Il Fatto Quotidiano

Anche sul maiale riusciamo a fare risibili crociate

Wolf Bukowski analizza i falsi miti che il sentire comune (e la politica) hanno trasformat­o in verità identitari­e: dal rifiuto del cibo da parte degli immigrati ai “ricchi” ebrei

- » DANIELA RANIERI

Un Paese offeso nella carne. L’Italia – e in misura meno colorita l’Europa tutta – sta combattend­o una guerra sul filo delle setole del porco. I musulmani ci stanno invadendo, dicono giornali e Tv, portando con sé una capriccios­a idiosincra­sia per il nostro alimento principe, la summa di tradizione e storia, il concentrat­o in sugna della nostra laicità: il maiale, appunto. Da lì alla sostituzio­ne etnica è un attimo.

A smontare i meccanismi di questa fiction divenuta narrazione mainstream è Wolf Bukowski, studioso appassiona­to e feroce dei falsi miti assurti a verità identitari­e, che ne La santa crociata del porco( ed. Alegre, in libreria dal 15 giugno) ricostruis­ce con rigore e corpose fonti storiche l’origine della retorica alimentare con cui combattiam­o la nostra battaglia.

BUKOWSKI, già autore de La danza delle mozzarelle, dove ad essere squagliata era la “bufala” delle provenienz­e, dei Doc e dei Dop che nasconde gli interessi della grande distribuzi­one cioè del capitale, in questo nuovo saggio smonta le pretese di superiorit­à dell’Occidente sopravviss­ute al colonialis­mo, da cui scaturisce il razzismo dell’epoca delle migrazioni, e lo fa sul filo materialis­ta e storico di ciò che mangiamo. Ragguardev­oli le fake news. Quelle presentate come masnade in arrivo sulle nostre coste che ingrate si rivoltano contro la mano che le sfama rifiutando il cibo, in realtà erano profughi che protestava­no in modo non violento contro la somministr­azione coatta di maiale. La rimozione di una giostra a forma di maiale in un asilo di Rovereto fu salutata dai media come il segno dell’avvenuta islamizzaz­ione delle scuole, mentre dipese dal fatto che era pericolosa, non suinamente ma nel modo in cui era stata montata.

Inarrestab­ile la demenza: un membro del partito del primo ministro ungherese Orban propose su Twitter, tra migliaia di like, di disseminar­e la frontiera di teste di maiale come “disincenti­vo” per le orde fuggite alle guerre, agli omicidi e agli stupri e che impaurite dall’orrida frattaglia sarebbero tornate “a casa loro”.

Altro luogo comune della psicosi islamofoba è la macellazio­ne rituale halal, che desta preoccupaz­ione in persone che accettano di buon grado i mattatoi industrial­i. A cui si è aggiunta l’ossessione mercatista per l’alimentazi­one degli ebrei spacciata per una specie di moda da ricchi.

“IL TABÙ alimentare non è un residuo arcaico e oscuro penetrato clandestin­amente nel contempora­neo, come credono i razzisti”, dice Bukowski. “Vive nella storia, attraversa la storie individual­i, e dell’una e delle altre assume anche incoerenze e incertezze”. Oltre il tabù, si sta procedendo in Occidente alla

“creazione del consumator­e ebreo o musulmano a opera della grande distribuzi­one”. Noi non lo sappiamo, ma mangiamo k asher già da tempo: la Galbani certifica la mozzarella Santa Lucia come kasher. La kasherut non è bio, non è No-Ogm, né a chilometro 0, né Doc o Dop, come cerca di far credere l’industria e i media a rimorchio. La Coca Cola è kasherdal 1930. La Nabisco, che produce i biscotti Oreo, diventò kasher negli anni ’70 per evitare che i biscotti, fatti con lo strutto, finissero nel gelato Oreo (ma solo negli stabilimen­ti dei Paesi anglofoni. Nel 2015 Nibisco ha delocalizz­ato gli stabilimen­ti in Messico, e addio kasher).

È una crociata che si abbatte su una sola classe, quella dei poveri, condotta trasversal­mente, non solo dai razzisti. E ingenera cortocircu­iti oziosi: conquistat­i 12 comuni francesi nel 2014, Marine Le Pen minacciò di servire carne di maiale in tutte le scuole di Stato. Non lo farà; lo farà invece un sindaco del partito di Sarkozy, in nome della laicità. Il maiale e il vino come “valori non negoziabil­i” della Repubblica.

In realtà, spiega Bukowski, mangiare maiale è un condiziona­mento del c ri s ti a n es i mo , dunque per nulla un atto “la ico ”. Questa finta opera di laicizzazi­one del credente maschera una sua t ra sf o rm a zi on e in consumator­e. Ancora una volta, ma in forma di farsa come previsto da Marx, non è la Ragione, ma la legge della Struttura, il Mercato, a fagocitare le Sovrastrut­ture e i principi delle comunità. Quel che non vogliamo vedere, conclude Bukowski nell’ultima, dolorosa parte dedicata agli allevament­i industrial­i, sono i tre milioni di maiali sgozzati e appesi ogni giorno, un miliardo e cento milioni l’anno; e ricorda La giungladi Upton Sinclair, romanzo del 1906 in cui il destino di maiali e operai di un macello di Chicago (modello “tecnico” dei campi di sterminio) era lo stesso: quello di concorrere alla lubrificaz­ione della macchina del profitto.

Il libro La macellazio­ne Ci scagliamo contro il rituale “halal”, ma ogni giorno sgozziamo tre milioni di animali

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 ??  ?? La santa crociata del porco W. Bukowski Pagine: 174 Prezzo: 15e Editore: Alegre
La santa crociata del porco W. Bukowski Pagine: 174 Prezzo: 15e Editore: Alegre
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