arriva l’ul ti ma chiamata. Ma non è finita. In città c’è ancora tanta gente in gamba, però non possono essere coinvolti solo quando si vota.

Al resto d’Italia la nostra Genova non interessa più, a parte il porto. È considerat­a un luogo perso La politica non ha avuto la capacità di proporre progetti che scaldasser­o il cuore. C’è chi non li ha nel programma VINCE SOLO IL DISINCANTO

I partiti hanno messo in campo figure di secondo piano per una campagna elettorale sotto tono Chi è Vittorio Coletti (1948) è linguista e autore di uno dei dizionari di lingua italiana tra i più diffusi, il SabatiniCo­letti. Insegna all’Università di Genova ed è consiglier­e dell’Accademia della Crusca. È autore di molti volumi (come la Storia dell’Italiano letterario, Einaudi)

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