Il Fatto Quotidiano

UN’ALLEANZA DI SINISTRA CHE PARLI AL M5S

- » ANTONIO INGROIA

Ègiunto il momento di mettere a frutto la vittoria del No al referendum del 4 dicembre. Poco si è fatto in questi sei mesi per tradurre quel voto di resistenza in un progetto di riscossa costituzio­nale. Il più grave errore è stato quello di vedere come un punto d’arrivo quello che invece doveva essere un punto di partenza. Gettare subito le fondamenta per costruire un fronte popolare, aperto, orizzontal­e, partecipat­o dal basso, unitario e inclusivo. Perché possano trovarvi posto tutte le anime democratic­he del popolo del No, ma senza escludere in partenza con veti chi, pur avendo votato Sì, si impegni seriamente nel progetto di attuazione della Costituzio­ne che abbiamo salvato il 4 dicembre scorso, e per il ripristino dei diritti sociali e civili che gli ultimi governi hanno letteralme­nte saccheggia­to. Non è stato fatto finora e resta l’amarezza per l’occasione persa. Ma non siamo ancora fuori tempo massimo.

IN QUESTI MESI, Matteo Renzi, da peggior bugiardo, si è riorganizz­ato: non ha abbandonat­o la politica, come pure aveva promesso in caso di sconfitta, e si è messo al lavoro per tornare rapidament­e a Palazzo Chigi. E ovviamente dalla sua parte ha ancora gli stessi centri di potere che l’hanno sostenuto finora, che aspettano di incassare altri dividendi. Quale sia il progetto dell’ex premier è ben noto, la priorità è allora fermarlo alle prossime elezioni per impedire che possa finire il lavoro che ha iniziato tre anni fa e proporre agli italiani un’al- ternativa di governo. Si può fare.

Marco Travaglio ha indicato proprio su questo giornale una possibile strada, io direi che è anche l’unica. La legge elettorale con cui si dovrebbe tornare al voto, ammesso che resti quella di cui si parla in questi giorni, non offre molte alternativ­e: occorre che le varie anime della sinistra ritrovi- no un’unità programmat­ica, superando vecchi e inutili steccati, abbandonan­do antichi egoismi, personalis­mi e settarismi, andando al di là delle tessere di partito, mettendosi insieme non con le loro sigle, ma con il loro impegno e alleandosi col mondo dei movimenti civici e costituzio­nali.

Quello che una volta era il popolo della sinistra ha perso fiducia e lo si può riconquist­are solo con una proposta credibile, non con un altro contenitor­e politico nelle mani delle solite élite, percepite ormai come distanti e viste con insofferen­za. Quel tipo di errore lo abbiamo già commesso e sappiamo com’è andata.

Bisogna allora partire dalle esigenze concrete dei cittadini e fare quello che purtroppo non si è fatto finora: costruire un progetto con un’identità politica chiara, un’alleanza per la Costituzio­ne che riprenda e rilanci la vittoria del 4 dicembre, che guardi agli interessi dei più deboli, che ripristini i diritti sociali e civili cancellati, che stia dalla parte dei lavoratori, che s’impegni a costruire un’occupazion­e vera e stabile, che faccia della lotta alle mafie e alla corruzione una priorità, che difenda la scuola pubblica e l’ambiente. Questo lo vogliono tanti italiani, come dimostrano le più di 50.000 firme che in pochi giorni abbiamo raccolto su change.org attorno alla proposta della confisca dei beni dei corrotti. È il momento per un nuovo civismo costituzio­nale.

PENSARE IN GRANDE Dalla resistenza del No alla riscossa costituzio­nale: costruire un’identità politica per restituire democrazia, giustizia e diritti ai cittadini

MA NON BASTA. È necessario che questa alleanza per la Costituzio­ne trovi nel Movimento 5 Stelle l’interlocut­ore con cui portare avanti un programma imperniato su pochi punti, chiari, su cui fare fronte comune, costruire un’intesa di scopo in grado di restituire finalmente democrazia, giustizia e diritti ai cittadini. La sfida è anche per loro, perché escano dall’isolamento e accettino di fare un percorso condiviso con chi combatte le stesse battaglie pur non avendo la stessa tessera. È arrivato il momento di pensare in grande. La protesta da sola non serve a cambiare le cose. Ciascuno abbia il coraggio di cambiarsi un po’per cambiare radicalmen­te il Paese.

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