Il Fatto Quotidiano

Graviano: “Il Berlusca chiese la cortesia, di qui l’urgenza” (delle stragi)

Al processo Il pm Di Matteo spiega che “Riina è lucido, parla di Ciancimino e Gelli” E deposita le intercetta­zioni del boss di Brancaccio sul ricatto stragista del ‘92-‘93

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■ Intercetta­to in carcere il boss di mafia racconta: “Io ho la famiglia distrutta e senza soldi… alle buttane glieli dà i soldi ogni mese’’. E ricorda come, al 41-bis, ebbe un figlio dalla moglie

Nel giorno in cui il pm Nino Di Matteo rivela che fino a poco più di due mesi fa il capo di Cosa Nostra Totò Riina era “perfettame­nte lucido e orientato nel contesto’’ e, come al solito, in grado di lanciare messaggi parlando “dei rapporti tra Ciancimino e Licio Gelli, ma anche della morte dell’ex pm Francesco Di Maggio’’, nell’aula bunker di Palermo si scopre un nuovo filone d’inchiesta sulla Trattativa, che parte dalle parole di Giuseppe Graviano, ora indagato, intercetta­te in carcere dalla Dia. Dopo 24 anni di detenzione al 41-bis suonano più o meno come “l’asso nella manica” di cui parlò il pentito Gaspare Spatuzza: “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza di… lui voleva scendere… però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto… ci vorrebbe una bella cosa… Sì, 30 anni fa mi sono seduto con te, giusto è? Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi è successa una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi, per che cosa? Per i soldi, perché a te ti rimangono i soldi”.

IL TEMA è il ricatto stragista lanciato a pezzi dello Stato nel quale irrompe per la prima volta Berlusconi, chiamato in causa come interlocut­ore fin dal 1992 dal boss di Brancaccio che sostiene di averlo incontrato in compagnia di un “paesano’’ sul quale indaga adesso la Procura di Palermo in un fascicolo-stralcio sulla Trattativa Stato-mafia. E se il legale de ll ’ ex Cavaliere, Niccolò Ghedini, ha smentito gli incontri, le parole del boss sono destinate a scuotere il mondo politico: “È un paesano di quello che è morto – dice Graviano – e loro volevano fare… invece ci pressava per non farla questa volta, perché gli interessav­a di scendere lui, mi sono spiegato? E continuare, e invece dovevamo accordare e alla fine c’erano tanti punti da risolvere. Invece si proseguì, è successo quello che è successo, non volevano più stragi’’. Poi, tornando a Berlusconi, il padrino aggiunge: “Dice: non lo faccio uscire più, sa che io non parlo, perché sa il mio carattere… se io trovo l’avvocato giusto sai quante cose faccio uscire senza che io dica niente? Al signor Crasto gli faccio fare la mala vecchiaia”…

Parlando in carcere con il compagno di socialità Umberto Adinolfi, trafficant­e campano, Graviano ricostruis­ce il biennio delle bombe: “Nel ’91 questi cercavano... volevano che uno di noi... che andavano lì... a preparare le auto, preparare le cose... mi sono spiegato? Hai capito che ti ho detto?”. Poi aggiunge: “Nel ’92-’93 lui ci propose, dice che ci davano il passaporto, tutte cose per essere… che ci davano 50 milioni di lire ciascuno”. E rivela che in quel periodo, grazie alle sue coperture, si sentiva sicuro: “Non mi aspettavo l’arresto… perché ero circondato da una copertura favolosa… come ero combinato io… solo il Signo- re”. In tutte le conversazi­oni si professa “innocente”, e sulla strage di Capaci dice: “Mi è arrivato il mandato di cattura come esecutore... e ci accusarono pure dell’esplosivo. Lo dice Spatuzza, ma non è vero, non hanno trovato niente a mare”. E sulle bombe del ’93: “Ci sono state altre stragi, ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia. Allora il governo ha deciso di allentare il 41-bis”.

NEI COLLOQUI intercetta­ti dalla Dia nel carcere di Ascoli Piceno, da gennaio 2016 a marzo scorso, c’è insomma la verità di Graviano su 25 anni di dialogo tra Stato e mafia, dall’origine della fortuna dell’uomo di Arcore agli incredibil­i privilegi ottenuti da lui e dal fratello Filippo negli anni del carcere duro: primo fra tutti la possibilit­à nel ’96, per entrambi i capimafia, di incontrars­i in carcere con le rispettive mogli Rosalia Galdi, detta Bibiana, e Francesca Buttitta, per concepire i figli, entrambi di nome Michele, oggi ventenni. Per anni si è creduto che i boss fossero riusciti a diventare padri grazie all’inseminazi­one artificial­e. Ora Graviano racconta che fu la complicità dei Gom, il Gruppo operativo mobile della polizia penitenzia­ria, a permettere alla moglie di entrare in carcere “nascosta nei robi (nella biancheria)”: “Dormivamo insieme in cella”, ricorda. E commenta: “Cose di pazzi”.

Ma il pensiero fisso del capomafia è uno solo: uscire dal carcere e la sua ossessione è sempre Berlusconi (“io ho la famiglia distrutta e senza soldi… alle buttane glieli dà i soldi ogni mese’’): da lui il boss, custode dei segreti dello stragismo, si aspetta un intervento, “un segnale”, da 24 anni: “Io

Confidenze e avvisi Il capomafia parla di promesse e stragi E verbalizza: “Quando potrò chiarirò”

I privilegi ”I miei figli concepiti in carcere, dormivo con mia moglie in cella grazie al Gom”

non ho fatto niente, ti ho aspettato fino adesso perché ho 54 anni, gli anni passano, io sto invecchian­do e tu mi stai facendo morire in galera… ti viene ogni tanto in mente di passarti la mano sulla coscienza, se è giusto che per i soldi tu fai soffrire le persone così?’’.

DOPO AVER raccolto le conversazi­oni di Graviano, i pm del pool Stato-mafia Vittorio Teresi, Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia, il 28 marzo scorso, sono andati ad Ascoli Piceno a interrogar­e il boss detenuto. Ventisette pagine di verbale, con i magistrati che gli contestano le lamentele, le invettive e le attese contenute nelle sue esternazio­ni, e il boss che si avvale della facoltà di non rispondere, e spiega che non può parlare perché è “distrutto”, prende “cinque capsule di antidepres­sivi al giorno” e la sua salute è compromess­a. Graviano chiede l’intervento dell’Asp, dei Nas e del Garante dei detenuti. Per poi concludere con un’apertura sibillina: “Quando sarò in condizione, sarò io stesso a cercarvi, e a chiarire alcune cose che mi avete detto”.

Intercetta­zioni e verbale di interrogat­orio sono stati trasmessi dalla Procura di Palermo alla Dna di Franco Roberti e ai pm di Caltanisse­tta.

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Il pm di Nino Di Matteo, otò Riina negli anni 90 e, sotto, il boss Giuseppe Graviano da giovane
Ansa Trattativa Il pm di Nino Di Matteo, otò Riina negli anni 90 e, sotto, il boss Giuseppe Graviano da giovane
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Ansa Il leader L’ex premier Silvio Berlusconi ha fondato Forza Italia nel ’94
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Dell’Utri, Riina, Berlusconi e Giuseppe Graviano
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