Il Fatto Quotidiano

“Depistaggi­o pro Consip” Indagato colonnello Noe

Sessa, vicecomand­ante, sospettato di aver avvisato i vertici tacendolo ai pm

- » MARCO LILLO E VALERIA PACELLI

Èstata una cazzata dirlo al capo attuale”. Quando la Procura di Roma estrapola questo messaggino del 9 agosto 2016 diretto al colonnello Alessandro Sessa (tra gli altri) sul cellulare sequestrat­o a Gianpaolo Scafarto, durante il primo interrogat­orio, ipotizza che qualcosa non torni nella ricostruzi­one di Sessa.

Quando il vicecomand­ante del Noe è stato sentito a maggio scorso come teste aveva detto di aver riferito delle intercetta­zioni sulla Consip al suo capo Sergio Pascali, comandante del Noe, dopo il 6 novembre 2016. Le intercetta­zioni erano attive da mesi ma solo quando La Verità pubblica un articolo sull’in c hi e st a che coinvolgev­a a Napoli Tiziano Renzi, Sessa si trova “costretto” a raccontare tutto al suo comandante. Fino a quel momento, come ha detto anche il capitano Scafarto ai pm romani, Pascali era stato tenuto all’oscuro perché amico del collega generale Emanuele Saltalamac­chia, comandante della Toscana, vicino ai Renzi e a Luigi Marroni, numero uno di Consip.

IL PUNTO È: chi è “il capo” a cui fa riferiment­o il messaggino whatsapp? Per la Procura di Roma potrebbe essere Pascali, ergo Sessa potrebbe essere un depistator­e. Nel precedente interrogat­orio - questa è l’ipotesi dei pm - Sessa avrebbe omesso di avere detto a Pascali dell’intercetta­zione su Consip. Questa omissione avrebbe impedito ai pm di contestare la circostanz­a a Pascali, notoriamen­te amico di Saltalamac­chia, accusato di rivelazion­e di segreto e favoreggia­mento per la soffiata su Consip.

Questa pista imboccata con decisione dai pm romani non è stata confermata ieri dal colonnello. L’avvocato di Sessa, Luca Petrucci, appena ha visto il messaggio whatsapp ha chiesto di acquisire formalment­e tutta la chat mediante un’apposita perizia.

Entro 60 giorni sarà depositata e Sessa potrebbe dire chi è “il capo”. La parola “capo” però, fanno notare fonti vicine ai due imputati di questa storia (Sessa per depistaggi­o e Scafarto per falso aggravato, per i due errori nell’informativ­a su Renzi e sui Servizi segreti) non è detto che sia Pascali. Il capitano Scafarto, interrogat­o ieri sul punto, è stato vago. Ci sarebbe un altro “capo” possibile: il generale Gaetano Maruccia che è il capo di Stato maggiore dei carabinier­i dal luglio 2016, ovviamente non indagato né mai sentito.

Queste fonti fanno notare che, se Scafarto e Sessa avesse- ro avvertito Maruccia, non ci sarebbe nulla di male e aggiungono che l’accusa di depistaggi­o per Sessa cadrebbe.

LE DATE e i ruoli sono importanti. Dal 2015 Alfredo Romeo è indagato dalla Procura di Napoli ma è nell’estate del 2016 che l’inchiesta entra nel vivo. I pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano mettono sotto intercetta­zione i manager e gli uffici della Consip. Poi la svolta: il 3 agosto nell’ufficio di Romeo vicino al Pantheon entra per la prima volta l’amico di Tiziano Renzi, Carlo Russo. Sei giorni dopo quell’ingresso in scena, Scafarto scrive il messaggio a Sessa: “È stata una cazzata dirlo al capo attuale”.

In quel periodo ci sono le presunte fughe di notizie istituzion­ali. L’amministra­tore di Consip Luigi Marroni dice ai carabinier­i: “Ho fatto effettuare la bonifica del mio ufficio in quanto ho appreso in quattro differenti occasioni da Filippo Vannoni, dal Gen. Emanuele Saltalamac­chia, dal Presidente di Consip Luigi Ferrara e da Luca Lotti di essere intercetta­to; (...) Luigi Ferrara mi ha notiziato di essere intercetta­to lui stesso e che anche la mia utenza era sotto controllo per averlo appreso direttamen­te dal Comandante Generale dei Carabinier­i Tullio Del Sette; questa notizia l’ho appresa dal Ferrara non ricordo con precisione ma la notizia la colloco tra luglio e settembre 2016 e comunque non ad agosto in quanto ero in ferie”.

Al Fatto il generale Maruccia risponde: “Non ho gli elementi su cui interloqui­re, non so neanche qual è l'antefatto né quali sono questi whatsapps e quale sia l'oggetto di discussion­e”. Quando gli chiediamo: “Ad agosto Sessa le ha detto che c'era l'indagine o no?”, il generale replica: “Non ho nulla da dire, non conosco di cosa si sta parlando. Quando poi ci saranno, se ci saranno, idee chiare sarò ben felice di dare tutte le delucidazi­oni del caso”. Ai pm rispondere­bbe diversamen­te.

L’sms di Scafarto “Una cazzata dirlo al capo”. La Procura: è il loro superiore Ma c’è un’altra ipotesi

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Carabinier­i Giampaolo Scafarto e, sopra, Alessandro Sessa

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